21 Gennaio 2024

Trump non si ferma. E il Ceo di JP Morgan lo elogia

DeSantis pensa di abbandonare, la Haley fa gaffe indicibili. E il Ceo di JP Morgan dice che Trump aveva ragione su Nato, Cina e tanto altro
JPMORGAN-CNBC-TRUMP-DERSPIEGEL. Trump non si ferma. E il Ceo di JP Morgan lo elogia
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Le speranze nutrite dall’establishment americano di fermare Trump già alle primarie repubblicane si affievoliscono. La vittoria in Iowa del “puzzone” è stata schiacciante quanto scioccante per i suoi nemici.

In realtà, era destino manifesto: bastava stare alla realtà piuttosto che alle narrative mainstream, che hanno il vizio di sovrapporre ad essa i propri desiderata e spacciarli come dogma inconfutabile.

Risvegliato alla dura realtà, l’establishment si interpella sulle residue possibilità dei propri beniamini – Ron DeSantis e soprattutto Nikki Haley – di strappare al tycoon la nomination. E qui le cose si mettono davvero male.

Così Nicholas Nehamas sul New York Times: “Dopo l’umiliante sconfitta in Iowa, il governatore della Florida Ron DeSantis sta iniziando a segnalare che si sta costruendo una via d’uscita dalla corsa per la nomination dei repubblicani alle presidenziali; sembra, infatti, che stia prendendo atto che ha scarse prospettive di battere Donald Trump a causa dei sondaggi poco promettenti nel New Hampshire e nella Carolina del Sud”, dove si terranno le prossime consultazioni.Ron DeSantis Is Quietly Starting to Build His Off-Ramp From 2024DeSantis, infatti, aggiunge il NYT, ha iniziato a dire che gli attuali elettori di Trump voteranno lui nel 2028, spostando il focus delle sue prospettive politiche verso le prossime presidenziali. Informazioni che si accordano con quanto avevamo rilevato da altre fonti, che già prima dello Iowa segnalavano come le fila dei suoi finanziatori e dei suoi stessi collaboratori si stavano assottigliando.

Se DeSantis sarà conseguente, a Trump resterà da regolare i conti con la più tenace Nikki Haley, la cui stella, però, si sta appannando a causa di una serie di stralunate gaffe, la più eclatante delle quali è stata quella sulla guerra civile americana.

La Haley e le sue gaffe

La gaffe è raccontata in maniera stupenda da Sidney Blumenthal sul Guardian: “Qual è stata la causa della guerra civile negli Stati Uniti?” Gli è stato chiesto nel corso di un comizio-confronto nel New Hampshire . Alla domanda, annota il cronista, la Haley “ha reagito come se fosse stata minacciata fisicamente. Ha subito dato le spalle all’interlocutore, ha respirato affannosamente al microfono e si è allontanata di corsa. Poi, voltandosi di nuovo per affrontare la folla, è rimasta silente. Quindi, dopo essersi ricomposta, ha risposto con tono accusatorio: ‘Beh, non fai una domanda facile'”.Nikki Haley’s comment on the US civil war was no gaffe“Ovviamente, la risposta era facile per qualsiasi studente di terza media. Ma per la Haley era a tema il nocciolo duro della storia e della politica della Carolina del Sud, di cui è stata governatrice”, una storia che si interseca col razzismo, che perdura tuttora. Per questo “ha battuto in ritirata come se fosse stata colpita, non perché non conoscesse l’ovvia risposta, ma perché sa che la situazione è più difficile ora di quanto non sia stata negli ultimi decenni”.

Quindi, la lunga risposta della candidata, centrata sulla disfunzione del governo di allora e sull’aspirazione alla libertà dei cittadini. Quindi, continua Blumenthal, la Haley “ha fissato il suo interlocutore nella speranza che la sua ondata di verbosità lo avesse sopraffatto. ‘Per me è sorprendente che, nel 2023, risponda a questa domanda senza neanche menzionare la parola ‘schiavitù”, ha osservato questi. Al che la Haley “ha ribattuto con la sua stessa domanda, come se si trattasse di un battibecco: ‘Cosa vuoi che dica sulla schiavitù?’. Voleva che il cittadino rispondesse per lei. ‘Hai risposto tu alla mia domanda, grazie’, ha concluso. Con ciò aveva vinto il dibattito. Quindi, la Haley si è nuovamente allontanata e ha detto: ‘Prossima domanda’”.

