La Nasa, l'eruzione del Tonga e il climate change
Tempo di lettura: 3 minutiL’eruzione sottomarina del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, avvenuta il 15 gennaio del 2022, potrebbe aver provocato un aumento apprezzabile della temperatura del nostro pianeta. A rivelarlo è la NASA, che non può essere tacciata di poca competenza scientifica né di avere il problema di negare causali antropiche del cambiamento climatico.
Riportiamo dal sito ufficiale della Nasa ampi stralci di una nota pubblicata il 2 agosto 2022.
L’eruzione di Tonga e il climate change
“Quando il vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai è esploso il 15 gennaio, ha causato uno tsunami che ha fatto il giro del mondo e ha innescato un boom sonico che ha fatto il giro del globo due volte”.
“L’eruzione sottomarina registrata nell’Oceano Pacifico meridionale ha proiettato anche un’enorme nube di vapore acqueo nella stratosfera terrestre, sufficiente a riempire più di 58.000 piscine olimpioniche. L’enorme quantità di vapore acqueo potrebbe essere sufficiente per influenzare temporaneamente la temperatura media globale della Terra”.
“Non abbiamo mai visto niente di simile”, ha detto Luis Millán, scienziato che lavora presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA”.
In uno studio pubblicato sul Geophysical Research Letters, Millán e i suoi colleghi “stimano che l’eruzione delle Tonga abbia rilasciato nella stratosfera terrestre circa 146 teragrammi (1 teragrammo equivale a un trilione di grammi) di vapore acqueo – pari al 10% dell’acqua presente nella stratosfera”.
“Millán ha analizzato i dati dello strumento Microwave Limb Sounder (MLS) installato sul satellite Aura della NASA, che monitora i gas atmosferici, compresi vapore acqueo e ozono. Dopo l’eruzione del vulcano Tonga, il team MLS ha iniziato a osservare letture di vapore acqueo del tutto fuori scala. ‘Abbiamo dovuto controllare con attenzione tutte le misurazioni della nuvola [di vapore acqueo] per assicurarci che fossero affidabili’, ha affermato Millán”.
“Le eruzioni vulcaniche raramente iniettano grandi quantità di acqua nella stratosfera. Nei 18 anni in cui la NASA ha effettuato misurazioni, solo altre due eruzioni – l’ eruzione del Kasatochi del 2008 in Alaska e quella del Calbuco del 2015 in Cile – hanno proiettato quantità apprezzabili di vapore acqueo ad altitudini così elevate”.
“Ma si trattava di punture di spillo rispetto a quanto avvenuto per l’eruzione del Tonga; peraltro anche il vapore acqueo prodotto dalle due eruzioni precedenti si è dissipato rapidamente. ll vapore acqueo prodotto dal vulcano Tonga, invece, potrebbe rimanere nella stratosfera per diversi anni”.
“Questo vapore acqueo extra potrebbe influenzare la chimica atmosferica, stimolando alcune reazioni chimiche che potenzialmente possono aumentare temporaneamente l’esaurimento dello strato di ozono”.
“Le eruzioni vulcaniche massive, come quella del Krakatoa e del Monte Pinatubo in genere raffreddano la superficie terrestre perché espellono gas, polvere e cenere che riflettono la luce solare nello spazio”.
“Al contrario, il vulcano Tonga ha iniettato grandi quantità di aerosol nella stratosfera e le enormi quantità di vapore acqueo dell’eruzione potrebbero produrre un piccolo effetto di riscaldamento temporaneo [della superficie terrestre], poiché il vapore acqueo cattura il calore”.
“L’effetto si dovrebbe dissipare quando il vapore acqueo in eccesso della stratosfera andrà ad esaurirsi, in tal modo non avrà più significativi effetti perniciosi sul cambiamento climatico”.
Insomma, a stare a quanto riporta il sito ufficiale della Nasa l’eruzione vulcanica in questione potrebbe aver determinato un innalzamento della temperatura terrestre che dovrebbe perdurare per alcuni anni. Le dinamiche descritte sono alquanto semplici e ci paiono ineccepibili.
Clima, natura e religione
Riteniamo doveroso integrare un cenno della stessa nota, quello riguardante il possibile impatto di quanto accaduto sullo strato di ozono, che potrebbe assottigliarsi, con uno studio pubblicato su Nature Climate Change (la bibbia delle religione del cosiddetto climate change), del quale riportiamo il titolo, che ne spiega il succo: “L’esaurimento dell’ozono stratosferico e l’aumento dell’ozono troposferico guidano il riscaldamento interno dell’Oceano Australe”.
Insomma, l’eruzione del Tonga, avendo il potenziale di diminuire lo strato di ozono stratosferico, potrebbe avere un ulteriore effetto sulla temperatura terrestre, e sempre in senso incrementale. Doppio effetto, quindi.
In genere, evitiamo di entrare nelle tematiche del climate change, religione fondamentalista dal verbo indiscutibile e alquanto bizzarro, escludendo – solo per fare un esempio – dal novero delle emergenze globali l’inquinamento marino, con isole di plastica galleggianti sugli oceani (la più grande delle quali è tre volte la Francia), attualmente fuori dai radar.
E ciò nonostante siano solo sintomi di un male liquido più grave e i catastrofici danni che stanno producendo e produrranno. Tant’è, evidentemente l’inquinamento degli oceani ad oggi è ancora tema poco lucroso.
Al netto della nostra ritrosia, abbiamo fatto una doverosa eccezione per l’articolo in questione, per l’autorevolezza del sito che l’ha ospitato e per la chiarezza dell’esposizione. Suscita domande.