Obama invia 250 soldati Usa in Siria
Tempo di lettura: 3 minutiObama ha annunciato che invierà 250 soldati in Siria. Una decisione inattesa, della quale Seymour Hersc, noto premio pulitzter, si è detto «inorridito». In un’intervista pubblicata da Democracy Now, Hersc ha spiegato che i veri vincitori della guerra contro l’Isis «sono stati i russi. E il bombardamento russo è stato molto più efficace [di quello degli Usa in Iraq ndr.]. Se vi ricordate, il Presidente [Obama ndr.] aveva detto pubblicamente, quando Putin ha deciso di dispiegare la sua forza aerea [in Siria ndr], che sarebbe stato un pantano, che non sarebbero stati più in grado di uscirne». Che cioè sarebbe successo loro «quello che è successo a noi in Afghanistan» e in Vietnam. Invece i russi «hanno fatto molto bene».
Hersc ha poi spiegato che «in questo momento, le forze speciali russe stanno lottando contro l’Isis a fianco dell’esercito siriano, di Hezbollah, e dell’esercito iraniano», aggiungendo che i russi hanno «migliorato l’efficienza dell’esercito siriano», che oggi è «un apparato miltare molto migliore da quando i russi sono arrivati». Un esercito che ha ripreso Palmira, in una battaglia nella quale ha pagato un «tributo terribile», perché l’Isis «ha combattuto fino alla morte». E che probabilmente vuole riprendere anche Raqqa. L’Isis, ha concluso Hersc, oggi è «in fuga» in Siria, non in Iraq, dove invece è contrastato dagli Stati Uniti.
Allora, prosegue il premio Pulitzer, «proprio non capisco che cosa il presidente stia facendo, perché vuole impegnarsi di più […]. Non capisco il motivo per cui ha deciso di entrare in una guerra che stava per essere gestita, anzi vinta dall’esercito siriano e dai suoi alleati, tra cui la Russia. Posso solo ipotizzare che l’istinto anti-Putin, anti-russo in America è alimentato a ritmo sostenuto».
Nota a margine. Non saranno certo duecentocinquanta fantaccini in più calati in Siria a decidere le sorti della guerra. Ma un giornalista di lunga esperienza come Hersc sa bene che l’annuncio nasconde altro e più inquietante, altrimenti non si sarebbe detto inorridito.
Quel che è certo è che Arabia Saudita, Turchia e gli stessi Stati Uniti hanno usato di questi giorni di relativa tregua – il cessate il fuoco proclamato alla fine di febbraio – per inviare nuove e più sofisticate armi alle forze jihadiste, che da un mese hanno iniziato a tirar giù aerei siriani, irraggiungibili con le armi precedenti. E per rinfoltire i ranghi di tali milizie (5mila nuovi jihadisti sono entrati dalla Turchia) e riorganizzane le schiere.
Prima della fine (relativa) delle ostilità (tanti i morti nel corso di questo strano cessate il fuoco), i russi stavano per spazzare via le milizie jihadiste dalla Siria. Un’altra settimana di combattimenti e Aleppo, ormai circondata e priva di rifornimenti, sarebbe caduta, mentre le forze dell’Isis e di Al Nusra erano ormai prossime al collasso.
Oggi queste forze hanno acquisito nuovo vigore. E l’arrivo di soldati americani, non concordato con Mosca (che anzi ha reagito con irritazione), immette una variabile nuova nel mattatoio siriano. Ha ragione Hersc, non si capisce cosa stiano facendo gli Stati Uniti in Siria, o forse si capisce troppo bene.
In calce all’articolo un aneddoto di un miliziano dell’Isis “pentito” che racconta della sua avventura in Siria al Daily mail. Non racconta gli orrori della sua combriccola, pare uscirà un libro, ma è interessante il momento dell’arruolamento, dopo l’attraversamento del confine turco, che descrive così: «Dopo circa un’ora apparse una macchina e un uomo dell’Isis accompagnò Ali in una reception lì vicino. “Sembrava di stare all’aeroporto. C’erano americani, inglesi, francesi. Persone provenienti da altri paesi, e solo un siriano”
».