22 Luglio 2023

Gli oligarchi russi e l'odio di Londra per Putin

Roman Abramovich, ex proprietario del Chelsea, squadra di calcio di Londra e oligarca tra i più famosi
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Londra è la più accesa sostenitrice di una guerra a tutto campo con la Russia. Rispetto ad altre nazioni, infatti, essa ha mostrato un’aggressività particolare, come se si trattasse di un vero e proprio redde rationem contro Putin e Mosca.

Ciò, abbiamo scritto in altre note, risponde a una prospettiva geopolitica: la guerra ucraina ha avuto l’effetto di deprimere lo spazio geopolitico dell’Unione europea e la sua economia, che la Gran Bretagna vede, non a torto, come il competitor diretto nell’agone globale, e rilancia l’asse anglosassone, deprimendo l’asse pregressa tra Washington e Bruxelles.

Sull’ultimo punto, si può notare facilmente come il Regno Unito sia un partner di Washington, – importanza favorita anche dalle reti post coloniali di Londra nel Pacifico, strategiche in funzione anti-cinese – mentre i Paesi dell’Europa continentale hanno ormai un ruolo del tutto ancillare rispetto a Washington, che al massimo attira qualche correttivo quando cercano spazi di manovra non graditi.

Londra e gli oligarchi russi

Ma l’antagonismo di Londra per Mosca, e in particolare per Putin, ha in sé anche qualcosa di meno strategico e più viscerale. Tanti i motivi, tra questi, non ultimo forse, il fatto che Putin ha posto fine a uno dei più lucrosi benefici di cui ha goduto il Regno Unito dalla fine dell’Unione sovietica.

Il Regno Unito, infatti, è stato il faro degli oligarchi russi, attirati come falene dalla luce della City. A Londra sono affluiti centinaia di miliardi di dollari, frutto delle rapine degli oligarchi a scapito della comunità russa.

Al crollo del comunismo, infatti, una piccola élite con fortissimi legami con l’Occidente, e con la City in particolare, grazie all’acquiescenza di Boris Eltsin, ha comprato per pochi dollari tutte le risorse della Russia, con lucro esponenziale, portando tali torbidi guadagni nel Regno Unito.

Storia nota, ne hanno scritto tanti, come ad esempio il New Yorker in un articolo dal titolo: “Come gli oligarchi russi hanno comprato Londra”, che riporta un cenno dell’Economist: Londra è diventata “un contenitore dei soldi sporchi russi”.

Nell’articolo si accenna a un libro di Oliver Bullough sul tema, sintetizzato in questo modo in un altro sito: “C’è così tanto denaro degli oligarchi a Londra che è stata soprannominata ‘Londongrad’. Bullough afferma che nel Regno Unito si è sviluppato un sistema fatto di banchieri, avvocati, contabili ed esperti in pubbliche relazioni che lavorano per aiutare i cleptocrati russi a nascondere la loro ricchezza” (titolo dell’intervista: “Come il Regno Unito è diventato una cassetta di sicurezza per gli oligarchi russi”). Sempre il New Yorker accenna a come Londra sia diventata una “‘lavanderia a gettoni’ per il denaro russo illecito”.

Lebedev, l’oligarca diventato Lord

A Londra, gli oligarchi hanno stabilito rapporti fecondi con il mondo della finanza, della politica e dei media. Esemplare in tal senso, e significativo anche per quanto riguarda la guerra, quanto riporta la Treccani su  Evgeny Lebedev, uno dei più importanti oligarchi sbarcati sulle rive del Tamigi.

Lebedev è stato “uno degli alleati (e finanziatori) chiave di tutti i passaggi politici più importanti della carriera di Boris Johnson, in particolare nella fondamentale campagna a favore del Leave in occasione del referendum della Brexit”.

“[…] Sia chiaro, Johnson non era il solo, tutto l’establishment britannico omaggiava periodicamente il magnate. Alle sue feste partecipavano regolarmente star del cinema e della musica, così come figure importanti del Partito laburista quali Sadiq Khan, attuale sindaco di Londra, Tony Blair e suoi ex consiglieri Peter Mandelson e Alistair Campbell”, figure chiave, queste ultime, del blairismo.

Sempre la Treccani riferisce come Lebedev abbia negli anni acquistato alcuni dei media più importanti del Paese, l’Evening Standard e The Indipendent, cosa che gli ha consentito un rapporto ancora più proficuo con l’establishment britannico, anche se quello più intimo è rimasto con Boris Johnson, che nel 2020 lo ha nominato membro della Camera dei Lord (con voto parlamentare favorevole…).

“Quello di Lebedev – conclude la Treccani – è solamente uno, sebbene forse il più clamoroso, dei tanti esempi di oligarchi russi (ma non solo) che negli ultimi trent’anni sono divenuti parte importante dell’economia britannica sfruttando le maglie larghe che regolano il mercato finanziario della City di Londra e che permettono, anzi incoraggiano, l’ingresso di importanti capitali stranieri. Capitali che poi, attraverso l’acquisizione di istituzioni storiche come le squadre di calcio o le testate giornalistiche, entrano in stretto contatto con l’establishment britannico”. Manca la Finanza, va aggiunta.

Il senso di Boris per la Russia

All’inizio della guerra ucraina gli oligarchi russi sono stati pesantemente sanzionati. Ma a essere colpiti sono stati quelli ancora in qualche modo legati all’establishment russo, come ad esempio Roman Abramovich (1), non i tanti che, rifugiatisi all’estero con i soldi depredati alla madrepatria, sono stati eletti alfieri della libertà in quanto oppositori di Putin (il quale aveva tentato pure di riportare in patria parte del maltolto).

Tanto è vero che, ricorrendo di nuovo alla storia esemplare di Lebedev, l’oligarca siede ancora tranquillamente al suo posto, nella Camera dei Lord (vedi Politico). Scranno dal quale continua a intrattenere rapporti a più livelli con l’establishment britannico.

Gli oligarchi non legati a Mosca hanno in Putin un nemico giurato, avendo questi posto fine alla loro predazione, ma il sentimento sembra condiviso anche dall’establishment britannico, in particolare la Finanza, che forse sogna ancora una Russia consegnata a un manipolo di oligarchi, pronti a portare sulle rive del Tamigi le loro losche ricchezze.

En passant, si può ricordare come il periodo d’oro degli oligarchi russi coincise con gli anni d’oro della mafia russa. Questo un cenno di Radio Free Europe: “la Russia di Boris Eltsin somigliava a una mafia travestita da Paese”.

La storia degli oligarchi russo-britannici è istruttiva anche a un livello più particolare, ristretto al raggio di azione di Boris Johnson. Fu Johnson a volare a sorpresa a Kiev per impedire a Zelensky di firmare la pace con Mosca, ormai praticamente fatta. E Johnson appare tra i più accaniti sostenitori di questa guerra per procura ucraina contro Mosca.

Gli intimi rapporti con Lebedev hanno forse qualcosa a che fare con il senso di Boris per la Russia.

(1) Bollato come filo-putiniano, Abramovich, in realtà, come gli altri oligarchi, è interessato solo ai suoi affari. Ma, a differenza di altri, ha pensato che un accordo con Mosca, piuttosto che lo scontro, potesse favorirli, da qui un’intesa siglata con Putin negli anni passati. Ma se Abramovich è stato il più colpito dalle sanzioni occidentali dopo l’inizio della guerra non stato certo per i suoi rapporti con l’establishment russo, quanto perché è stato uno dei facilitatori dell’accordo, poi saltato, tra Kiev e Mosca del marzo del 2022. Colpirne uno per educarne cento.