24 Marzo 2018

Lo scandalo Facebook inguaia Bolton

Lo scandalo Facebook inguaia Bolton
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“Il comitato di azione politica fondato da John R. Bolton ha assunto Cambridge Analytica specificamente per sviluppare profili psicologici degli elettori e sapeva che l’azienda stava usando i dati di Facebook”, scrive Matthew Rosenberg sul New York Times.

E così lo scandalo dei dati privati dei clienti di Facebook, che sta imperversando da giorni, lambisce anche John Bolton, appena nominato Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti dal presidente Donald Trump.

“Il comitato politico del signor Bolton, noto come John Bolton Super PAC”, scrive Rosenberg, si rivolse “per la prima volta a Cambridge nell’agosto 2014, mesi dopo la fondazione della società […] e mentre ancora raccoglieva i dati da Facebook”.

Nei due anni successivi, aggiunge Rosenberg, il PAC pagò a Cambridge Analytica 1,2 milioni di dollari per “ricerche su sondaggi”, un termine usato “dalle campagne per i sondaggi, secondo i registri delle finanze della campagna elettorale”.

Il contratto con Cambridge Analytica, del quale il NYT ha copia, descrive nel dettaglio cosa è stato acquistato: “microtargeting comportamentale con messaggistica psicografica”. Insomma, una pesca a strascico dei dati personali degli utenti facebook.

I dati e la loro elaborazione fornite alla PAC di Bolton sono infatti “derivati ​​da dati di Facebook, ha specificato Christopher Wylie, che faceva parte del team che ha fondato la Cambridge Analytica”, continua il NYT.

E la PAC era sicuramente a conoscenza di quanto stava avvenendo, almeno a stare alle dichiarazioni di Wylie: “Abbiamo sicuramente detto loro come lo stavamo facendo. Ne abbiamo parlato nelle conference call, nelle riunioni”.

La rivelazione avviene il giorno seguente la perquisizione della sede di Cambridge Analytica da parte degli ispettori dell’Information Commissioner’s Office (l’Authority britannica per la protezione della privacy).

Gli ispettori sono stati inviati sul posto dopo il rifiuto della società a far partecipe dei dati in suo possesso l’Authority.

La tempesta Facebook non si placa. Ne vedremo della belle (o brutte che sia).