Niente aerei per Kiev. E anche i carri armati arrivano a rilento
Tempo di lettura: 2 minutiL’Ucraina non avrà moderni aerei da combattimento, se non a guerra finita. Così il ministro della Difesa britannico Ben Wallace in un’intervista a Der Spiegel. Un segnale più che importante, dal momento che la consegna di jet, come avevamo scritto in una precedente nota, rischiava di produrre un’escalation incontrollata (1).
Di aerei e missili
“Siamo onesti, ci vorrà molto tempo prima che qualcuno consegni aerei da combattimento all’Ucraina. Inoltre, aerei moderni, come l’Eurofighter […] saranno consegnati all’Ucraina solo dopo la guerra”.
L’intervista del ministro britannico, importante anche perché il Regno Unito è il Paese che più sta spingendo per supportare Kiev, fa eco a quanto affermato di recente dal ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, il quale ha rivelato che nessun Paese si è impegnato a inviare aerei da combattimento a Kiev.
Sul punto si è registrata una grande pressione e i Paesi Nato sembravano ormai decisi a compiere questo passo. A quanto pare ha prevalso una linea più realista. Il niet ai jet arriva dopo un altro rifiuto significativo: alcuni giorni fa, infatti, gli Stati Uniti hanno rigettato la richiesta di Kiev per ottenere missili a lungo raggio (Politico).
Anche l’invio di carri armati all’Ucraina segna il passo. Lo ha detto nell’intervista citata Ben Wallace, lo ha ribadito il cancelliere tedesco Olaf Sholz in un’intervista al Financial Times, nella quale ha manifestato la sua “frustrazione” perché i Paesi alleati sono, a suo dire, recalcitranti a dar seguito alle promesse in tal senso fatte a Kiev.
“La pace deve avere una chance”
Tutto ciò avviene mentre le forze ucraine sono costrette sulla difensiva a Bakhmut. Questi sviluppi militari-logistici aprono uno spiraglio alle possibilità di un’intesa, quale che sia la forma, che ponga fine alle ostilità. Possibilità rilanciata due giorni fa dal Capo degli Stati Maggiori congiunti degli Stati Uniti, generale Mark Milley (Piccolenote).
Perché vanno in direzione dello scenario da lui descritto, cioè di un’impasse della guerra tale da convincere i duellanti (Nato e Russia) ad adire a un negoziato. Se il cerchio si chiude a livello internazionale, Zelensky sarà costretto ad accettare, non potendo portare avanti la guerra senza il supporto esterno.
Ma lo spiraglio può essere richiuso. Vedremo. Di interesse, in questa temperie, le dichiarazioni del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, il quale, al summit della sicurezza che si sta svolgendo a Monaco, ha dichiarato che il suo Paese è intenzionato a proporre un’iniziativa per porre fine alla guerra, aggiungendo che “la pace deve avere una chance“.
(1) Oltre ai tanti e complessi problemi logistici, c’è il dilemma delle basi da cui partirebbero i jet. Se in Ucraina, sarebbero obiettivi più o meno facili dei bombardamenti russi, con esiti catastrofici per velivoli che costano miliardi di dollari-euro. Da cui la possibilità di usare le basi dei Paesi confinanti, coinvolgendo così direttamente la Nato nel conflitto.