Putin e il conflitto con l'Occidente
Tempo di lettura: 3 minutiIl 6 giugno il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista a Vladimir Putin realizzata da Paolo Valentino. Pubblichiamo la parte nella quale il presidente russo viene interpellato riguardo le asserite “minacce” russe contro l’Occidente: «La Russia non parla in tono conflittuale con nessuno e in queste questioni, come diceva Otto von Bismarck, “non sono importanti i discorsi, ma il potenziale”. Cosa dicono i potenziali reali? Le spese militari degli Stati Uniti sono superiori alle spese militari di tutti i Paesi del mondo messi insieme. Quelle complessive della Nato sono 10 volte superiori a quelle della Federazione Russa. La Russia praticamente non ha più basi militari all’estero.
La nostra politica non ha un carattere globale, offensivo o aggressivo. Pubblicate sul vostro giornale la mappa del mondo, indicando tutte le basi militari americane e vedrete la differenza. Le faccio degli esempi. A volte mi fanno osservare che i nostri aerei volano fin sopra l’Oceano Atlantico. Il pattugliamento con aerei strategici di zone lontane lo facevano solamente l’URSS e gli USA all’epoca della “guerra fredda”. Ma la nuova Russia, all’inizio degli anni Novanta, lo ha abolito, mentre i nostri amici americani hanno continuato a volare lungo i nostri confini. Per quale ragione? Così alcuni anni fa abbiamo ripristinato questi sorvoli: ci siamo comportati aggressivamente? Vicino alle coste della Norvegia ci sono i sommergibili americani in servizio permanente. Il tempo che ci mette un missile a raggiungere Mosca da questi sottomarini è di 17 minuti. E volete dire che ci comportiamo in modo aggressivo?
Lei ha menzionato l’allargamento della Nato a Est. Ma noi non ci muoviamo da nessuna parte, è l’infrastruttura della Nato che si avvicina alle nostre frontiere. E’ la dimostrazione della nostra aggressività? Infine gli Stati Uniti sono unilateralmente usciti dall’Accordo sulla difesa antimissile, l’Abm, la pietra angolare su cui si basava gran parte del sistema di sicurezza internazionale. Un’altra prova della nostra aggressività? Tutto quello che noi facciamo è semplicemente rispondere alle minacce nei nostri confronti. E lo facciamo in misura limitata, ma tale da garantire la sicurezza della Russia. O qualcuno forse si aspettava un nostro disarmo unilaterale? Un tempo avevo proposto ai nostri partner americani di costruirlo insieme in tre il sistema di difesa anti-missile: Russia, Stati Uniti, Europa. Questa proposta è stata rifiutata. Allora ci siamo detti, questo è un sistema costoso e ancora non ne conosciamo l’efficacia. Ma naturalmente per garantire l’equilibrio strategico, svilupperemo il nostro potenziale offensivo strategico e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica. E vi devo dire che abbiamo fatto notevoli progressi in questa direzione».
Abbiamo riportato questa parte di intervista perché ci sembra la più interessante, anche se il presidente russo ha risposto anche a domande che meritano attenzione, in particolare sulla vicenda Ucraina, ribadendo cose già dette in passato, e sulla possibilità che la Russia possa un giorno attaccare la Nato, spiegando che «solo una persona non sana di mente o in sogno si può immaginare»
un’eventualità del genere, «del tutto infondata»; e aggiungendo che «forse qualcuno può essere interessato ad alimentare queste paure. Forse gli Stati Uniti vogliono evitare il ravvicinamento tra l’Europa e la Russia»
(sul punto rinviamo a un video alquanto significativo pubblicato su Piccolenote).
Nota a margine. L’intervista al Corriere della Sera ha un’occasione: la prossimità della visita in Italia di Vladimir Putin, che il 10 giugno si recherà all’Expo (l’unico aspetto finora rilevante dell’evento milanese) e dal Papa (la visita del 25 novembre del 2013 fu totalmente oscurata sui media dalla contemporanea pubblicazione della prima enciclica di Francesco, vedremo come andrà questa volta). Un viaggio che consente al presidente russo di allentare l’isolamento al quale lo vorrebbe costringere parte del mondo occidentale; un piccolo segnale in direzione di quella distensione dei rapporti tra Est e Ovest tanto auspicabile in un momento di tempo nel quale il mondo è afflitto da conflitti dei quali non si vede la fine.