Trump a Kim: collaboriamo contro il coronavirus
Tempo di lettura: 3 minutiTrump ha inviato una lettera a Kim Jong-un per offire la sua disponibilità a “collaborare” con la Corea del Nord contro la pandemia del coronavirus. A riferirlo, sabato scorso, la Reuters, che riportava una nota della KCNA, l’agenzia stampa ufficiale della Corea del Nord.
Caro Kim ti scrivo…
Nella missiva anche un elogio di Kim: Trump, infatti, si dice “impressionato dagli sforzi del leader nordcoreano per difendere il suo popolo dal coronavirus”.
A confermare l’epistola, un esponente dell’amministrazione Usa, scrive il South China Morning Post che ne ha raccolto il commento, che però depotenzia la portata dell’iniziativa: confermerebbe semplicemente gli sforzi di Trump per creare una cooperazione internazionale anti-pandemia e non avrebbe alcuna conseguenza reale sui rapporti tra i due Paesi.
Commento che mette in evidenza nuovamente l’opera di contenimento del Deep State per impedire a Trump di trovare un accordo con Kim, che priverebbe i fautori della guerra infinita di un focus chiave della loro strategia: infatti, finché la Corea del Nord rappresenta una minaccia, si giustifica il massiccio schieramento militare Usa in Corea del Sud, che serve sia a controllare Pyongyang sia a mettere sotto pressione la Cina.
Distensione ostacolata
L’opera di contenimento ha in effetti soffocato il tentativo di Trump, come sintetizza la Reuters: “Dal terzo vertice tra Trump e Kim dello scorso giugno, e dal passetto fatto da Trump nella Corea del Nord attraverso la zona demilitarizzata tra questa e la Corea del Sud, non è stato fatto alcun progresso nel tentativo del presidente americano di convincere Pyongyang a rinunciare ai suoi programmi nucleari e missilistici”.
Non solo, “la Corea del Nord – continua la Reuters – ha lanciato una serie di missili […] nel tentativo di fare pressione sugli Stati Uniti e sui suoi alleati per eliminare le sanzioni economiche”.
Gli Stati Uniti vogliono il disarmo totale delle testate nucleari della Corea del Nord in cambio di una abolizione delle sanzioni internazionali. Pyongyang è disposta a fermare lo sviluppo delle atomiche, ma non a disarmare le attuali testate, invero appena più che simboliche (prospettiva condivisa da Trump, che però non riesce a convincere i suoi).
Kim teme di fare la fine di Gheddafi, che smantellò tutto e finì macellato dai suoi partner americani… Allo stesso tempo, nonostante alcuni passi compiuti in direzione di uno stop allo sviluppo nucleare, non ha visto alleviare in nulla le sanzioni che affamano il suo popolo.
La Corea del Nord e il coronavirus
Così di tanto in tanto, come è avvenuto nei giorni scorsi, lancia dei missili simbolici, quelli che hanno destato l’attenzione di Trump e sollecitato la sua missiva. Esibizioni muscolari che servono a fare pressioni perché il dialogo iniziato avanzi.
Nel dare notizia del lancio missilistico, Diconews riferisce che il 10 aprile si terrà la consueta sessione dell’Assemblea suprema del popolo, che “convoglierà quasi 700 esponenti politici nello stesso luogo”.
Il sito riporta le affermazioni di Rachel Minyoung Lee, analista del sito nord-coreano NK News, secondo il quale l’incontro sarebbe “la prova della fiducia (della Corea del Nord) nella gestione del coronavirus”. Infatti, non è stato registrato alcun caso di contagio nel Paese.
Certo, il governo potrebbe occultare i casi, ma l’assenza è spiegata semplicemente dall’isolamento internazionale del Paese, che lo ha preservato, come avviene per Cuba, dal flagello.
Lo scetticismo di Pyongyang
Per quanto riguarda il dialogo tra Kim e Trump, Il Scmp riporta lo scetticismo del fratello e della sorella del leader coreano (cioè il suo più ristretto inner circle).
Kim Yo Jong, sorella di Kim e di fatto sua ambasciatrice ufficiosa (rappresentò Pyongyang alle Olimpiadi invernali di Seul), ha infatti dichiarato che nonostante i buoni rapporti personali tra il fratello e Trump, “se non si garantiscono imparzialità ed equilibrio, le relazioni bilaterali continueranno ad aggravarsi”.
Trump vorrebbe questa pace: gli serve tale successo in vista delle presidenziali. Da qui l’ennesima missiva distensiva. Purtroppo non riesce a superare gli ostacoli opposti dai suoi nemici interni. Ed è difficile pensare che possa far qualcosa nel prossimo futuro.
Se è vero che ha usato della pandemia, e della necessità di una collaborazione internazionale, per riaprire tale prospettiva, è pur vero che l’emergenza che essa pone all’America gli offre pochi spazi di manovra all’esterno.
Le elezioni in Corea del Sud
Ma un altro ostacolo si profila su questa strada: a metà aprile si terranno le elezioni politiche in Corea del Sud. È un test per il presidente Moon Jae-in, che ha sostenuto con forza il tentativo di Trump.
Se il suo partito dovesse perdere, tutto si complicherebbe. Il Paese è stato investito più di altri dal coronavirus. La risposta delle autorità all’emergenza si rifletterà sulle urne, tenendo conto anche che c’è chi ha usato del virus per tentare di dare una spallata al presidente, attraverso una raccolta di firme che ne chiedeva la rimozione.
Ad oggi la risposta sudcoreana è vista come un modello vincente (vedi National Interest). Ma è da vedere se in tal modo è percepita dai cittadini. Inoltre, incombe il rischio di un nuovo focolaio, che cambierebbe le cose. Resta, comunque, la lettera di Trump, che indica la fermezza del suo proposito. Da registrare.