L'USAID e i media "indipendenti"
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“In totale, l’USAID spende ogni anno oltre un quarto di miliardo di dollari per formare e finanziare una vasta e tentacolare rete di oltre 6.200 giornalisti presso circa 1.000 organi di informazione o organizzazioni giornalistiche [del mondo], il tutto sotto la dicitura promozione dei ‘media indipendenti'”. Così Alan MacLeod su Mintpressnews.
Ucraina, Cuba, Myanmar. Il fiume dei soldi dell’USAID
Nel dettaglio, l’USAID ha finanziato il 90% dei media ucraini, tra i quali il prestigioso Kyiv Indipendent, con la caporedattrice, Olga Rudenko, che ha definito il blocco dei finanziamenti USAID “una minaccia per il giornalismo ucraino indipendente ancora più grande della pandemia di COVID-19 e dell’invasione russa” (sic).
Anche “i media cubani antigovernativi sono precipitati in una situazione simile”, continua MacLeod, tra i quali CubaNet, con sede a Miami, Diario de Cuba, con sede a Madrid, e altri. Tutti finanziati per offrire ai giovani cubani “un giornalismo multimediale obiettivo e senza censure”. I cinici, però, commenta MacLeod, nel visitare tali siti web potrebbero “vedere solo argomenti anticomunisti”.
Anche il Myanmar, dove “si stima che circa 200 giornalisti siano pagati direttamente dall’USAID”, si registra il collasso della cosiddetta stampa indipendente. Da notare che il Paese, che era entrato nell’orbita di influenza cinese, da tempo è preda di una sanguinosa guerra intestina tra forze governative e diverse forze ribelli, conflitto che ha creato un’instabilità permanente ai confini della Cina (sui media mainstream Usa spesso appaiono articoli che esaltano le ragioni dei ribelli contro il governo).
En passant, si può notare come, con l’intensificarsi del conflitto – alimentato dagli Usa in funzione anti-cinese – il Myanmar “sia diventato il più importante esportatore al mondo di materia prima per produrre eroina e altri oppiacei” (New York Times). Tale primato in precedenza spettava all’Afghanistan, altro Paese interessato a una guerra made in Usa. Finito il conflitto afghano con il ritiro americano, le coltivazioni di oppio si sono trasferite nel Myanmar… tant’è.
Biellorussia, Iran, Georgia…
Per tornare all’Europa, MacLeod riporta che “un recente sondaggio condotto su 20 importanti media bielorussi ha scoperto che un sorprendente 60% del loro budget proviene da Washington”. Finanziamenti interessati: anche Minsk ha subito spinte pro regime-change.
Chiusi i rubinetti anche ai movimenti anti-Teheran; infatti, “un rapporto della BBC Persian notava che più di 30 gruppi iraniani hanno tenuto una riunione di crisi per discutere su come reagire ai tagli agli aiuti”.
“Un altro paese inondato di denaro proveniente da ONG occidentali è la Georgia. Il 30 gennaio Georgia Today ha osservato che i finanziamenti USAID hanno rappresentato una ‘pietra angolare’ per il paese sin dalla sua indipendenza. E ha avvertito che molte organizzazioni avrebbero immediatamente chiuso i battenti, e per sempre, senza il flusso costante di denaro”.
“Notizie simili sono giunte dalla Serbia, dalla Moldavia e da tutta l’America Latina. Nel frattempo, diversi utenti dei social media hanno notato come molte delle più più importanti voci anti-cinesi attive su varie piattaforme sono diventate stranamente silenziose dopo la chiusura”.
I media “indipendenti”…
Nonostante siano finanziati dal governo degli Stati Uniti, di cui l’USAID è un’articolazione, e nonostante il condizionamento dato da tale dipendenza sia sulle narrazioni sia sui temi da trattare o non trattare, tutti questi media vengono etichettati dai media mainstream d’Occidente come “indipendenti”.
Sul punto, MacLeod sottolinea un altro aspetto significativo di questa situazione: nonostante il fatto che “l’USAID si rivolga specificamente a un’opinione pubblica straniera, gran parte del suo messaggio ritorna in America, poiché quei media stranieri vengono classificati come fonti credibili, indipendenti e affidabili da giornali o Tv. Quindi, il finanziamento dei media stranieri finisce per inondare anche il pubblico nazionale con messaggi pro-USA”. Stessa cosa avviene per i media europei. Sul punto, basti pensare all’importanza che hanno avuto i media ucraini per formare la narrazione sul conflitto che si stava consumando nel loro Paese.
