3 Marzo 2025

La missione kamikaze di Zelensky alla Casa Bianca

Zelensky è stato inviato in modalità kamikaze alla Casa Bianca, mandato conferitogli dalle élite europee e neocon-liberal per rilanciare l'opzione guerre infinite
di Davide Malacaria
La missione kamikaze di Zelensky alla Casa Bianca
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“Stai giocando d’azzardo con la terza guerra mondiale”. Così Trump nella sua reprimenda al suo omologo ucraino. Le altre battute del diverbio che ha fatto il giro del mondo sono secondarie rispetto a questa affermazione. Il focus della vicenda, infatti, sta tutta qui: se continuare a blandire la possibilità della terza guerra mondiale o meno.

Missione kamikaze

Per capire quanto è accaduto è forse il caso di annotare come subito dopo il bisticcio in mondovisione, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa e Manfred Weber, presidente del partito popolare europeo, hanno inviato lo stesso messaggio.

Messaggi che si sono intrecciati a quelli dei tanti leader europei che hanno espresso il loro incondizionato sostegno all’Ucraina appena finito l’incontro-scontro. Un’azione tanto coordinata da far ritenere che Zelensky sia stato inviato in missione kamikaze alla Casa Bianca per giustificare l’alzata di scudi del partito della guerra.

Il video completo della conferenza stampa è alquanto eloquente. Zelensky non ha fatto la minima concessione verso la nuova disposizione dell’amministrazione Trump: nessun compromesso con Putin, niet alla minima cessione di territorio, i russi devono pagare l’intera ricostruzione, gli Stati Uniti devono continuare a fornire aiuti e garanzie di sicurezza se si arriverà mai a un accordo, tanto simile a una resa di Mosca.

For the first time Ukrainian President Volodymyr Zelensky ready to give up Ukrainian territory to Russia for peace

Una rigidità che Zelensky non aveva mostrato negli interventi recenti, in alcuni dei quali aveva addirittura accennato alla possibilità che non tutto il territorio ritornasse sotto il controllo ucraino (The Economics Times) dicendosi addirittura disponibile a un incontro con Putin (France24).

Ukraine's Zelensky says he is ready for direct talks with Putin

Ha provocato in ogni modo, sia con le espressioni contrariate agli accenni di Trump ai negoziati, sia incalzandolo in ogni modo, fino a farlo uscire dai gangheri quando ha pronunciato quella che aveva tutto l’aspetto di una minaccia.

Infatti, rispondendo a Vance che gli aveva chiesto di rispettare l’America anche perché stava cercando di risolvere i problemi del suo Paese, Zelensky ha rintuzzato: “Tutti hanno dei problemi, anche voi. Voi avete un bel mare e non li percepite ora. Ma li vedrete in futuro”.

Sulla vicenda, le dichiarazioni del Capo del Dipartimento di Stato Marco Rubio: “Tutto era stato spiegato” ha detto, “tutto era stato compreso. E tuttavia, negli ultimi 10 giorni, in ogni contatto che abbiamo avuto con gli ucraini, come anche nelle dichiarazioni pubbliche del presidente Zelensky, sono sorte complicazioni su tale questione [i negoziati ndr]. Ma hanno insistito per venire a Washington e c’era un’intesa molto chiara – avrebbe dovuto essere molto chiara: non venire qui per fare una scenata in cui inizi a farci la predica sul fatto che la diplomazia non funzionerà. Il presidente Zelensky ha preso questa direzione e [l’incontro] si è concluso con un risultato prevedibile […] Non doveva andare così, ma è la strada che ha scelto”.

A conferma, una nota del New York Post, che ha rivelato come l’inviato di Trump per l’Ucraina voleva che Zelensky firmasse il trattato sulle risorse minerarie ucraine – che gli Usa chiedono come compenso per i miliardi erogati – nel corso della sua visita a Kiev della settimana scorsa.

“Al termine delle trattative”, scrive il Post, “il capo dello staff di Zelensky, Andrii Yermak, ha insistito affinché il presidente ucraino si incontrasse con Trump alla Casa Bianca per firmarlo”. Kellog sconsigliò la cosa, facendo presente che le distanze tra i due presidenti dovevano essere smussate…

Parole d’ordine neocon

Insomma, un escamotage del partito della guerra neocon-liberal che ha dominato l’America fino a un mese fa (e conserva gran parte della Forza pregressa) per rilanciare la sua sfida usando l’Europa a trazione britannica.

