Pandemia: 11 aprile 2020, è finita l'Unione europea
Tempo di lettura: 4 minutiI ministri della finanze dell’Unione europea trovano un compromesso tanto al ribasso che in realtà serve solo a mascherare quanto realmente accaduto, cioè che di aiuti ai Paesi del Sud non se ne parla.
Tanti i retroscena, tra cui spicca la criminale cedevolezza del nostro ministro, tal Gualtieri. Ma le responsabilità sono più ampie del personaggio.
Al di là delle polemiche interne, pure importanti, va registrato che in tale sede Gualtieri era accompagnato dai ministri di altri Stati che condividevano le richieste italiane, che così risultano colpevoli quanto i duri tedeschi e olandesi.
Sia quel che sia, l’aiuto non è stato dato: si possono chiedere soldi, e pochi, al Mes, per stretti motivi sanitari, nulla di più.
Il compromesso riguarderebbe altro, cioè l’attivazione della Bei, che erogherà 200 miliardi in favore delle attività produttive piccole e medie, e i 100 miliardi destinati a creare una cassa integrazione comune.
Sono cifre da ripartirsi tra gli Stati membri, e all’Italia arriverà pochino; peraltro i fondi daranno vita a ulteriori bracci di ferro fra richiedenti…
Dall’Unione europea alla Grande Germania
Un’elemosina che attenua poco e non risolve. Al solito, la Ue non ha ragionato nei termini di un organismo comunitario.
Certo, tra una settimana c’è ancora il Consiglio dei ministri, ma a questo punto occorre sperare in un miracolo. E già essere costretti a questo mette in evidenza lo scacco decisivo delle istituzioni europee.
Inoltre, va rilevata la lentezza con la quale si è data udienza alle richieste di aiuto. Mesi di dura contrattazione mentre la gente muore, perde il lavoro e le attività produttive rischiano il collasso, indica il definitivo scacco delle istituzioni suddette.
Il tempo è denaro, è massima che suona condanna sia per chi ha perso sia per chi ha vinto.
Così è arrivato il primo verdetto della pandemia: l’Unione europea è finita nella sua essenza. Resta il vuoto involucro consegnato agli interessi della Germania e dei suoi satelliti.
Aveva suscitato reazioni il commento di Giulio Andreotti, quando disse di amare tanto la Germania da desiderarne due.
Lungimirante, aveva compreso prima di altri che l’unione tra Est e Ovest avrebbe resuscitato lo Spirito della Grande Germania, con quel che consegue.
Tale Spirito ha posto fine, e ieri in via definitiva, alla comunità europea come concepita da De Gasperi, Schuman e Adenauer, creata proprio per contenere l’espansionismo teutonico, che aveva causato due guerre in Europa, armonizzando il destino dei tedeschi con quelli degli altri cittadini del Vecchio Continente.
Miopia criminale
La Grande Germania è ormai destino manifesto e si chiama Ue. E ora è difficile uscirne, dati i vincoli. Peraltro, tale processo ha sclerotizzato e reso miope un organismo che aveva nella duttilità la propria forza.
Una miopia ancora più evidente nell’emergenza. Mentre gli Stati Uniti hanno lanciato un piano di 2 trilioni di dollari, seguiti da Giappone e Gran Bretagna, la Ue si muove come se fossimo ancora in regime di pre-pandemia.
I soldi stanziati dagli americani, e da altri, non esistono. Alla fine della fiera anche la Ue dovrà accettare che invece sono reali: dato che nessuno potrà decretare il default degli Usa. Questione di rapporti di forza.
La Ue invece si è mossa con un occhio ai bilanci, come prima della pandemia, invece di fare la cosa più facile: seguire la via Usa, considerando che alla fine dell’emergenza si dovrà per forza arrivare a una sorta di condono globale.
In tal modo ci sarebbero stati i soldi necessari ad affrontare l’emergenza anche senza eurobond. Purtroppo non si tratta solo di miopia o rigidità, né di cattiveria. Solo brutali interessi.
L’Italia è ancora la settima economia del mondo. Ha una delle riserve auree più importanti del mondo, e l’oro in tempi di crisi vale doppio.
Possiede inoltre istituti bancari di primo rilievo e aziende più che appetibili come Leonardo (ex Finmeccanica) ed Eni (e altre); ha poi le municipalizzate dei grandi comuni, come anche i risparmi degli italiani, un tesoro vero e proprio che altri Paesi non hanno. E tante altre ricchezze, pubbliche e private, che se il Belpaese collassa possono passare di mano, come avvenuto alla Grecia.
L’Italia senza Ue
Infine, resta l’operato del governo. Su Gualtieri si è detto, sulle polemiche interne non entriamo, dato che già se ne parla ampiamente in altre sedi. Ma un punto va pure registrato.
Finora l’unico intervento del governo per tentare di arginare i danni, a parte i sussidi (a quanto pare ancora di arduo accesso), è stato quello di chiedere aiuto all’Europa.
Nessuna idea autoctona per favorire riconversioni industriali o far tornare in Italia soldi celati all’estero, né per aiutare industrie, commercio, agricoltura o piccole imprese.
Dopo mesi, finalmente è stata annunciata una commissione per la Ricostruzione, guidata da tal Colao, manager ed ex patron di Vodafone.
In una situazione tanto grave si doveva lavorare di fantasia, reclutando menti, che pure non mancano in Italia e tra gli italiani all’estero, al di là di schematismi precostituiti, partitici o ideologici.
A scorrere i nomi della commissione, che magari saranno pure autorevoli, sembra un comitato come tanti altri. Peraltro servirebbe unità, come nel Dopoguerra. Commissioni tecniche o di parte non appaiono all’altezza dell’arduo compito.
Certo, ci sono professori e manager e qualche figura istituzionale, ma la sua composizione, riferita da Adnkronos, interpella un pochino.
La prima della lista è Elisabetta Camussi, professoressa di Psicologia sociale, Università degli Studi di Milano Bicocca. A chiudere la lista è Fabrizio Starace, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’AUSL di Modena – Presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP).
Interpella. E inquieta. Roba da matti, in senso letterale.