Niger, gli Usa accettano di ritirare le truppe
Gli Stati Uniti avrebbero accettato di ritirare il contingente militare stanziato in Niger in ottemperanza alla richiesta del governo di Niamey, che ne aveva denunciato l’inutilità e la mancanza di legittimità. Da vedere, però, se alle parole seguiranno i fatti.
Infatti, venerdì scorso il vicesegretario di Stato Kurt Campbell ha commentato così un dialogo con il primo ministro nigerino Ali Lamine Zeine: “Abbiamo concordato di iniziare il confronto tra pochi giorni su come sviluppare un piano” di ritiro (CNN).
Uno schema che ricalca quanto avvenuto in Iraq, con gli Usa che dicono da tempo che stanno concordando il ritiro con le autorità (che lo hanno richiesto), per poi procrastinare ad libitum la cosa. Il Niger è meno strategico ed è possibile che gli States ritengano che convenga risparmiare qui per investire altrove. Ma il dubbio resta.
I russi non hanno avuto alcun ruolo nel golpe in Niger
La pressione di Niamey per il disimpegno Usa va di pari passo con il consolidarsi dei suoi legami con Mosca, che ha inviato nel Paese africano armi e istruttori. Una svolta rilevante che evidenzia ancora una volta l’interesse russo per il continente dimenticato.
Tale svolta era stata evocata dall’Occidente fin dal primo germoglio del golpe nigerino del luglio 2023, con l’America che aveva lanciato proclami scandalizzati per l’ingerenza russa nel Paese, che considerava una colonia dell’Occidente.
Un colonia modello, come aveva affermato il Segretario di Stato Tony Blinken il 26 marzo del 2023: “Il Niger è davvero un modello straordinario in questo momento di grandi sfide – un modello di resilienza, di democrazia, di cooperazione”. Tre mesi dopo, il golpe (lungimiranza Usa…).
In realtà non c’era alcun rapporto tra i golpisti e il Cremlino, come si annota in un intelligente articolo di Responsible Statecraft, sono arrivati dopo, perché le élite dei Paesi africani cercano appoggi esterni per tentare di far fronte ai gravissimi problemi interni.
Nel caso del Niger i sentimenti antifrancesi, diffusi in tutta la Françafrique , non si erano trasferiti automaticamente agli americani, spiega RS, anzi. Così RS: “Il fatto che la Russia abbia accolto con favore lo sviluppo [cioè il golpe ndr] non significa che Mosca lo abbia ispirato. In realtà, il rovesciamento di Bozoum [il presidente del Niger ndr] fu tanto inaspettato a Mosca quanto lo fu a Washington”.
“I media occidentali si sono affrettati a denunciare la mano russa. Era diffusa la convinzione che l’influenza russa prosperasse nell’instabilità e potesse ‘diffondersi’ oltre i confini”.
Proprio tale convinzione e tale paura hanno deteriorato i rapporti tra i nuovi governanti del Niger e gli americani, i quali hanno pagato cara anche la loro arroganza.
Gli Usa e la colonia ribelle
Secondo RS, infatti i rapporti sarebbero collassati con la visita della delegazione statunitense del marzo scorso, con i rappresentanti Usa che hanno trattato i loro interlocutori con disprezzo, intimandogli di rescindere i rapporti con russi e iraniani (ma probabilmente gli screzi erano iniziati già con la visita della Nuland, avvenuta poco dopo il golpe, che aveva avuto un medesimo approccio). Un modo di rapportarsi arrogante e stupido che ha ottenuto l’esito opposto.
Nel riannodare i fili della rottura, RS spiega che, prima del golpe, gli States avevano un rapporto di fatto monopolistico con l’esercito nigerino e che i russi non solo non avevano alcun rapporto con esso, ma non avevano neanche un’ambasciata a Nianey.
Tutto è cambiato, ma non a causa di manovre del Cremlino. “La pressione per rompere con gli Stati Uniti viene dall’interno, non dalla Russia’” ha detto un ufficiale dell’esercito nigerino a RS.
Peraltro, anche nella lotta al terrorismo, motivo ufficiale della presenza Usa nel Paese, gli americani non sono stati chiari, spiega RS, perché al contrasto al terrorismo antepongono quello con i suoi antagonisti globali (posizione esplicitata in maniera brutale dalla famosa frase del senatore John McCain “Putin è più pericoloso dell’Isis“). Tanto che, si può aggiungere, spesso l’America, nelle sue guerre infinite, ha avuto come alleati de facto varie fazioni terroristiche (in Kosovo e Libia al Qaeda, in Siria e Yemen al Qaeda e Isis etc.).
Anche per questo i nigerini preferiscono Mosca, “che inquadra il suo intervento nel Sahel in termini di antiterrorismo”, piaga che semina morte nel loro Paese e che non è stata affatto contrastata dagli americani, come da denuncia di Niamey.
Il Ciad denuncia gli accordi di sicurezza con gli Usa
RS ricorda anche che nel frattempo si sta consolidando l’AES, l’alleanza militare tra Mali, Burkina Faso e Niger, alla quale in futuro potrebbe aderire anche il Ciad.
Nata per far fronte alla minaccia di un intervento in Niger da parte dell’Ecowas (la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale), opzione iniziale di Washington e Parigi poi riposta, l’alleanza sta dando frutti nel contrasto al terrorismo che sta insanguinando i tre i Paesi.
A proposito del Ciad, appare più che significativo che N’Djamena abbia inviato una missiva ufficiale agli States nella quale si denuncia l’accordo di sicurezza tra i due Stati. Anche se non si chiede esplicitamente il ritiro degli Usa, hanno riferito fonti anonime alla CNN, si chiede, però, di ritirare le sue forze stanziate in una base militare francese della capitale.
Nella lettera, prosegue la Tv americana, si “menziona specificamente la Task Force per le operazioni speciali degli Stati Uniti (SOTF) stanziata in quella base, un importante hub per le operazioni speciali statunitensi nella regione […]. Ma la task force non è l’unico contingente militare americano presente nella base, dal momento che tutti i membri del servizio americano in Ciad si trovano a N’Djamena”. In attesa di sviluppi, registriamo il dato.
Nota a margine. La giunta nigerina arrivata al potere ha scoperto che il precedente governo ha ceduto per venti anni, senza informarne il parlamento, la più importante riserva naturale del Paese a una Ong francese, la Noé. Un’area di 100 km², un terzo dell’Italia, consegnata per due decenni a una ong straniera… tale il destino delle colonie (peraltro, nella zona si trovano giacimenti di petrolio…).