6 Novembre 2018

Il senso di Netanyahu per Mohamed bin Salman

mohamed bin salman.Il senso di Netanyahu per Mohamed bin Salman
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Omicidio Khashoggi: agli inizi di novembre Netanyahu è andato in soccorso di Mohamed bin Salman, accusato di essere il mandante dell’assassinio del dissidente, avvenuto il 2 ottobre nel consolato saudita di Istanbul.

Mohamed bin Salman: l’alleato strategico

Il premier israeliano, secondo indiscrezioni del Washington Post, ha chiesto ad alti funzionari dell’amministrazione Trump di aiutare il principe ereditario saudita.

Nonostante l’orrore per quanto avvenuto, Mohamed bin Salman resta un “alleato strategico” decisivo per le sorti del Medio oriente e va sostenuto.

L’indiscrezione del WP è stata ripresa da tutti i media israeliani, che ne hanno accreditato la veridicità.

L’intervento di Netanyahu è arrivato all’indomani delle dichiarazioni di Mattis e Pompeo sulla necessità di porre fine alla guerra in Yemen scatenata dai sauditi.

Coincidenza temporale che fa apparire l’endorsement del premier israeliano come una sorta di risposta alle dichiarazioni dei ministri dell’amministrazione Trump.

La loro determinazione, infatti, non è solo una presa di distanza dal conflitto, ma dallo stesso Mohamed bin Salman, che quella guerra ha fortemente voluto.

E forse il sostegno ricevuto dal governo israeliano può anche spiegare la mossa di Riad, che subito dopo l’appello alla pace di Mattis e Pompeo ha bombardato in maniera massiccia lo Yemen. Una vera e propria sfida agli Stati Uniti.

Il principe e il messianismo

L’endorsement di Netanyahu per MbS si è dipanato in parallelo con quello dell’American evangelical Christians, l’organismo delle Chiese evangeliche americane, che ha inviato una delegazione a Riad per portare il proprio sostegno al principe.

Un uno-due di certa potenza. Che deve essere letto tenendo presente il rapporto tra le chiese evangeliche più estreme e messianiche, convergenti con l’esoterismo neocon, e l’amministrazione Trump.

Un articolo pubblicato su Haaretz, e ripreso da Piccolenote, spiegava il legame tra il messianismo evangelico Usa e quello israeliano, prossimo al governo Netanyahu.

Tali comunità evangeliche di stretta osservanza messianica, sempre secondo il notista di Haaretz, hanno avuto un peso decisivo nella decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele.

Tali chiese, nelle loro derivazioni più settarie, peraltro sono state fattore non secondario della vittoria di Bolsonaro alle recenti elezioni brasiliane.

E non è un caso che  il nuovo presidente carioca abbia anch’esso promesso di spostare l’ambasciata del suo Paese a Gerusalemme, riconoscendo tale città come capitale dello Stato ebraico.

Un feeling manifesto, quello tra Bolsonaro e Netanyahu, come evidenzia l’entusiasmo con il quale il premier israeliano ha accolto la vittoria di quest’ultimo: lo ha invitato a visitare Israele e sembra deciso a partecipare al suo insediamento.

La digressione serve a evidenziare che l’internazionale evangelica di osservanza messianica è uscita rafforzata dalla vittoria brasiliana.

Da qui il maggior peso della visita della delegazione dell’American evangelical Christians a Riad, avvenuta subito dopo l’elezione carioca.

Trump tra due fuochi

Tanti, dunque, gli interessati sostenitori di MbS che fanno pressioni su Trump, il quale, a sua volta, deve affrontare la spinta opposta della sinistra Usa (quella che fa capo a Sanders).

Spinta, quest’ultima, in aumento, dato che Sanders uscirà comunque vittorioso dalle elezioni di Midterm. Per la prima volta, infatti, potrà contare su una sua squadra nel Congresso.

Non solo Sanders: Khashoggi era un cronista del Washington Post. E per il giornale della destra americana sarà arduo accettare l’appoggio a MbS.

Ma l’endorsement di Netanyahu, degli evangelici messianici e dei neocon Usa in favore del principe ereditario saudita palesa anche debolezza.

Puntare su un cavallo inseguito, e segnato, dal marchio di infamia sottende che nel ristretto ambito saudita non hanno alternative.

MbS è cioè insostituibile per la loro strategia mediorientale. La sua caduta, dunque, o il suo indebolimento duraturo, può aver riflessi su quest’ultima.