Petrolio: sanzioni all'Iran e al mondo intero
Tempo di lettura: 3 minutiDa ieri sono tornate in vigore le sanzioni Usa contro l’Iran, che Barack Obama aveva cancellato con l’accordo sul nucleare. Sanzioni ampliate al parossismo: previste ritorsioni per aziende e Stati che compreranno il petrolio iraniano.
Così le sanzioni non sono rivolte al solo Iran, ma al mondo intero. Arrogante quanto folle pretesa globale.
Di sanzioni e ossessioni
Gli Usa vogliono portare le esportazioni di Teheran a zero. Gli ideatori di tale pensata reputano che ciò dovrebbe portarla al collasso, anche se ufficialmente si limitano a parlare di piegarla affinché receda dalle sue azioni destabilizzanti.
Nuova conflittualità viene immessa in Medio oriente. Ciò dà la misura della coraggiosa iniziativa di Obama, che a suo tempo disinnescò la possibilità di un conflitto con Teheran, ossessione dei neocon e pericolo globale.
Teheran è determinata a resistere a quella che considera un’ingiustizia, ma i Paesi decisi a conservare l’accordo sono sotto ricatto.
Alla Russia poco cale, ché tanto il petrolio lo esporta, ma per Germania, Francia e Gran Bretagna sarà dura continuare a comprare l’olio nero iraniano, nonostante i propositi in tal senso.
Gli esenti
Per la Cina è alquanto diverso. Essa compare tra gli otto Stati ai quali è stata concessa una deroga temporanea sull’acquisto di olio nero iraniano.
Il Dragone avrebbe comunque continuato a comprare. Trump, nel caso specifico, ha voluto dare un segnale distensivo che costa nulla (gran venditore), in vista dell’incontro con Xi Jinping di fine novembre.
Stesso discorso per la Turchia, che aveva già annunciato il proposito di violare l’embargo. Peraltro Ankara ha le registrazioni dell’omicidio Khashoggi e non le si può negare molto.
Anche l’India aveva fatto dichiarazioni analoghe: Washington ha già un contenzioso con Nuova Delhi, che sta comprando dai russi il sistema difensivo S-400 nonostante la sua opposizione e non poteva andare allo scontro.
L’India è strategica per contenere la Cina. Discorso, quest’ultimo, che vale anche per altri tre Stati esentati: Giappone, Corea del Sud e Taiwan.
A sorpresa, tra i “buoni” c’è l’Italia, che viene così rafforzata nel suo braccio di ferro con la Ue. Ma c’è chi vede in tale mossa un tentativo, forse goffo, di “comprarla” perché si metta di traverso nei meccanismi di difesa dalle sanzioni che sta predisponendo l’Europa.
Infine, c’è la povera Grecia, la quale ha così avuto attenzioni che Bruxelles non le ha mai dato.
Sanzioni ed elezioni
A condizionare Trump, ma in misura minore, anche i petrolieri americani, che vorrebbero sostituirsi all’Iran nel mercato.
Ad oggi però è solo una pretesa, tanto che è stato chiesto all’Arabia Saudita di compensare la produzione di Teheran per calmierare il prezzo del greggio.
Quell’Arabia Saudita che proprio ieri, coincidenza non casuale, ha iniziato a costruire il suo primo impianto nucleare, che è a scopi civili ma forse anche incivili.
Sfida ulteriore all’Iran, obiettivo naturale di un’eventuale atomica saudita. Cenno che fa comprendere meglio la portata della follia che si sta consumando.
Trump, pur cedendo alle pressioni neocon, ha voluto iniziare il gioco al massacro a ridosso delle elezioni di Midterm. Certo, c’era una tempistica tecnica, ma la mossa è stata politica: voleva i loro voti.
Altro scopo di tale tempistica è stato quello di dare inizio a tale disfida con un Congresso rinnovato.
La vittoria non decisiva di un partito democratico non più solo liberal (dati gli innesti di figure vicine a Sanders e Obama) potrebbe aiutare Trump a rintuzzare le pressioni neocon sul Medio oriente.
Ma tanta parte di questa partita si giocherà nel confronto con Putin e X Jinping, alleati di Teheran, verso i quali il presidente Usa ha inviato segnali di apertura.
Il gioco al massacro è iniziato. Nonostante gli spiragli, non può non inquietare.