Putin sta perdendo la guerra in Iraq. La stupenda gaffe di Biden
Tempo di lettura: 4 minutiInterpellato dai giornalisti sulle conseguenze del fallito golpe di Prigozhin, un sorridente Biden ha risposto: “È difficile da dire, ma Putin sta chiaramente perdendo la guerra in Iraq“. Imprevedibile Biden, che inanella un’altra delle sue splendide gaffe, alcune semplicemente esilaranti, altre, come questa, rivelatrici.
Voce dal sen fuggita, con questa gaffe Biden ha detto chiaramente al mondo che se Putin è un criminale di guerra, come tale definito dai media d’Occidente, sta affrontando altri criminali di guerra, perché criminale fu quell’invasione, alla quale Biden, che ora guida la crociata anti-russa, partecipò attivamente.
La gaffe di Biden e quella di George W. Bush
Non è il solo, tra questi si annovera anche l’ex presidente George W. Bush, il presidente dell’invasione irachena, che ebbe a fare una gaffe analoga, denunciando al mondo la non provocata e brutale invasione di Putin in Iraq. Gaffe invero atipica, perché Bush reiterò lo svarione geografico per ben tre volte nel suo fatidico discorso, facendo nascere in taluni il sospetto di un errore intenzionale.
Si sarebbe trattato di un modo singolare per cercare di arginare l’ondata bellicista che stava sommergendo il mondo, ricordando che il male non stava tutto da una parte né il bene era appannaggio esclusivo dell’Occidente. Un modo come un altro per far tornare l’Occidente alla ragione, alla lucidità tanto necessaria per affrontare un conflitto che rischia di assumere forme incontrollabili (si parla di fornire all’Ucraina anche i missili a lungo raggio… altra follia).
Interpretazioni suggestive a parte, era il 19 maggio 2022 quando Bush si cimentò negli svarioni di cui sopra. Quattro giorni dopo i media americani riportavano la notizia che l’Isis aveva pianificato di ucciderlo. Notizia che ebbe certo rilievo per l’obiettivo prescelto, ma soprattutto perché l’Agenzia del Terrore sembrava aver smobilitato da tempo, come poi ha confermato la lunga latitanza successiva.
Ma evidentemente quel singulto sanguinario deve aver spaventato a morte l’ex alcolista prestato alla presidenza Usa, tanto da farlo tornare alla precedente letargia.
Così a ricordare al mondo che è esistito un tempo non troppo lontano in cui aggressori e aggrediti, per stare a distinzioni care al mainstream, erano altri, ci ha pensato il vegliardo presidente in carica.
Immaginifico Biden e gigante nelle sue gaffe. Di lui si dice che votò a favore dell’invasione dell’Iraq, legittimata dalla minaccia posta al mondo delle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.
Quando Biden convinse il Congresso sulle armi di Saddam
Ma il cenno non fa onore al presidente degli Stati Uniti, il quale ebbe un ruolo di gran lunga più importante in quel crimine, che fu brodo di coltura dei tanti mostri che, sfruttando le occasioni di carriera offerte dall’intervento, sono assurti ai vertici del potere imperiale (nella Politica, nell’esercito, nell’intelligence, nell’apparato militar industriale, nell’informazione). Vertici dai quali ora propugnano la necessità di pompare armi su armi verso l’Ucraina, così da prolungare ad libitum la guerra.
Infatti, allora Biden ebbe un ruolo da protagonista assoluto. Riportiamo da The Progressive Magazine, media che fa riferimento al partito democratico: “In qualità di presidente della commissione per le relazioni estere del Senato nel 2002 Biden disse che Saddam Hussein aveva un considerevole arsenale di armi chimiche e biologiche, compresa l’antrace, e che ‘potrebbe avere anche un ceppo’ di vaiolo, nonostante gli ispettori delle Nazioni Unite avessero riferito che l’Iraq non sembrava più avere armi a base di agenti chimici o biologici”.
“E nonostante l’Agenzia internazionale per l’energia atomica avesse dichiarato fin dal 1997 che non c’era alcuna prova che l’Iraq avesse un programma nucleare in corso, Biden ebbe a insistere sul fatto che Saddam ‘stava cercando armi nucleari’.
“Durante una delle prime audizioni della commissione da lui presieduta, il 31 luglio 2002, Biden ebbe a dichiarare: ‘Una cosa è chiara: queste armi devono essere tolte a Saddam o Saddam deve essere rimosso dal potere. Se aspettiamo che il pericolo rappresentato da Saddam diventi evidente, potrebbe essere troppo tardi”.
“In una circonlocuzione linguistica orwelliana, studiata per giustificare la risoluzione che chiedeva l’intervento, nella sessione del Senato nell’ottobre 2002 Biden affermò: ‘Non credo che questa sia una corsa alla guerra. Credo che sia una marcia verso la pace e la sicurezza’. Tutto ciò ha dato al presidente Bush l’autorità senza precedenti di invadere un paese che si trovava dall’altra parte del mondo e che non rappresentava una minaccia per gli Stati Uniti”.
Così gli errori del passato tornano a perseguitare, seppur tangenzialmente, i responsabili di quell’orrendo crimine (alcuni almeno, altri sembrano godere di totale impunità). E gettano un’altra luce sul conflitto in corso. Quella ucraina non è una guerra tra bene e male, ma tra opposti interessi (russi e americani). Riportare la guerra su questo piano geopolitico, sfrondata cioè dalle suggestioni ideali e misticheggianti dei tanti corifei consegnati alla follia bellica, è l’unico modo per porvi fine.
Una piccola considerazione a margine. Si ipotizza di chiedere ai russi, come condizione per la pace, di riparare i danni inflitti all’Ucraina. Richiesta più che legittima, ma con l’esiziale difetto di essere brandita da quei Paesi che non solo non hanno speso un dollaro o un euro per ricostruire l’Iraq da essi devastato, ma che hanno anche lucrato su quella devastazione, acquistando il petrolio iracheno a prezzi da discount (e tanto altro, vedi ad esempio alla voce “furto e rivendita” dei reperti archeologici iracheni).
Ps. Tanti asseriscono che i membri del Congresso Usa fossero stati ingannati sulle armi di Saddam. Non è così, come annota Paul Pillar su Responsibile Statecraft: “La comunità dell’intelligence aveva preparato su richiesta del Congresso dei documenti sulla questione cruciale delle possibili armi di distruzione di massa in Iraq, ma quasi nessun membro del Congresso si è preso la briga di esaminarli“.
“Uno dei pochi che l’hanno fatto, il senatore della Florida Bob Graham, che ha presieduto il comitato ristretto dell’intelligence del Senato, dopo aver letto la documentazione, concluse che la tesi dell’amministrazione riguardo le armi dell’Iraq aveva scarso fondamento. È stato uno dei soli 23 senatori a votare contro la risoluzione che approvava la guerra”.