Svolta nell'economia in Cina: frena e si trasforma
Tempo di lettura: 2 minutiHa fatto il giro del mondo un nuovo calcolo del Pil dell’India, che fa di questo gigante asiatico il Paese con il fattore di crescita più alto del mondo, superiore anche a quello cinese, che detiene questo primato da anni. In realtà ciò non vuol dire che il Pil indiano si appresta a superare quello cinese, che nel complesso resta molto più sviluppato, anche in prospettiva. Ma resta il dato, che Giampalo Visetti, sulla Repubblica del 19 febbraio, ha analizzato in modo invero interessante (Ma Pechino rallenta per puntare sui consumi).
Per Visetti, in realtà, la «frenata del Pil [cinese ndr.] non necessariamente indica una crisi
», ma una svolta nella politica economica del Dragone. Infatti, secondo il cronista, «l’obiettivo di Pechino […] non è più la velocità della crescita, ma la sua qualità e la sua sostenibilità
».
E ancora, Pechino ha avviato «un’epocale riforma strutturale del sistema economico. Il trentennio d’oro dell’export low cost e delle industrie pesanti si chiude e Pechino mira a inaugurare l’epoca dei servizi, dell’urbanizzazione di una classe media consumista da quasi un miliardo di persone, dell’eccellenza scientifica e delle piccole e medie imprese hi-tech […] Il “sogno cinese” del Duemila è replicare il “sogno americano” del Novecento, trasformando Pechino e Shangai in Washington e New York, e sostituendo l’Occidente con l’Oriente. Il prezzo da pagare, secondo gli economisti cinesi, sono una crescita più lenta e una cessione di competitività alle tigri emergenti dell’Asia […]. Questo significa che la Cina, decelerando, ha oggi interesse a favorire l’espansione dei giganti che la circondano, a partire dal mercato di New Delhi
».
Nota a margine. Come si vede, i dati economici, senza adeguata analisi, a volte, anzi spesso, ingannano. Resta che la trasformazione epocale, avviata da Pechino, avrà ripercussioni sempre più importanti nel mondo. Non solo a livello economico, ma anche politico.