Olmert, l'Iran e il dialogo con i palestinesi
Tempo di lettura: 2 minuti«Quando ero premier i maggiori leader politici mondiali venivano in Israele per sostenerci contro il terrorismo. Dubito che oggi sarebbe possibile perché, con una politica inaccettabile, questo governo ci ha alienato la comunità internazionale. L’uomo che rappresenta la nostra legittima battaglia contro l’Iran nucleare si è mosso in modo aggressivo e provocatorio (…). Teheran sta davvero tentando di avere il nucleare: se riuscisse, la minaccia sarebbe intollerabile per Israele. Dobbiamo fare quanto possibile per fermarlo e se l’ultima chance fosse un’azione militare bisognerebbe prenderla in considerazione anche a costo di farlo da soli. Ma siamo lontani da uno scontro simile e possiamo ancora lavorare con la comunità internazionale». Sono considerazioni espresse da Ehud Olmert in un’intervista concessa alla Stampa il 19 ottobre.
Nell’intervista anche un accenno al processo di pace con i palestinesi: «Abu Mazen vuole la pace, è contro il terrorismo e può essere un partner: Israele non fa abbastanza per riportarlo al negoziato. Per quanto si accusino i palestinesi non si può dire che Israele si sia impegnato in un dialogo credibile (…). Dobbiamo ripartire il prima possibile, il tema iraniano è serio, ma quello palestinese è il più importante e il più pericoloso per Israele».
L’ex premier israeliano recentemente è stato liberato da problemi giudiziari pregressi (corruzione), causa sospensione della pena. E ora diversi esponenti politici israeliani ne chiedono una nuova discesa in campo per sfidare Bibi Netanyahu alle elezioni che si terranno il 22 gennaio.
Un ultimo cenno, a riguardo delle elezioni Usa: Obama o Romney? «Non tocca a me dirlo. Nel ricevere Romney Netanyahu ha dato l’impressione che Israele fosse interamente con lui: è sbagliato e non è così».