Siria: si scioglie il nodo "Idlib"
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Il teatro di guerra siriano vede una nuova svolta, anche se prevedibile e preannunciata dal nostro sito: il nodo della provincia di Idlib è stato sciolto, chiudendo di fatto del tutto una fase del conflitto.
Anche Idlib diventerà presto un’area di de-escalation, come viene chiamata in gergo tecnico la tregua. A dare la notizia è l’Agenzia stampa turca Anadolu, che dettaglia come Iran, Russia e Turchia abbiano trovato un accordo per garantire la tregua e il rispetto della stessa.
L’intesa è stata raggiunta ad Astana, città nella quale delegati dei tre Paesi si sono riuniti più volte per esplorare vie di pace per la Siria, supervisionando le trattative tra il governo siriano e parte delle fazioni che vi si oppongono.
I tre Paesi, che si sono fatti garanti delle aree di de-escalation, «hanno concordato in via definitiva i confini della zona di de-escalation della provincia settentrionale di Idlib», riporta Anadolu.
Idlib era l’ultima città chiave di questo conflitto: da tempo sotto il controllo delle milizie jihadiste, è stata per anni una spina nel fianco per Damasco, dal momento che da lì transitavano rifornimenti e armi destinati alle milizie jihadiste sparse nel territorio siriano.
Un nodo impossibile da sciogliere sul piano militare, dal momento che la sua prossimità al confine turco la rendeva di fatto inespugnabile. Tanto che quasi tutti gli analisti avevano pronosticato che sarebbe rimasto l’ultimo baluardo della cosiddetta “resistenza” contro Damasco.
Invece i negoziati di Astana hanno dato i frutti sperati e presto le armi taceranno del tutto nella zona: la zona di de-escalation durerà sei mesi, ovviamente rinnovabili. Sono ancora in corso trattative per definire i dettagli.
Così Anadolu: «osservatori turchi, russi e iraniani saranno schierati in punti di controllo e posti di osservazione da stabilire, secondo una dichiarazione scritta rilasciata dal Ministero degli Esteri turco» Mevlüt Çavusoglu.
«Compito principale degli osservatori sarà quello di evitare conflitti tra il regime e l’opposizione e monitorare eventuali violazioni del cessate il fuoco, ha aggiunto il ministro degli esteri».
Infine «verrà istituito un Centro di coordinamento congiunto tra la Turchia, la Russia e l’Iran» per dirigere tali forze.
Più che un accordo, sembra un’alleanza di fatto. Significativo che l’intesa sia stata raggiunta il giorno successivo all’annuncio dell’acquisto degli S-400 russi da parte di Recep Erdogan, un’iniziativa che indica una svolta geopolitica della Turchia, la quale ora sembra guardare più a Est che all’Occidente (sul punto vedi Piccolenote).
Con questa intesa, Damasco si libera di un enorme fardello e potrà concentrare le proprie forze per portare a termine l’operazione contro le milizie dell’Isis che ancora presidiano aree prossime all’altra città chiave di questo conflitto, Deir Ezzor, da poco liberata da un assedio durato tre anni; e per consolidare il suo controllo sul territorio riconquistato agli jihadisti.
La Turchia, invece, si concentrerà su quello che ora appare a Erdogan come un obiettivo primario: impedire la nascita di uno Stato curdo in Iraq e, parallelamente, contrastare l’attivismo delle milizie curde in Iraq e Siria, alimentato da quella prospettiva (nodo che andrebbe sciolto per vie diplomatiche, ma che purtroppo sembra destinato a generare ulteriori conflitti).
Ma, come accennato, l’intesa di Astana sembra consolidare a più alto livello una sorta di alleanza strategica tra Iran, Russia e Turchia. Di primaria portata geopolitica.
Nota a margine. Interessante che all’assise di Astana, oltre all’usuale presenza di osservatori statunitensi e delle Nazioni Unite, si sia aggiunto un altro osservatore: il Qatar.
Legato ad Ankara da vincoli di Fratellanza, la Fratellanza islamica appunto, che ha un ruolo decisivo in ambedue i Paesi, l’emiro del Qatar ha inteso in questo modo legare in maniera indissolubile il proprio destino a quello di Erdogan.
Pressato dai sauditi e dai suoi alleati, ai quali ha rifiutato di piegarsi, il Qatar cerca aiuto (vedi Piccolenote). E lo cerca non solo ad Ankara, cosa alquanto scontata, ma anche da Mosca e Teheran, come denota la presenza ad Astana. Un cambiamento di rotta notevole e di altrettanto notevole portata.