Il Senato USA boccia gli aiuti all'Ucraina. Zelensky vacilla
Il Senato ha rigettato la tranche di aiuti destinati a Ucraina e Israele, 111 miliardi di dollari, con voto contrario dei repubblicani e del democratico Bernie Sanders, perché avverso a un sostegno incondizionato a Israele: “La maniera più efficace per cambiare la politica militare israeliana è chiarire a Netanyahu che non gli daremo soldi senza vincoli”, ha affermato il senatore del Vermont.
I repubblicani, invece, hanno votato contro perché vorrebbero che parte di quei soldi siano impiegati per rendere meno permeabile il confine. Il voto potrebbe avere un peso storico perché senza gli aiuti americani la guerra ucraina finirebbe. Da qui le fortissime pressioni sul Congresso perché approvasse la legge.
Le delegazioni pro-ucraina negli USA e la sparizione di Zelensky
Pressioni che si sono concretizzate con il viaggio negli States di una delegazione ucraina di alto profilo formata da Andrii Yermak, capo dell’ufficio del presidente, Ruslan Stefanchuk, presidente della Verkhovna Rada, e Rustem Umierov, ministro della difesa, che hanno incontrato membri del Congresso ed esponenti dell’amministrazione Biden.
Una visita preceduta da quella della delegazione degli Amici conservatori dell’Ucraina (CFU), guidata da Liz Truss, che esponeva il punto di vista dei guerrafondai britannici… e qui si poteva intuire che le cose sarebbero andate male, dato che la povera donna sembra portare un po’ sfortuna, anzitutto a se stessa, data la fulminate (o fulminata che dir si voglia) quanto brevissima avventura da premier, terminata dopo la morte della regina Elisabetta, defunta poco dopo la sua visita (tanto che è stata licenziata dopo l’accoglienza ricevuta dal figlio, re Carlo, che nel vederla entrare per rendere omaggio al nuovo monarca, mormorava: “È tornata…“).
Peraltro, dovendo sostenere la causa dell’Ucraina nella sua guerra contro la Russia si spera che qualcuno abbia dato qualche lezione di geografia alla povera Truss, avendo la signora scambiato dei territori russi per territori ucraini nel corso di una visita ufficiale a Mosca (con corredo di imbarazzante correzione dell’ambasciatore britannico presente).
Peraltro, il voto al Senato era stato preceduto da un articolato dossier del Washington Post (foto di apertura) che prendeva atto del fallimento della controffensiva ucraina e ne addossava tutta la colpa a Kiev, evitando di enunciare le tante responsabilità della Nato (e di Washington in particolare).
Insomma, la moral suasion dell’Ucraina era nata sotto una cattiva stella, come si è accorto anche il povero Zelensky, che ha dovuto annullare all’ultimo minuto il suo preannunciato intervento virtuale al Senato nel quale avrebbe dovuto perorare la sua causa.
I sostenitori della guerra infinita non hanno presa bene l’affondamento del disegno di legge. Pressato dai suoi, Biden ha addirittura scomodato lo spettro della terza guerra mondiale, affermando, dopo la bocciatura, che una vittoria della Russia in Ucraina avrebbe portato Mosca a una guerra contro la Nato e quindi a uno scontro diretto con gli Stati Uniti (variazione del tema della teoria del domino ideata al tempo del Vietnam… vecchi arnesi della propaganda, tornano sempre utili).
I giochi potrebbero essere fatti, la guerra finita, perché nessuno crede che l’Europa possa sopperire nel caso di un ritiro statunitense. Ma sembra che ci sia ancora spazio di manovra per quanti vogliono proseguire a ogni costo la mattanza degli ucraini. Infatti, Biden si è detto disposto a raggiungere un compromesso che tenga conto delle richieste dei repubblicani per quanto riguarda i confini statunitensi. Vedremo, tanti gli scogli da superare.
La fronda contro Zelensky
Intanto, in Ucraina la fronda contro Zelensky monta. In altre note abbiamo dato conto dell’opposizione ormai aperta del Capo delle forze armate Valerij Zaluzny, supportato dall’ex consigliere di Zelensky, Oleksij Arestovyc e dal capo dell’intelligence militare Kyrylo Budanov (peraltro, nel corso della succitata visita a Washington, il ministro della Difesa Umerov ha criticato pubblicamente Zaluzny).
A questo manipolo si è aggiunto il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, che negli ultimi giorni ha definito Zelensky un “autocrate”, e l’ex presidente Petro Poroshenko, costretto a restare in patria dalla SBU e ad annullare un incontro programmato con il presidente ungherese Viktor Orban (visita interessante ed è ovvio il motivo del diniego: l’ex cioccolataio voleva iniziare a trattare data la prossimità di Orban a Putin).
Il caso Poroshenko ha destato scalpore in Ucraina, data la restrizione pubblica. Resta che si sapeva che i due non erano sulla stessa lunghezza d’onda di Zelensky, il dato significativo è che siano venuti allo scoperto, segno che ora si può fare. L’ex comico diventato presidente è debole dati gli evidenti fallimenti militari; e la querelle sugli aiuti americani, grazie ai quali intendeva rilanciarsi, non lo aiuta.
Tutto ciò mentre per la campagna militare non si vede l’uscita dal tunnel. Per fare un piccolo esempio, la Russia ha annunciato di recente un nuovo missile in grado di abbattere anche l’ultima arma magica che dovrebbe essere fornita dalla Nato, l’F-16, il cui arrivo nel teatro di guerra è infatti continuamente rimandato…
Resta che l’amministrazione Biden deve continuare a sostenere Kiev per non arrivare alle elezioni con il marchio della sconfitta, mentre i falchi neocon non riescono nemmeno a immaginare che la loro guerra infinita abbia termine. Ma, come recita una poesia di Eliot, “Fra l’idea – E la realtà – Fra il movimento – E l’atto – Cade l’Ombra… (“Gli uomini vuoti“). Vedremo.