Abbiamo riportato il resoconto perché la figura barbina sta perseguitando l’aspirante candidata (peraltro, va ricordato che a lottare per l’abolizione della schiavitù fu il partito repubblicano, che lei dovrebbe rappresentare…). Lo annota, tra i tanti, anche Charles Blow sul New York Times, che nel suo articolo riporta un’altra chicca della Haley, quando ha negato che l’America abbia mai conosciuto la discriminazione razziale.

A questa rara perla di saggezza dedica un articolo Vanity Fair, del quale riportiamo l’incipit:  “In risposta a una domanda del co-conduttore  di Fox & Friends Brian Kilmeade, che ha chiesto alla candidata se pensasse che il GOP fosse un ‘partito razzista’. La sua risposta completa è stata ‘No. Non siamo un paese razzista, Brian. Non siamo mai stati un paese razzista’”.Nikki Haley Follows Up Cringey Civil War Remarks by Declaring the US Has “Never” Been a Racist CountryCerto, Blow annota che anche Trump si lancia in dichiarazioni più che controverse, quanto ripugnanti per i suoi nemici, “ma ciò che funziona per lui fallisce per lei. Gli elettori repubblicani hanno da tempo elevato Trump allo status di eroe popolare e di divino liberatore. Lo giudicano con un metro tutto suo. Per quanto riguarda la Haley, la stessa tattica sembra forzata e debole. Le sta bene come un vestito preso in prestito. Così, con il passare dei giorni e delle settimane, la Haley rimpicciolisce”.

Non solo, pesa su di lei il fuorionda di Cris Christie, altro candidato repubblicano già ritiratosi, che nel corso di un dibattito televisivo ha pronosticato: “Sarà incenerita“. E, certo, peseranno non poco sul voto gli scoop dell’ultima ora sui reiterati tradimenti coniugali della rubacuori neocon, che in America risultano più gravi delle sue aspirazioni a bombardare mezzo mondo.

La paura dei potenti e l’endorsement di Dimon per Trump

Così, con Trump che sembra riuscire a difendersi dalle tante trappole giudiziarie tese sul suo cammino e con i suoi avversari in declino, l’establishment americano e il subordinato establishment europeo sono andati nel panico. Tornano a riecheggiare impazzite le accuse contro il “puzzone”, gli allarmi sulla sua propensione dittatoriale e quanto altro. E si fanno più concitate le manovre per fermarne a tutti i costi la corsa.

Paure, allarmi e congiure che hanno accompagnato il Forum di Davos, dove ogni anno i potenti – almeno parte di essi – si riuniscono in concistoro. Così titolava la Cnbc: “Uno dei temi più discussi di Davos è Il potenziale ritorno di Trump alla Casa Bianca”.

Ma, sempre a Davos, l’affondo in controtendenza di Jamie Dimon, Ceo di JP Morgan e storico finanziatore del partito democratico: “Siamo onesti – ha detto in un’intervista che ha fatto il giro del mondo – Trump aveva ragione sulla Nato, sull’immigrazione, ha fatto crescere abbastanza bene l’economia, la riforma fiscale ha funzionato, aveva ragione in parte della Cina”.

Quindi, dopo aver detto di non aver gradito affatto la definizione di Trump del Covid come “virus cinese” e la sua politica verso il Messico, aggiungeva che “non aveva torto su alcune questioni critiche ed è per questo che la gente lo vota”, concludendo che bisogna aver rispetto per i suoi elettori, demonizzati in maniera stolida dai suoi antagonisti politici e dai media mainstream.

Tante le incognite sulle presidenziali, ma chi sperava di chiudere in fretta la partita col “puzzone” è andato deluso, anche perché l’endorsement di Dimon indica che l’establishment non è compatto, anzi.

Va infine notato che, dopo la vittoria in Iowa, Trump ha affermato che, se eletto, risolverà in breve tempo la guerra del Medio oriente e quella ucraina. Non una sparata da bullo, come viene definita dai suoi detrattori, ma un appello al mondo perché lo aiuti a vincere il duello all’ultimo sangue che ha ingaggiato contro neoconservatori e liberal, che avversano il puzzone perché fattore più che ostativo alle loro guerre infinite.