Mosca reagisce agli attacchi ATACMS, ma schiva l'escalation
La ritorsione russa per l’attacco sul suo territorio con i missili ATACMS ha preso di mira le infrastrutture energetiche ucraine in uno dei più massivi attacchi portati dall’inizio della guerra. Al di là della cronaca, purtroppo d’obbligo, l’interesse per quanto avvenuto risiede nel fatto che la Russia non ha utilizzato il missile Oreshnik, pure minacciato da alcune figure di spicco dell’establishment, tirandosi fuori dal gioco dell’escalation al quale sembrava costretta.
La variante russa
Al solito, la strategia di Mosca è fatta di varianti imprevedibili. L’attacco ha lasciato “metà del Paese senza elettricità”, ha affermato Oleg Popenko, esperto del settore energetico, dunque la reazione si è fatta sentire. Di interesse notare che l’attacco ucraino di per sé non serviva a nulla sul piano militare, era solo un atto dimostrativo, una sfida per forzare la mano all’antagonista.
In tal modo la leadership di Kiev ha inflitto una sofferenza del tutto inutile alla popolazione ucraina, dal momento che era pienamente consapevole che Mosca avrebbe reagito con determinazione.
Reazione determinata, appunto, ma che ha evitato spettacolarizzazioni, come sarebbe avvenuto se avesse utilizzato nuovamente il missile ipersonico Oreshnik, che avrebbe gettato ulteriore benzina sul fuoco. La scelta di Mosca presumibilmente discende dal convincimento che il nuovo presidente americano fa sul serio sull’Ucraina. Accettare l’escalation farebbe solo il gioco di chi sta tentando di sabotare le possibilità aperte dall’elezione di Trump.
L’intervista di Trump
Si può notare come ci sia una coincidenza temporale tra la reazione russa e la pubblicazione su Time di un’intervista rilasciata da Trump a fine novembre, nella quale il tycoon prestato alla politica ha condannato gli attacchi a lungo raggio contro la Russia.
Così il nuovo presidente americano: “Sono decisamente in disaccordo con l’invio di missili lanciati a centinaia di miglia all’interno del territorio della Russia. Perché lo stiamo facendo? Stiamo solo intensificando questa guerra e peggiorandola”. Cenno così importante che il portavoce del Cremlino, Dmitrj Peskov, si è affrettato a commentarlo affermando che Mosca condivide in pieno tale opinione.
Una convergenza che un attacco spettacolare contro Kiev avrebbe impedito, perché media e giornalisti consegnati al partito della guerra, che già accusano Trump di tradire il popolo ucraino e di nuocere agli interessi americani, avrebbero goduto di nuove frecce al loro arco.
Manca un mese e mezzo all’insediamento di Trump e Mosca deve evitare in tutti i modi le trappole del partito della guerra che sta tentando in tutti i modi di “complicare” il conflitto per evitare che il nuovo arrivato avvii i negoziati.
L’incontro dei P-5
Al di là della vicenda, si registra un evento di importanza primaria che, come tale, non ha trovato rilevanza nei media occidentali confermando il degrado dell’informazione nostrana.
Riprendiamo dall’ITAR TASS: “I rappresentanti di cinque Stati dotati di armi nucleari, Russia, Stati Uniti, Cina, Francia e Gran Bretagna, hanno partecipato a un incontro a porte chiuse a Dubai. Ciò rappresenta la prima consultazione a pieno titolo sotto la presidenza cinese del gruppo delle cinque nazioni dotate di armi nucleari (P-5)”.
L’incontro si è tenuto il 4 dicembre, ma è stato reso pubblico solo giorni dopo. Così, mentre il mondo è preda di irragionevoli pulsioni da terza guerra mondiale, si registra un singulto di ragionevolezza all’interno della leadership occidentale per evitare l’abisso.
Certo, la riunione dei P-5 non è un fatto del tutto straordinario, perché tale formato è sopravvissuto alla rescissione dei trattati sulle armi nucleari, ma non sembra affatto casuale che l’incontro abbia avuto luogo in questi giorni di pericolosa transizione.