Lo denotano anche le parole scelte da Starmer in occasione del summit tenuto nel Regno Unito subito dopo lo scontro. Incontrando Zelensky, infatti, il premier britannico ha ripetuto la formula magica che ha scandito questo conflitto: “Saremo con l’Ucraina per tutto il tempo necessario”.

Non solo, nell’illustrare gli esiti del summit, spiegando che l’Europa dovrà farsi carico del “lavoro più pesante”, ha parlato della necessità di una “coalizione dei volenterosi”, ribadendo la formula neocon per l’alleanza che, sotto la guida americana, invase l’Iraq, ribadita di recente dal generale David Petreaus, ventriloquo di quei circoli internazionali, come necessaria per sostenere l’Ucraina. Infine, la formula magica: tale coalizione è pronta a mettere “gli stivali sul terreno e gli aerei nei cielo”.

Will Biden Gamble on a Ukraine Coalition?

Proclami che abbisognano, però, di un accomodamento: gli Stati Uniti devono sostenere tale iniziativa con garanzie di sicurezza, ché il Vecchio Continente non ha i denti per azzannare la Russia.

Fin qui i proclami, che però non si sa bene che applicazione avranno. Limitarsi a constatare che l’Europa non può sostenere un conflitto con la Russia non serve a comprendere lo scontro in atto. Le élite europee lo sanno perfettamente, non è quello l’obiettivo primario di tale iniziativa.

Scopo primario invece, alquanto evidente, è quello di far deragliare i negoziati Usa-Russia ponendo condizioni inaccettabili per Mosca – come le forze di peacekeeping. Intanto la guerra proseguirà, con tutti gli imprevisti del caso, come ad esempio un suo allargamento ai Paesi dell’Est (Romania? Polonia?), o un incidente su scala nucleare. Così da provare a trascinare gli Usa nel conflitto.

Come trovare risorse per alimentare un conflitto ad oggi insostenibile per Kiev lo spiega l’ex ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba sul New York Times: confiscare i beni russi già congelati e usarli per comprare armi, anche americane (un modo anche per legare ancor più alla causa l’apparato militar-industriale Usa). Alla carenza di truppe ucraine, oltre che ricorrere all’abbassamento della leva ai diciottenni, ci si penserà.

Guerra esistenziale

Gioco d’azzardo, quello delle élite europee che, a differenza di quanto accadde col primo mandato di Trump, non sono andate in modalità sabotaggio soft in attesa che finisca, ma hanno optato per la guerra aperta (senza rompere pubblicamente, ovvio, sarebbe un disastro per loro).

Per tali élite non si tratta solo di proseguire la guerra ucraina, ma di preservare le proprie prerogative. La rivoluzione trumpiana sta tentativamente smantellando il sistema che ha dominato l’America fino a un mese fa, sistema che è tutt’uno con quello che governa l’Europa. Quanti vi appartengono sanno bene che simul stabunt simul cadent, così che lo scontro non è anzitutto contro Mosca, ma contro Trump, in quella che per loro è diventata una guerra esistenziale. E le guerre esistenziali non contemplano limiti.

Trump e i suoi prenderanno contromisure, in combinato disposto con Mosca e presumibilmente Pechino. Hanno frecce al loro arco, anche se cercare di spegnere un incendio è più difficile che farlo divampare.

Infine, ci si permetta una notazione: la disfida europea a trazione britannica si è consumata nel medesimo giorno in cui scadeva di fatto la prima fase del cessate il fuoco di Gaza, scadenza che ha visto Israele avanzare una proposta al momento indecente per la controparte, cioè non il passaggio alla fase due – che dovrebbe portare alla tregua duratura – ma una banale procrastinazione della tregua attuale (per riprendere poi il conflitto, vedi titolo di Haaretz: “Netanyahu spera nelle violazioni del cessate il fuoco che potrebbero giustificare la ripresa della guerra a Gaza”).

Così come si vuole procrastinare ad libitum la guerra ucraina, si vuole perseverare nella guerra perpetua brandita da Netanyahu. Non è solo una coincidenza temporale, quindi, ma sostanziale. Entrambe le spinte hanno lo scopo di ripristinare il dinamismo proprio del momentum pre-Trump. A costo di scatenare la terza guerra mondiale (potrebbe provocarla anche un attacco all’Iran).

Netanyahu Hoping for Cease-fire Violations That Could Justify Resuming the War in Gaza