Putin, il regime-change fallito e lo sventato rischio atomico
Tempo di lettura: 3 minuti“I neonazisti volevano che soldati russi uccidessero altri russi, che la nostra società si spaccasse, soffocasse nel sangue. Invece tutti i nostri militari, i nostri servizi speciali, sono riusciti a conservare la loro fedeltà al loro Paese, hanno salvato la Russia dalla distruzione”. Questo ieri il passaggio più importante del discorso che Putin ha tenuto alla nazione, per il resto dedicato alla Wagner (sulla quale torneremo a fine nota).
Il silenzio di Putin e il 1917
Dopo la ribellione di Prigozhin, Putin aveva taciuto per due giorni. E il mondo era in attesa di quanto aveva da dire dopo la crisi. Il presidente russo, però, ha limitato la portata delle sue parole, solo l’espressione estremamente indignata rivelava che quel dire celava ben altro. E il non detto stava tutto, probabilmente, nel cenno riferito in esergo.
In quel cenno, infatti, ha ribadito quanto aveva già detto nel discorso alla nazione precedente, che cioè il pronunciamento di Prigozhin riecheggiava la rivoluzione del ’17, affermando implicitamente che non era affatto una questione interna russa e che aveva un potenziale molto più devastante di quanto si è rivelato. Ma il presidente russo ha evitato di alzare il tiro riguardo a possibili collusioni esterne, parlando genericamente di nazisti (senza specificare ucraini).
In quanto a tali collusioni, Biden ha dichiarato che gli Stati Uniti non avevano nulla a che fare con il golpe, come del resto dichiarato dal Capo del Dipartimento di Stato Tony Blinken e dal portavoce della Sicurezza nazionale John Kirby.
Regime-change fallito: le rivelazioni bomba del NYT e i commenti surreali
Tali assicurazioni sembrano però stridere con lo scoop del New York Times, che ha rivelato come l’intelligence Usa da giorni era a conoscenza del golpe e avesse persino dato vita a diversi briefing con esponenti del Congresso.
Il NYT si premurava anche di spiegare perché avessero mantenuto il segreto: “I funzionari statunitensi pensavano che se avessero detto qualcosa, Putin avrebbe potuto accusarli di aver orchestrato un colpo di stato”. Spiegazione non solo non convincente, ma addirittura surreale.
Meno surreale l’aggiunta: “Chiaramente avevano poco interesse ad aiutare Putin a evitare una grave, imbarazzante, frattura del suo sostegno”. Resta che è evidentemente più che strano che l’intelligence Usa sapesse del tentativo di Prigozhin più dell’intelligence russa, ben più presente sul territorio.
Per questo i leader americani hanno fatto a gara a smentire le evidenti collusioni, che però restano, anche se avvolte nel mistero. Più che probabile che in America fossero coinvolti solo i falchi, con il possibile ausilio dell’intelligence britannica, gli ambiti che stanno cercando di trascinare l’Occidente nell’abisso della guerra diretta Russia – Nato (Biden tenta di frenare, ma è debole).
Di funghi atomici e allucinogeni
La follia di tentare un regime-change in Russia è alquanto evidente ed è in linea con quanto avvenuto finora. Infatti, in preda a un’allucinazione collettiva, i circoli atlantisti più aggressivi che stanno gestendo il conflitto ucraino stanno trattando il confronto con Mosca alla stregua di quello di altri Paesi finiti nel mirino delle loro guerre infinite (Iraq, Libia etc; sul punto rimandiamo a un divertente commento di Dagospia).
Tale la pazzia, che non hanno tenuto in nessun conto in fatto che, secondo la dottrina nucleare russa, rivista di recente, Mosca può usare l’atomica non solo in risposta a un attacco similare – come prevedeva la dottrina pregressa – ma anche in risposta a una minaccia esistenziale contro il Paese.
E il regime-change di cui Prigozhin si è reso protagonista rientrava in pieno in tale categoria, come da evocazione di Putin.
Al di là delle smentite Usa – d’obbligo e anche benvenute per evitare ulteriori disastri – è evidente che i dottor Stranamore nostrani stanno giocando con i funghi, sia quelli allucinogeni che quelli atomici. Un gioco pericoloso, da cui l’urgenza di chiudere la guerra ucraina.
La Wagner e l’Africa
Quanto al resto del discorso, Putin si è limitato a parlare della sorte della Wagner, spiegando che parte di essa rimarrà in Russia, chi a casa chi al fronte (ma sotto il controllo dell’esercito), mentre il resto seguirà Prigozhin in Bielorussia.
Tale trasferimento contribuirà alla difesa di Minsk, che certo si premunirà di vigilare sugli stravaganti ospiti, in particolare su Prigozhin, onde evitare sorprese.
La posizione dell’ex cuoco, nonostante la relativa amnistia presidenziale, resta critica, ma il suo ruolo lo rende necessario, almeno per ora. La Wagner, infatti, è presente in diversi Stati africani e per la Russia è essenziale preservare in qualche modo tale rete perché difende i suoi interessi geopolitici (oltre a interessi più particolari).
Per parte sua, Prigozhin ha ribadito che la sua iniziativa era dettata da amor patrio, ma nella sua difesa, ribadendo in altro modo le critiche verso la Difesa russa, ha posto ulteriori rischi riguardo la sua sorte. Putin gli ha dato una chance, ma in patria tanti spingono per l’impiccagione. Vedremo.