Da notare che, mentre parte della stampa si lamenta per “la scomparsa di media sostenuti dall’USAID, molti capi di stato hanno una reazione contraria. ‘Portate via i vostri soldi’, ha detto il presidente colombiano Gustavo Petro, ‘sono veleno’. Nayib Bukele, Presidente del Salvador, ha avuto un raro momento di intesa con Petro. ‘La maggior parte dei governi non vuole che i fondi USAID fluiscano nei loro paesi perché sanno dove finisce gran parte di quel denaro'” (e a cosa serve).
Così Bukele: “Sebbene siano reclamizzati come sostegno allo sviluppo, alla democrazia e ai diritti umani, la maggior parte di questi fondi viene convogliata verso gruppi di opposizione, ONG con programmi politici e movimenti destabilizzanti. Nella migliore delle ipotesi, forse il 10% del denaro raggiunge progetti reali che aiutano le persone bisognose (ci sono, in effetti, casi del genere), ma il resto viene utilizzato per alimentare il dissenso, finanziare proteste e indebolire le amministrazioni che si rifiutano di allinearsi all’agenda globalista”.
Social media, i funzionari che arrivano da CIA e USAID
Non solo, i fondi USAID sono stati utilizzati per censurare internet da notizie e opinioni non consone al sistema, la cosiddetta lotta alla disinformazione e alle Fake News. “Tra i metodi delineati dall’USAID per sopprimere i media indipendenti c’è quello che chiama ‘advertiser outreach‘ – cioè minacciare gli inserzionisti affinché interrompano i legami con i siti web più piccoli per limitarli finanziariamente”.
Altro modo, quello di smentire tali media prima che le loro notizie o le loro opinioni divengano note al grande pubblico, così si trattava di “‘screditare il marchio, la credibilità e la reputazione'” dei reprobi. In altre parole, scrive MacLeod si trattava di un attacco diretto dallo Stato contro i media alternativi e i critici del governo degli Stati Uniti”.
Ce n’è anche per il National Endowment for Democracy (NED), organismo gemello dell’USAID, anch’esso messo in stand by, ma della cui attività si sa ancora poco; anche il NED “sponsorizza i media in tutto il mondo”. Alle attività di tali Agenzie si somma quella del “Dipartimento della Difesa Usa, che schiera un gigantesco esercito clandestino di almeno 60.000 persone con il compito di influenzare l’opinione pubblica, la maggior parte delle quali fa ciò dal proprio computer. Un articolo di denuncia del 2021 di Newsweek ha descritto questa operazione come ‘la più grande forza sotto copertura che il mondo abbia mai conosciuto'”.
Peraltro, continua MintPress, è noto “che i più alti incarichi dirigenziali delle principali aziende di social media, come Facebook, Twitter, Google, TikTok e Reddit, siano appannaggio per lo più di ex funzionari della CIA, dell’USAID e di altre Agenzie per la sicurezza nazionale”.
Fondazioni, benefattori e regime change
Ci sono poi i finanziamenti di istituti privati con stretti legami con il governo degli Stati Uniti, come la Ford Foundation, l’Open Society Foundation e la Bill and Melinda Gates Foundation [e tante altre ndr] che, in parallelo, “erogano ingenti sovvenzioni a giornalisti e organi di informazione stranieri”.
La nota poi si dilunga sulle operazioni non mediatiche dell’USAID, cioè le attività per mettere a segno regime-change, da Cuba al Venezuela ad altrove; o il supporto a varie dittature sudamericane, con fondi destinati ad addestrare alla contrainsurgencia e alla tortura. Accennando, infine, a come, fin dagli inizi, l’USAID abbia lavorato come un ramo parallelo della Cia, sia per favorire o dare copertura agli agenti in giro per il mondo, sia per reclutare agenti locali che per altro e di più vasta portata.
Ci sono poi tanti altri modi con cui si svolgono le suddette attività, che il sito non esplora, ma che hanno altrettanta importanza: ad esempio i finanziamenti a Università, a professori e a ricerche scientifiche, ma sarebbe troppo lungo. Né sono solo gli Stati Uniti a investire nell’ambito dei media cosiddetti indipendenti. La Gran Bretagna ha iniziato molto prima, per dirne una. Chiudiamo qui, ci torneremo (avvertenza: nella nota abbiamo usato il passato, ma per tanto di quel che abbiamo scritto sarebbe stato più precipuo il presente).