Trump e Putin aprono il dialogo sulle armi nucleari
Tempo di lettura: 3 minutiAll’inizio di questa settimana Marshall Billingslea ha annunciato che terrà un incontro con i russi per estendere il trattato sul controllo degli armamenti nucleari in scadenza a febbraio (Washington Post).
Si tratta dell’unico trattato sulle armi nucleari ancora in vigore, dopo che Trump ha stracciato quello riguardante le testate atomiche a medio raggio.
L’annuncio di Billingslea, Sottosegretario di Stato delegato al controllo degli armamenti e alla sicurezza internazionale, non arriva a sorpresa. Il 1° giugno, infatti, Trump aveva comunicato di aver telefonato a Putin per invitarlo al prossimo G7, che tornerebbe di fatto G8, nel quale vorrebbe fare una non meglio specificata proposta al suo omologo russo.
Secondo il Carnegie Endowment for International Peace, nel corso della conversazione telefonica “il presidente degli Stati Uniti ha anche ‘ribadito la necessità di un efficace controllo degli armamenti'”.
“Il Cremlino – continua il CEIP – ha affermato che Putin e Trump hanno parlato dello sviluppo di una cooperazione reciprocamente vantaggiosa per quanto riguarda lo spazio e della necessità di intensificare un dialogo russo-americano sulla stabilità strategica e sulle misure per rafforzare la fiducia reciproca nella sfera militare”.
Il no di Pechino e il G7 anti-cinese
Billingslea ha affermato che è stata fissata anche una data per l’incontro con i russi, che ovviamente sarà solo preliminare. All’incontro è stata invitata anche la Cina, che, però, come avvenuto in precedenza, ha declinato l’invito (Xinhua).
La partecipazione di Pechino sarebbe importante, perché rappresenta il vero casus belli, dato che Washington vorrebbe vincolarla a un trattato sulle armi nucleari per evitarne il libero riarmo.
Per parte sua la Cina non ha alcun interesse ad aderire: oggi la sproporzione tra gli arsenali Usa e cinesi è immensa, e teme di essere vincolata a un accordo che fissi tale sproporzione a vantaggio del suo antagonista globale.
Si aggiunga la nuova aggressività anti-cinese che spira a Washington, che rende Pechino diffidente riguardo alle intenzioni americane.
Aggressività che Trump porterà al G7 che si terrà prima delle presidenziali Usa e che, stando alle premesse, il presidente degli Stati Uniti sembra voglia trasformare in un tribunale che condanni Pechino per il danno globale provocato dal virus – del quale sarebbe appunto responsabile – e le infigga le pene del caso.
Non otterrà granché su tale fronte, a parte forse una qualche formula di condanna alquanto blanda e qualche misura che vada nella direzione di rendere più ardui i rapporti economici tra l’Occidente la Cina, ma spera comunque di intruppare nella crociata anti-cinese i partecipanti, così da poterli aggiogare nuovamente al traino americano.
Strategia che cerca di percorrere anche con Mosca, nel tentativo di porre distanze tra questa e Pechino, ma che al momento è destinata al fallimento, troppo importante essendo la Cina per l’economia russa.
L’iniziativa di Trump sulle armi nucleari giunge dopo la decisione di Putin di rivedere la dottrina strategica della Russia riguardo all’uso dissuasivo delle testate atomiche.
La nuova dottrina nucleare della Russia
Se la vecchia dottrina prevedeva l’uso delle armi nucleari solo come reazione a un attacco di eguale natura, la nuova consente alla Russia “di utilizzare le armi atomiche in risposta a un attacco convenzionale critico contro il governo o le sue infrastrutture militari”, sintetizza il Carnegie Endowment for International Peace.
“Includendo un attacco non nucleare come possibile fattore scatenante di una ritorsione nucleare russa, il documento sembra inviare un segnale di avvertimento agli Stati Uniti”, continua la nota.
“La nuova formulazione ampliata riflette le preoccupazioni russe sullo sviluppo di nuove armi che potrebbero dare a Washington la possibilità di mettere fuori combattimento le strutture militari strategiche e siti governativi senza ricorrere alle armi atomiche”, conclude.
A quanto pare Trump ha recepito il messaggio, o meglio ha usato del messaggio alto e forte inviato da Mosca per convincere i suoi refrattari consiglieri che la sua strategia volta a ricercare una distensione con la Russia di Putin è inevitabile.
Strategia che ora può perseguire più liberamente, dopo l’evaporazione del Russiagate, che, denunciando suoi indebiti quanto inesistenti rapporti con Mosca, ne ha ostacolato lo sviluppo.
Il dialogo sul tema è dunque iniziato. Probabile che Trump voglia chiudere un qualche accordo con Mosca prima delle elezioni di novembre, per presentarlo agli elettori come segno tangibile che le sue promesse di avviare un rapporto meno conflittuale con Mosca sono state portate avanti.
I tempi, però, sono davvero stretti per un’intesa tanto complessa, complicata ancor più dalla controversia cinese: sia che partecipino al dialogo sia che non vi partecipino, la variabile cinese rende più impervia la costruzione di un sistema di contenimento nucleare tra Mosca e Washington, perché deve trovare anche una declinazione in cinese.
E però, il fatto che Trump abbia invitato Putin al G7 e che abbia aperto le porta a un nuovo trattato sulle armi nucleari indica che il secondo mandato del presidente, se sarà rieletto (oggi è in dubbio), potrebbe riservare sorprese. Da qui anche la guerra scatenata per impedire tale prospettiva.