Nuove esplosioni in Libano. Israele e la strategia del Terrore
Mentre scriviamo giungono notizie di altre esplosioni in Libano, non ancora quantificate, dopo quelle che ieri hanno falcidiato circa 3mila persone, tra affiliati alla milizia di Hezbollah e civili. Già, perché a essere colpiti dalle esplosioni dei cercapersone sono anche civili, come evidenzia la morte di una bambina di otto anni e come scrive un cronista non certo filo-Hezbollah come Zvi -Bar-el su Haaretz.
“Nel pianificare un attacco del genere, come dimostra quanto avvenuto, è impossibile supporre che solo gli attivisti, i combattenti e i ‘fiancheggiatori’ di Hezbollah, compresi i figli dei politici e l’ambasciatore iraniano in Libano, siano danneggiati. Ciò significa che un simile attacco non può essere considerato un ‘attacco chirurgico’”.
Stamane la notizia che gli attacchi di ieri erano stati anticipati perché Hezbollah aveva subodorato qualcosa e stava indagando. L’attacco tramite i cercapersone avrebbe dovuto avvenire successivamente, accompagnando un attacco di terra contro il Libano, cosa non avvenuta.
Ma è possibile che l’invasione possa arrivare dopo l’attacco odierno tramite altri mezzi di comunicazione di Hezbollah o altri flagelli successivi. Perché Hezbollah a questo punto ha sicuramente seri problemi di comunicazione, quindi di coordinamento. E forse ha problemi anche al suo arsenale, i cui sistemi di guida potrebbero essere stati sabotati dall’intelligence israeliana.
La Gold Apollo e la strana intermediazione
Momento di sospensione. In attesa degli eventi, possiamo solo dare notizia su quanto accaduto ieri, dal momento che si hanno maggiori informazioni. La dinamica dell’attacco è ormai chiara: l’intelligence israeliana è riuscita a installare degli esplosivi dentro una partita di cercapersone destinata a Hezbollah.
A fornire tali cercapersone, la compagnia Gold Apollo di Taiwan, che però ha negato l’addebito spiegando in un comunicato che la ditta che li ha prodotti è un’altra, alla quale essi hanno concesso l’uso del marchio, la Bac consulting Kft.
Dalle informazioni su tale ditta si evince che si tratta di un’azienda di consulenza, peraltro specializzata in tutt’altro che la telefonia, fondata nel maggio 2022, sede legale presso un appartamento privato (una struttura “in legno”), con una proprietaria, Cristiana Arcidiacono-Barsony, che ne è anche amministratore delegato nonché, sembra, l’unica dipendente.
Al di là delle domande che suscita tale azienda, le cui risposte sono ovvie, la vera domanda è com’è possibile che un’azienda importante come la Gold Apollo abbia dato in concessione il suo marchio a un’azienda tanto singolare.
Certo, è probabile che la società in questione abbia svolto solo un ruolo di intermediazione, mettendo in comunicazione un’azienda produttrice di prodotti tecnologici con la Gold Apollo. Ma anche se avesse svolto solo questo ruolo resta il mistero di come un’azienda importante possa aver fatto affidamento su di essa per mediare.
Terrorizzare il Libano
Al di là delle tante domande – le cui risposte, ribadiamo, sono ovvie – resta che Israele sta seminando paura in tutto il Libano, con i cittadini terrorizzati al solo sentir squillare un telefono, come da cronache dei media libanesi.
Secondo Bar’el, che ne scrive nell’articolo citato, è presumibile che Tel Aviv con tale operazione speri di suscitare un’ondata di ribellione contro Hezbollah. Il panico dilagante, cioè dovrebbe suscitare l’odio dei cittadini libanesi contro la milizia sciita. Al di là delle possibilità di successo in tal senso, che secondo Bar’el sono più che scarse, resta che tutto ciò ha un nome ben preciso: terrorismo.
Come resta la domanda sulle capacità belliche di Hezbollah, che tale operazione, scrive Bar’el, mira a fiaccare: “Se l’obiettivo dell’attacco – scrive il cronista israeliano – era quello di minare la fiducia di Nasrallah nella sua capacità di utilizzare tutto il suo arsenale, in particolare le armi che richiedono reti di comunicazione avanzate, dimostrando che sono hackerabili, è improbabile che vedremo un cambiamento nella strategia della milizia”.
“La varietà di missili, droni e altre armi a sua disposizione, nonché le reti di comunicazione alternative che ha creato nel corso degli anni, suggeriscono che la milizia non sarebbe paralizzata da un attacco elettronico”. Bar’el è esperto di cose militari, da cui certa autorevolezza in quel che scrive, ma certo Hezbollah ha subito il colpo, da cui deriva che la possibilità di un attacco israeliano, già alta, si è ulteriormente incrementata.
Peraltro, Hezbollah ha già annunciato che risponderà e, avendo Israele cambiato l’equazione dello scontro – che aveva una sua “struttura di base”, scrive Bar’el, alla quale si erano attenute entrambe le parti nonostante qualche variazione sul tema – la sua risposta potrebbe essere altrettanto fuori schema, da cui nuove reazioni israeliane, fino ad arrivare uno scontro totale (sempre che Israele non invada prima).
Gli elettrodomestici che uccidono
In attesa, ci sembra di grande interesse quanto scriveva oggi David Ignatius, uno dei più autorevoli analisti Usa, sul Washington Post: “Oltre all’effetto devastante su Hezbollah, l’attacco [tramite cercapersone] segna l’inizio di una nuova e pericolosissima era della guerra informatica. Qualsiasi dispositivo connesso a Internet può potenzialmente trasformarsi in un’arma”.
“I circuiti di un elettrodomestico ‘intelligente’ possono essere manipolati in modo da causare malfunzionamenti pericolosi. Nel cyberattacco Stuxnet contro il programma nucleare iraniano, il malware ha fatto girare le centrifughe così velocemente da renderle instabili fino ad autodistruggersi. Nel futuro di quello che viene chiamato ‘Internet of things’ [che si potrebbe tradurre come l’internet che entra nella realtà ndr], il dispositivo a rischio potrebbe essere il tuo telefono, il tuo frigorifero o la tua televisione”.
“Come per ogni nuovo progresso della tecnologia delle armi, gli ideatori immaginano di avere l’uso esclusivo degli strumenti di guerra da essi creati. Gli Stati Uniti, ad esempio, un tempo avevano quello che sembrava un vero e proprio monopolio dei droni, ma ora questi sono diventati uno strumento di guerra diffuso. Perfino l’intrepido 007 sarebbe cosciente che i suoi nemici possono rivolgere le sue stesse armi contro di lui”.
Israele ha già prodotto di recente un cambiamento epocale nelle dinamiche belliche, avendo immesso nel conflitto tra Azerbaigian e Armenia del 2020 la variabile dei droni kamikaze, prima ignoti e ora di ampio uso globale.
Fu Israele a fornirli a Baku, consentendogli di sloggiare gli armeni dal Nogorno Karabakh dopo un breve quanto sanguinoso conflitto, vinto facilmente proprio grazie a tali droni, micidiali quanto economici (Haaretz). Tel Aviv si ripete, aprendo al mondo una nuova finestra sull’orrore.