4 Agosto 2020

Tik Tok: la guerra per l'app bambina

Tik Tok: la guerra per l'app bambina
Tempo di lettura: 3 minuti

“Una rapina alla luce del sole”. “Stile mafioso”. Così il Global Times sulla querelle nata attorno a Tik Tok, il social cinese più diffuso tra i ragazzi e i bambini del mondo, del quale Trump ha chiesto la vendita forzata.

Il social rappresenterebbe una minaccia alla Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, da cui la decisione: o vende, e Microsoft ha già avanzato un’offerta, o a settembre prossimo chiude.

Non solo Tik Tok, chi ha spinto Trump ad aprire questa nuova pagina della Guerra Fredda, o calda che sia, contro la Cina, sembra non voglia fermarsi qui.

A nome dell’ambito maccartista ormai egemone nell’amministrazione Usa, Mike Pompeo ha dichiarato che altri dispositivi cinesi seguiranno la stessa sorte, cioè o vendono agli americani o chiudono.

Un approccio al mercato alquanto brutale. La Sicurezza nazionale è usata come un maglio per coprire un’offensiva senza precedenti contro la tecnologia cinese, che Washington ha deciso di incenerire usando tutta la sua potenza di fuoco.

Quando Tik Tok ha bussato a Tulsa

Certo, su Tik Tok pesa un avvenimento recente che ha fatto infuriare Trump, quando i suoi antagonisti usarono questa app per ingannare la sua macchina elettorale e sabotare il raduno di Tulsa, impedendo con un trucco l’affluenza di massa.

Un duro colpo per il presidente, che aveva immaginato di aprire in maniera trionfale la sua campagna elettorale per rilanciare la sua immagine offuscata dai rovesci del coronavirus.

Peraltro i suoi antagonisti non solo esaltarono la beffa, ma teorizzarono che il social avrebbe potuto essere usato nuovamente nel corso della campagna elettorale in funzione anti-Trump, elogiando le varie possibilità che l’app offriva in tal senso (Piccolenote).

Insomma, il presidente non solo ha consumato una sua personale vendetta, ma ha anche tolto ai suoi avversari una sofisticata macchina da guerra. Indicativa in tal senso la data ultima fissata per il passaggio di proprietà: settembre 2020, prima cioè che la campagna per le presidenziali entri nella fase finale.

Non solo, se riuscirà a vendere Tik Tok alla Microsoft, perché di questo si tratta (con un’ingerenza doppia sul mercato, dato che è stato scelto anche il compratore), si sta comprando la neutralità – se non qualcosa in più – del colosso della tecnologia Usa in vista delle elezioni.

Tik Tok: la guerra per l'app bambina

Vignetta pubblicata sul Global Times, che rende l’idea del sentimento che aleggia in Cina….

L’estorsione e il vaso di Pandora

Ma un conto è il gioco politico americano, più o meno pulito, un conto è l’ennesima dichiarazione di guerra di Mike Pompeo alla Cina, dopo quella sul Mar Cinese Meridionale di metà luglio, quando ha dichiarato che le forze americane erano pronte a sostenere militarmente i Paesi alleati di Washington nel contenzioso nato dalle asserite pretese cinesi su quelle acque.

La minaccia di eliminare dal suolo americano il software cinese non è vuota, come dimostra la battaglia contro il 5G di Huawei, che gli Usa stanno combattendo su scala globale con vittorie significative.

Così anche la guerra al software cinese sarà combattuta in tutto il mondo, e anzitutto in Europa, che resta il mercato più importante per i prodotti tecnologici.

Fine del libero mercato, dunque, gli Stati Uniti, che ne sono stati alfieri, hanno deciso di riscrivere le regole di mercato secondo un principio semplice e chiaro: “Io so’ io e voi nun sete un…”. (ma il Marchese del Grillo aveva un’ironia romana ignota agli incendiari di Washington).

I media cinesi, come dimostrano i titoli degli articoli citati, sono furibondi. In un comunicato, il ministero degli Esteri cinese ha avvertito Washington di “non aprire il vaso di Pandora“.

Ma dall’altra parte è arduo rinvenire orecchie attente, né tantomeno occhi che possano intravedere la devastazione globale che ha provocato questo nefasto maccartismo di ritorno. La miopia sta diventando cecità.

Un’ultima annotazione deve esser spesa su Microsoft, il gigante tecnologico che dà lezioni di libero mercato al mondo. Subito dopo l’annuncio della chiusura di Tik Tok i suoi dirigenti si sono precipitati dal presidente pietendo che la donasse a loro.

Trump ha accolto la richiesta e ha anche fissato il prezzo, dato che, fissando una scadenza a breve e irrevocabile alla cessione, la controparte sarà costretta a vendere a prezzi di saldo. Un’estorsione, secondo il codice penale.