Il sovranismo franco-tedesco e l'immigrazione secondo Sanders
Tempo di lettura: 3 minutiTheresa May incontra Angela Merkel ed Emmanuel Macron per tentare di dilatare i tempi della Brexit, nella speranza di riuscire a trovare l’accordo che eviti una rottura brusca tra Gran Bretagna e Unione Europea.
Una notizia di cronaca politica, rilanciata da tutti i media del mondo, che nasconde altre due notizie, non meno interessanti quanto obliate.
Il sovranismo franco-tedesco
Per trattare con l’Unione europea, la May non è andata a cercare Bruxelles, ma si è confrontata con i leader politici di Germania e Francia. Ha trattato cioè con i padroni dell’Europa, per cercare un’intesa alla quale i membri di serie B dell’Unione dovranno adeguarsi.
Non solo, ma svela che la dialettica sovranisti-europeisti non appartiene alla politica, ma alla narrazione: un banale, perverso, artificio retorico.
Il sovranismo tedesco, incarnato dalla Merkel, e quello francese, ad oggi rappresentato da Macron, guidano le sorti dell’Europa. E il sovranismo nato in altri Paesi non si contrappone a un asserito europeismo, ma al sovranismo di Francia e Germania.
Il sovranismo teutonico e transalpino ha fatto danni all’Unione europea, distorcendo un organismo transnazionale creato per armonizzare i destini dei popoli continentali in un apparato al loro servizio e al servizio della grande Finanza alla quale tali sovranismi sono consegnati.
Una riforma per ri-orientare tale organismo impazzito appare necessaria.
Così, al di là delle considerazioni di merito, se cioè i vari sovranismi nati in altri Paesi europei siano migliori o peggiori dei loro antagonisti, resta che la falsa narrazione sovranisti-europeisti è funzionale allo status quo, cioè al sovranismo di sistema franco-tedesco.
Un sovranismo, quello detto europeista, che ha peraltro un difetto strutturale quanto contrario ai principi della democrazia liberale della quale si dice alfiere: quello di considerarsi e implicitamente dichiararsi, nel suo fondamento, irriformabile e irrevocabile.
L’immigrazione di Bernie Sanders
Interessante anche, sotto un altro profilo, una dichiarazione di Bernie Sanders, candidato alle presidenziali Usa per il partito democratico, il quale, seppur favorevole a una politica di integrazione, si è detto contrario alle Frontiere aperte in maniera indiscriminata.
“Non penso che sia qualcosa che possiamo fare in questo momento – ha affermato -, se apri i confini, mio Dio, c’è molta povertà in questo mondo e avrai persone da tutto il mondo”.
Lo dice un democratico convinto, non un rozzo sovranista. E dice, male (molto male, in particolare quel cenno alla povertà del mondo che sembra percepita come pericolo e non come tragedia che interpella – ma forse è una sintesi errata), una cosa alquanto ovvia: i flussi migratori devono essere gestiti (Sanders parla di una “politica dell’immigrazione”).
Insomma, c’è molta retorica anche sulla gestione dei flussi migratori, i quali vanno affrontati alla radice, creando stabilizzazione laddove dilaga la destabilizzazione.
Da questo punto di vista, ostacolo primario all’attutimento della conflittualità globale, e quindi alla stabilizzazione, è la frattura tra Oriente e Occidente, alimentata peraltro da alcuni ambiti che sponsorizzano l’apertura indiscriminata delle frontiere (come ad esempio l’Open Society di George Soros, ferocemente anti-russa).
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