1 Dicembre 2023

Quando Boris Johnson uccise la pace ucraina

Schröder: Russia pronta a restituire l’intero Donbass. Il ruolo della strage di Bucha...e quello, nefasto, di Boris Johnson.
Boris Johnson, precipitatosi a Kiev, disse a Zelensky:  “Non firmeremo assolutamente nulla con loro, combattiamo e basta”
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Un articolo di Strana, media ucraino ostracizzato in Russia e Ucraina, ma evidentemente filo-Kiev, ha analizzato l’intervista di David Arakhamia, nella quale il leader del Servo del popolo, il partito di Zelenky, ha raccontato che nel marzo 2022 si stava facendo la pace con i russi, ma poi tutto sfumò.

La Russia, “in cambio dello status neutrale dell’Ucraina (il rifiuto di aderire alla NATO), era pronta ad abbandonare senza combattere tutti i territori conquistati dopo il 24 febbraio 2022. Inoltre, secondo l’ex cancelliere tedesco Schröder, era pronta a restituire l’intero Donbass all’Ucraina purché godessero di ampia autonomia, sul modello dell’Alto Adige italiano”.

La Costituzione e la fiducia

Arakhamia spiega che c’erano due ostacoli: il fatto che occorreva cambiare la Costituzione, nella quale era stato inserita la norma dell’adesione alla NATO, e che non ci si poteva fidare dei russi. “Entrambi gli argomenti – scrive Strana – sono, per usare un eufemismo, controversi. Certo, è vietato modificare la Costituzione mentre è in vigore la legge marziale, ma se lo si desidera, si può trovare una via d’uscita – dopo tutto, è un problema tecnico”. E se c’è la “volontà politica”…

“Per quanto riguarda la fiducia, questa è una tesi ancora più strana, poiché secondo l’accordo non era l’Ucraina a dover ritirare le truppe, ma la Russia. Inoltre, ciò sarebbe avvenuto solo in cambio di una decisione sullo status di neutralità, decisione che avrebbe poi potuto essere revocata in qualsiasi momento. Pertanto, in questo caso, la questione della fiducia […] riguardava soprattutto Mosca, non Kiev”.

Un’altra ragione del rifiuto, secondo diversi osservatori, fu la scoperta di quanto avvenuto a Bucha, con i civili ucraini rinvenuti uccisi e torturati (sulle cui problematiche ci siamo soffermati in altre note, registrando le tante incongruenze della narrativa ufficiale che accredita responsabilità russe). Non è così, annota Strana. Infatti, “subito dopo la tragedia, [Zelensky] affermò che i negoziati con la Federazione Russa dovevano essere portati avanti”.

Il 5 aprile del 2022, infatti, Zelensky disse: “Ogni tragedia simile, ogni Bucha, si abbatterà sul nostro sul polso mentre siamo intenti a condurre una trattativa o ne perseguiamo un’altra. Ma dobbiamo trovare comunque spazi per fare questi passi”. Solo successivamente, annota Strana, “le sue dichiarazioni divennero più categoriche” (vero; detto questo, la vicenda di Bucha mise una pietra tombale su tale possibilità).

Nessuna illusione poteva essere coltivata al tempo

Zelensky, affermano alcuni, avrebbe rigettato perché era certo che, grazie agli aiuti occidentali, avrebbe vinto la guerra. Ma “tutti quelli che ricordano la situazione all’inizio di aprile 2022 – annota Strana – trovano difficile credere che allora le autorità ucraine potessero avere un simile ottimismo”.

“L’esercito russo, dopo aver ritirato le truppe dal nord dell’Ucraina, aveva lanciato un’offensiva verso est – nelle regioni di Kharkov, Donetsk e Lugansk, e l’avanzata delle truppe russe continuava nella Mariupol completamente circondata. L’esercito ucraino, dal canto suo, registrava una crescente carenza di proiettili”.

“Le prime consegne di artiglieria e proiettili occidentali iniziarono solo a metà aprile. E gli HIMARS sono apparsi solo a giugno. A quel tempo nessuno parlava affatto di forniture di carri armati occidentali e di missili a lungo raggio”.

“Inoltre, gli Stati Uniti avevano bloccato addirittura la fornitura di aerei di tipo sovietico [dai Paesi dell’Est Europa ndr]. Né in Russia vi erano ancora segni di disordini interni [il riferimento è alla rivolta della Wagner ndr]. Al contrario, era anzi chiaro che la sua economia non era crollata sotto le sanzioni e aveva resistito ai colpi più ferali”.

Il ruolo di Boris Johnson

Allora perché Zelensky ha rigettato la pace? La risposta, secondo Strana, è nell’intervista di Arakhamia quando afferma che Boris Johnson, precipitatosi a Kiev, disse a Zelensky:  “Non firmeremo assolutamente nulla con loro, combattiamo e basta”. L’accordo con la Russia, infatti, continua Strana, prevedeva che diversi Paesi dovessero firmare un trattato in cui si offrivano garanzie di sicurezza a Kiev.

Secondo Strana, con le sue parole, Johnson ha chiarito che l’Occidente non avrebbe firmato quel trattato. Questa la conclusione di Strana: “Ma se i Paesi della NATO si fossero rifiutati di fornire garanzie e le avessero date solo la Federazione Russa e, forse, Cina e Turchia, ciò avrebbe significato, de facto, una rottura completa delle relazioni dell’Ucraina con il mondo occidentale. Cosa che Zelenskyj, naturalmente, non poteva accettare”. Ma, al di là della sottigliezza, quel “combattiamo e basta” dice tutto.

Così, una guerra che sarebbe dovuta finire a marzo scorso, evitando centinaia di migliaia di morti, da una parte e dall’altra, ha continuato il suo corso. Boris Johnson, che dovrebbe essere perseguito come criminale di guerra, si prestò al gioco al massacro perché, dopo aver abbracciato la causa della guerra alla Russia, le sue disgrazie – il Partygate, cioè le feste organizzate durante i lockdown – furono presto dimenticate.

Ma è ovvio, anche da quest’ultima considerazione, che Johnson non si è mosso sua sponte. Altri lo hanno usato allo scopo, altrettanto se non più criminali di lui. “La politica è sangue e merda” è un detto di Rino Formica che si attaglia bene a quanto avvenuto all’Ucraina, in cui ambedue sono corse a fiumi.

Ps. Di tale argomento abbiamo scritto già tanto. Ma l’articolo di Strana è davvero esaustivo…