16 Luglio 2024

Trump sceglie Vance, l'establishment schiuma rabbia

La scelta appoggiata da Tucker Carlson e Elon Musk. Nella sua prima intervista, da candidato vice, Vance dichiara che Israele deve porre fine alla guerra di Gaza "il più rapidamente possibile".
Trump sceglie Vance, l'establishment schiuma rabbia
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Trump ha scelto J.D. Vance come vicepresidente. In una nota pregressa accennavamo al fatto che l’ex presidente avesse davanti due scelte: un uomo di establishment come fu nel 2016 Mike Pence, cioè una scelta di compromesso, oppure un rappresentante del diversificato ambito Maga, quindi una scelta di rottura. E rottura è stata, tanto che i media di establishment schiumano rabbia.

J.D. Vance

Una scelta intelligente e appoggiata dai trumpiani più lucidi, come ad esempio l’anchorman Tucker Carlson, e soprattutto Elon Musk, che ha subito aperto i cordoni della borsa, comunicando che finanzierà la campagna di Trump con 45 milioni di dollari al mese.

Velenoso il commento del New York Times, secondo il quale in tal modo Musk “ha rotto con la tradizione consolidata dai leader di altre importanti aziende di social media, nessuna delle quali ha mai sostenuto un candidato presidenziale”. Davvero imbarazzante come commento, basta ricordare come i social abbiano contribuito massivamente alla vittoria di Biden del 2020, imperversando contro i messaggi di Trump, per poi bannarlo in via definitiva, e oscurando i profili di suoi alleati e sostenitori.

Elon Musk Enters Uncharted Territory With Trump Endorsement

Al di là delle ipocrisie del potere, la scelta di portare sugli scudi Vance non ha solo lo scopo andare allo scontro frontale con l’establishment, che d’altronde non poteva evitare come dimostrano i recenti accadimenti, ma ha anche uno scopo più sottile e decisivo.

Essendo Vance un “clone” di Trump, come da definizione di Biden, scegliere lui ha anche una valenza protettiva: se qualcuno riprovasse a far fuori l’ex presidente, stavolta riuscendoci, il candidato repubblicano sarebbe comunque un suo uomo, che il “martirio” del tycoon renderebbe intoccabile. Ciò dovrebbe sconsigliare il ripetersi di incidenti in stile Butler.

Per quanto riguarda Vance, tanti hanno sottolineato la sua forte connotazione religiosa. Cattolico, avrà forse sorriso per la coincidenza temporale che ha visto l’attentato andato a vuoto contro Trump consumarsi il 13 luglio, giorno dell’ultima apparizione di Fatima, quando la Madonna ha promesso ai tre fanciulli che, alla fine dei tempi, il suo cuore immacolato avrebbe trionfato (lo hanno notato, ad esempio, alcuni siti cattolici americani).

Ma al di là dei richiami al soprannaturale, e per tornare alla nuda cronaca, tutti hanno ricordato che Vance si è distinto per la sua posizione sulla guerra ucraina, riguardo la quale ha chiesto un ritorno al realismo, abbandonando le tragiche quanto illusorie fantasie che hanno dominato la politica occidentale alimentando il suicidio collettivo di una nazione non più sovrana (vedi un suo intervento ripreso su Piccolenote).

Altri, invece, hanno sollevato dubbi circa un’asserita subalternità di Vance alla lobby ebraica, che ha certa influenza in America. Vero, ha rapporti con essa, ma è vero anche che li hanno più o meno tutti i politici made in Usa, tranne eccezioni che confermano la regola.

Di interesse, sul punto, notare che, nella sua prima intervista dopo esser stato scelto da Trump, abbia detto che Israele deve porre fine alla guerra di Gaza “il più rapidamente possibile”. Non che ciò garantisca un’equidistanza nel conflitto israelo-palestinese, ma è davvero difficile pensare a qualcosa di peggio delle tragiche ipocrisie dell’attuale amministrazione, che parla di tregua e invia bombe da 2mila libbre a Tel Aviv.

J.D. Vance urges 'Israel' to end Gaza war 'as quick as possible'

Dopo lo scampato pericolo di Trump, Biden si rafforza

Lo scampato pericolo di Trump ha rafforzato anche il suo senescente competitor, che ha visto raffreddarsi il pressing perché si faccia da parte esercitato dagli stessi ambiti che ritengono Trump una minaccia esistenziale.

Certo, è difficile per chi vede il mondo in bianco e nero – tale la legge della semplificazione mediatica e passionale, tale il teatrino che pure va conservato tra competitor – comprendere certe dinamiche della Politica con la P maiuscola, ma, a rischio di non essere compresi, ribadiamo che i due competitor si sostengono a vicenda: simul stabunt simul cadent.

Basta leggere i media americani odierni per capire che Biden è più forte di prima e non certo per caso. Tanto che, come scrive il New York Times, “i leader del Comitato Nazionale Democratico puntano a un processo che formalizzi la sua nomina entro la fine di luglio, anche se i Democratici restano fortemente divisi sulla sua candidatura”. Cioè l’idea è di anticipare i tempi.

Biden Calls J.D. Vance a Trump ‘Clone’ as Democrats Label Him an Extremist

Certo, i venti anti-Biden potrebbero riprendere a soffiare, ma ad oggi è molto più probabile che sia lui a sfidare Trump. E, al momento, Biden non ha alcuna speranza contro Trump.

Una delle possibili sorprese è che, dopo Trump, sia Biden a subire qualche incidente in stile Butler. Indicativo, in tal senso, l’articolo di Politico: “FBI e DHS avvertono di possibili ritorsioni dopo l’attacco a Trump”.

Dove DHS sta per Department of Homeland Security, organismo creato nel 2002 dai neocon andati al potere nel post 11 settembre – e da essi gestito – che dovrebbe garantire la sicurezza interna del Paese e che ha dato spettacolo in quel di Butler con le tante falle, diciamo così, evidenziate nella protezione di Trump. Un candidato alternativo che potesse presentarsi alle presidenziali come l’erede del “martire” Biden avrebbe possibilità.

Ma all’incerto futuro si contrappone il più concreto presente, che vede il Trump miracolato dar spettacolo di moderazione alla Convention repubblicana, che ha il compito di rendere ufficiale la sua candidatura. Un passo che all’usuale valenza politica associa una solennità mai avuta in passato.

Infatti, per riprendere il titolo di uno scritto di Ross Douthat sul New York Times, ormai Trump, dopo l’attentato e le immagini iconiche successive agli spari, è diventato “l’uomo del destino”.

Non per questo i suoi feroci avversari si daranno per vinti, tanto che Douthat conclude affermando che gli uomini del destino sono destinati a “cadere come un sacco vuoto”, come avvenne per Napoleone identificato come tale da Hegel.

“Ma per batterlo […] — scrive Douthat — bisogna fare di più, andare oltre, rischiare molto, diventare qualcosa che non ci si aspettava. Perché in una lotta con un uomo del destino, non c’è una normalità da ripristinare”. Insomma, la lotta continua e, come per la guerra Ucraina, riserverà altre pericolose escalation.