Pompeo visita Israele e Libano, obiettivo le risorse energetiche
Tempo di lettura: 3 minutiMike Pompeo nei giorni scorsi ha visitato il Libano per convincere le autorità a contrastare Hezbollah. Iniziativa diplomatica collegata alla lotta all’ultimo sangue – da leggersi in senso non figurato- intrapresa da Washington contro l’Iran.
Missione difficile, dato che il movimento filo-iraniano non è solo una milizia armata che controlla il Sud del Paese. È anche un partito politico attualmente al governo in coalizione con il partito guidato da Saad Hariri, al quale fanno riferimento i musulmani sunniti.
Un’alleanza che indica che sunniti e sciiti (ché tali sono i membri di Hezbollah) possono cooperare, in contro-tendenza rispetto alla narrazione, diventata tragica realtà, dell’inevitabile competizione tra i due rami storici dell’islamismo.
Una nota di Debka sulla visita del Segretario di Stato Usa in Israele, dove è arrivato ieri per sostenere la difficile campagna elettorale di Netanyahu, appare rivelatrice del vero scopo del viaggio libanese.
Debka informa che egli è giunto in Israele il giorno precedente l’incontro tra i leader israeliani, greci e ciprioti per mettere a punto il “nuovo gasdotto che, partendo dai pozzi offshore israeliani [al largo di Cipro] attraverso Cipro e Grecia arriva in Europa”.
La sua visita servirebbe, secondo Debka, a manifestare il pieno appoggio di Washington alla nuova avventura energetica di Israele.
Un’avventura ad ampio respiro, che sta creando dissidi col Libano appunto, dal momento che Israele chiede una dilatazione dei suoi confini marittimi per poter sfruttare le riserve energetiche che si trovano al largo del Paese dei cedri.
“Ci sono più di 22 miliardi di metri cubi di gas e un miliardo di barili di petrolio al largo delle coste libanesi, siriane, palestinesi (Gaza), israeliane e egiziane”, informa Elijah J Magnier su Middle East Politics.
Il Libano ha già appaltato all’italiana Eni, alla francese Total e alla russa Novatek lo sfruttamento dei giacimenti.
Ma sul punto è in corso un’accesa disputa con Israele. Così Lorenzo Vita su Occhi della Guerra: “I due Stati non riconoscono vicendevolmente le rispettive Zee [zona economica esclusiva] e c’è un’area di 860 chilometri quadrati [di mare], che ha come vertice il promontorio di Rosh Hanikra, che entrambi ritengono di propria spettanza”.
“L’area in questione, per gli esperti, potrebbe avere un volume di idrocarburi per un valore di circa 600 miliardi di dollari. Una cifra che fa comprendere bene l’importanza di questa disputa”.
L’area, peraltro, si trova nel Sud del Paese dei cedri, controllato da Hezbollah. Si spiega anche così il senso di Pompeo per il Libano e per Hezbollah in particolare: Pompeo si sta proponendo come risolutore di questo dissidio “energetico”, ovviamente in favore di Tel Aviv (e delle aziende Usa che affiancheranno Israele).
L’avventura energetica di Israele vede un’altra contesa di confine. E riguarda il Golan, che Israele ha occupato dopo la fine della Guerra dello Yom Kippur e ora vuole incorporarlo, come ribadito alcuni giorni fa allo stesso Pompeo durante la sua visita in Israele, con significativo tour sulle alture contese (Timesofisrael).
Territorio che la Siria reclama da tempo: anche il Golan a quanto pare è ricco di risorse energetiche. Sono iniziate le esplorazioni del caso, suscitando le proteste degli ecologisti israeliani, che temono la contaminazione di un ambito da preservare.
Lo scontro tra Israele e Hezbollah, come quello tra Israele e Siria, si complica così di una variante vischiosa come l’oro nero e aleatoria come il gas. Con conflittualità crescenti.
Ps. Durante la visita di Pompeo, l’offerta di Trump di consegnare il Golan a Tel Aviv. Ne riparleremo.