Il premier giapponese Shinzo Abe visita la Cina
Tempo di lettura: 2 minutiIl premier giapponese Shinzo Abe visita la Cina, nella ricorrenza dei quarant’anni del Trattato di amicizia tra Giappone e Cina (Xinhua). È la prima volta che Abe visita la Cina da quando, sette anni fa, prese il potere.
Shinzo Abe e la sfida con Pechino
Non un passo storico, certo, né una vera e propria svolta nelle relazioni tra i due grandi rivali dell’Estremo oriente, ma certo il viaggio va segnalato come evento geopolitico di portata globale.
Già, perché Abe prese il potere dopo che lo Tsunami dell’11 marzo 2011 (i fatidici 11…) spazzò via il suo predecessore e, con lui, il vecchio Giappone, che, pur nella storica rivalità con Pechino, dopo la Seconda guerra mondiale aveva comunque evitato disfide a rischio escalation.
Abe, invece, sulla rivalità con lo storico antagonista ha puntato tutte le sue fiches. Il suo calcolo era facile: l’America, timorosa dello sviluppo economico cinese, avrebbe accolto con giubilo una più serrata conflittualità tra Tokio e Pechino. E avrebbe fatto di tutto per aiutare lui e il suo Paese a reggere tale sfida.
Una sfida che a tratti è parsa folle, dal momento che Abe ha cercato di spingerla sempre più in là, per ottenere sempre più dal suo alleato. Tanto da avviare una vera e propria corsa agli armamenti, ai quali Tokio aveva rinunciato (o, meglio, era stata costretta a rinunciare) nel dopoguerra.
Il cambio marcia di Trump
Con Trump tutto è cambiato. Il Presidente Usa sta incalzando la Cina a modo suo, abbandonando la pregressa politica di contenimento per ingaggiare un duello diretto e muscolare. Da questo punto di vista ha meno bisogno del Giappone, che infatti ha un’interlocuzione non più privilegiata con gli States.
Non solo, la distensione avviata da Trump con la Corea del Nord ha visto in Abe un irriducibile antagonista. Ma le sue lagnanze presso l’amministrazione americana non hanno trovato ascolto. E tale antagonismo, almeno ad oggi, risulta sconfitto dato che la distensione con Pyongyang, seppur non spedita, procede.
E Tokio rischia di rimanere col cerino in mano, esclusa cioè dai vantaggi economici che tale processo porterà in dono a quanti vi stanno partecipando.
Il tutto avviene mentre la Cina, nonostante il contrasto Usa, continua a crescere. Uno sviluppo del quale stanno beneficiando diversi Paesi asiatici. Anche a questo livello Tokio è in controtendenza, a suo svantaggio.
Da qui una nuova disposizione al dialogo con Pechino, cosa peraltro richiesta con insistenza, come sottolineano i media cinesi, anche dall’ambito imprenditoriale nipponico.
La visita del premier giapponese durerà tre giorni, indice che non è andato a Pechino solo per tagliare un nastro celebrativo del Trattato di amicizia tra i due Paesi.
E ha già dato un frutto: un accordo per incentivare gli scambi commerciali tra i due Paesi in yuan, bypassando il dollaro, dato che la de-dollarizzazione del commercio è uno degli obiettivi di prospettiva del Celeste impero.
Un’intesa che potrebbe anche rappresentare il primo passo per l’inserimento di Tokio nella nuova Via della Seta, il progetto di sviluppo sul quale Pechino poggia la sua proiezione globale a venire. Ma è ancora presto per una svolta tanto radicale, che vedrebbe appianati dissidi secolari.
Certo, la nuova disposizione di Abe incontrerà ostacoli e contrasto. Ma è un passo importante verso la distensione dell’Estremo oriente e consegna a Pechino altri e proficui spazi di manovra. Da seguire.