L'Ucraina nicchia sulla controffensiva, Blinken interviene
Tempo di lettura: 2 minutiL’annuncio di Zelensky sulla posticipazione della controffensiva non era una tattica per confondere il nemico. Lo dimostra il fatto che Tony Blinken si è affrettato a chiamare il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba per parlare “dei preparativi in corso per la controffensiva ucraina e di come i partner internazionali possono contribuire per sostenerne il successo”, come da report del Dipartimento di Stato Usa.
Zelensky nicchia, Blinken interviene
Zelensky si era lamentato del fatto che i partner non avevano fornito le armi richieste e, stando così le cose, non avrebbe mandato i suoi uomini al macello.
A dimostrare che qualcosa si era inceppato nel rapporto tra Kiev e i suoi sponsor anche il fatto che Valeriy Zaluzhnyi ha disertato il summit Nato di mercoledì. Ufficialmente per la “complicata situazione operativa“, ma non sfugge la contemporaneità tra la defezione e le lamentele di Zelensky. Da qui la telefonata di Blinken, che in sostanza ha spronato agli ucraini ad attaccare.
Kuleba, per parte sua, ha ribadito al suo interlocutore la richiesta di inviare degli F-16 e di “iniziare l’addestramento dei piloti ucraini”. Richiesta bizzarra quest’ultima, dal momento che, se l’addestramento iniziasse ora, i piloti sarebbero pronti tra due o tre anni…
Una boutade. Se e quando arriveranno, sugli F-16 ci saranno piloti Nato sotto falsa bandiera, che poi è uno dei motivi per cui gli sponsor nicchiano dal momento che si tratta di un’ulteriore escalation (l’altro è il timore che siano facili bersagli per gli S-400 russi, cosa che ne metterebbe a rischio la vendita).
Ma al di là, resta appunto l’incrinatura dei rapporti tra Kiev e i suoi sponsor, risolta da Blinken. Essendo alquanto improbabile che gli F-16 arrivino prima della controffensiva, essa avrà poca o nulla copertura aerea. Imponderabile l’esito dell’attacco, certa la macelleria.
Pechino, la Casa Bianca e la diplomazia
In attesa, va registrato un ritorno degli sforzi diplomatici, il cui esito è altrettanto imponderabile. In altra nota abbiamo accennato a come l’incontro tra il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan e Wang Yi, a capo dell’Ufficio per gli Affari Esteri della Cina, segnalasse che la Casa Bianca stava tentando di smarcarsi dai falchi (di cui Blinken si è fatto portavoce).
Nella nota accennavamo a come i due avessero parlato anche dell’Ucraina, di certo non per lodarne il clima. Infatti, subito dopo l’incontro, l’annuncio che Li Hui, l’incaricato di Pechino per la pace in Ucraina, lunedì sarà a Kiev per poi recarsi a Mosca.
Non solo, dopo mesi in cui la parola diplomazia è stata bandita dai media Usa, oggi un significativo articolo del New York Times dal titolo “L’offensiva dell’Ucraina potrebbe preparare il terreno per la diplomazia con la Russia, affermano funzionari statunitensi”.
Articolo contorto e confuso, che però contiene una perla: “Gli assistenti del presidente Biden hanno studiato diversi potenziali endgames, cercando di trovare un esito che possa risultare accettabile sia per Kiev che per Mosca qualora iniziassero dei veri negoziati”. Conforta quanto scrivevamo e segnala che chi sta lavorando per la pace sa che essa verrà solo da un compromesso.
Da ultimo, la visita di Zelensky a Roma. Non avrà alcun impatto sulla guerra. Qualche inutile chiacchierata con le autorità italiane e una photo-opportunity col Papa, buona per l’immagine. La Santa Sede si profonde in appelli e sforzi lodevoli, può offrire sponde a tentativi altrui, ma i fasti del passato appaiono lontani.
Resta significativa la data dell’incontro con Francesco: 13 maggio, festa della Madonna di Fatima. Rammenta che la Chiesa può contribuire alla pace solo ricorrendo al suo peculiare tesoro di grazia. Anche in questo caso, può solo fare da sponda al suo Fondatore.