Trump apre a un accordo con Teheran
“Donald Trump si è dichiarato disponibile a colloqui con l’Iran su una nuova versione dello storico accordo sul nucleare che lui stesso ha stracciato quando era presidente. Trump, parlando ai giornalisti giovedì a New York City, non è entrato nei dettagli su cosa cercherebbe in un eventuale accordo se venisse rieletto, ma ha affermato che i colloqui sono necessari a causa della minaccia rappresentata dal tentativo dell’Iran di acquisire armi nucleari”. Così sul sito Politico di ieri.
Nell’incendio che divora il Medio oriente, e con Netanyahu che vola all’Onu per allarmare il mondo sui pericoli posti dall’Iran – descritto come la centrale del Terrore globale – per cercare di intruppare tutti nella sua crociata anti-Teheran, le parole del candidato repubblicano alla Casa Bianca appaiono scolpite sulla pietra.
Coraggioso, Trump, già scampato a due tentativi di assassinio, perché sa perfettamente che la sua apertura, pur se ammorbidita dalla necessità di limitare i danni per Israele (peraltro, è la stessa argomentazione con la quale Obama spinse per fare l’accordo), gli procurerà ulteriori nemici e farà infuriare ulteriormente quelli che già ha.
Perché un accordo con Teheran sul nucleare, che farebbe decadere le sanzioni che affliggono il Paese, è la modalità più lineare per stemperare le spinte eversive che da anni sconvolgono il Medio oriente, con picchi esplosivi di cui quello attuale rappresenta il culmine potenzialmente più distruttivo, dati i rischi di allargamento globale.
Proprio le conseguenze delle sue dichiarazioni, che pongono ancora più a rischio la sua vittoria (nonché la sua incolumità), dicono più di altre argomentazioni che non si tratta di un flatus vocis, ma di una dichiarazione programmatica.
Le apparenti contraddizioni di Trump
Di certo potrebbero apparire contraddittorie a quanti non hanno colto, in buona o cattiva fede, la complessità del malmostoso puzzle mediorientale e il rapporto che ha avuto e ha Trump con tale maelstrom impazzito e con Netanyahu, attore protagonista di tale pazzia.
In realtà, Trump non aveva alcuna intenzione di stracciare l’accordo sul nucleare siglato con Teheran da Obama e avversato ferocemente dai falchi americani che condividono con Netanyahu, da decenni, l’ossessione per una grande guerra mediorientale che incenerisca l’Iran, baratro verso il quale stanno tentando di trascinare il mondo intero.
Trump fu costretto a stracciare l’intesa dal potente ambito dei neoconservatori, appunto, che avevano in John Bolton il loro uomo a corte, al quale Trump non poteva opporsi dal momento che parlava per conto di essi. Il presidente, invece, tentò in tutti i modi di trovare un accordo con Teheran, come ha scritto nero su bianco lo stesso Bolton in un suo dimenticabile libro (vedi New York Times).
E proprio sull’Iran e la sua distruzione si ha la più stretta convergenza tra i neoconservatori e Netanyahu (vedi “’Parthia Delenda Est’: la guerra in Medio Oriente di John Bolton” su the Imaginative conservative). E sempre sull’Iran si ha la più acuta distanza tra il presidente israeliano e Trump.
La bizzarra diplomazia di Trump
Il tycoon prestato alla politica ha così rilanciato la sua vocazione diplomatica, fatta di feroci esternazioni verbali contro gli avversari dell’America per attutire il fuoco di sbarramento dei dei suoi nemici interni verso le sue aperture.
Lo ha fatto con la Corea del Nord, dove a un feroce diverbio verbale con Kim Jong-un ha fatto seguito un insistito tentativo di appeasement, mandato in fumo dai neocon (il solito Bolton e Mike Pompeo, allora Segretario di Stato). Si è ripetuto nell’occasione con questa improvvisa apertura a Teheran, che ha fatto seguito a esternazioni più che vivaci contro l’Iran.
Questa “sorprendente” apertura all’Iran, come la definisce Politico, va aggiunta a quanto Trump ha dichiarato subito dopo il secondo attentato di cui è stato fatto segno (al quale è scampato un’altra volta per un soffio).
In un’intervista rilasciata al podcaster Farokh sulla piattaforma X, oltre a raccontare i momenti dell’attentato e a dilungarsi sulle consuete spavalderie, in un passaggio ha affermato “non penso che Russia e Cina siano nostri nemici, penso che andremo molto d’accordo con la Cina, che andrà molto bene con la Russia. Voglio che la Russia si metta d’accordo con l’Ucraina per impedire che muoiano milioni di persone”.
Detto questo, non pensiamo certo che Trump sia la panacea dei mali del mondo, né che sia un ingenuo pacifista, ma in questo momento di pericoloso caos è certo preferibile alla sua competitor, con la quale si sono schierati con decisone i neoconservatori e che ha nella rediviva e bellicosa Hillary Clinton il suo nume tutelare.