14 Settembre 2022

Ucraina: la controffensiva e il ridispiegamento russo

Combattimenti in Ucraina. Ucraina: la controffensiva e il ridispiegamento russo
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Con il passar dei giorni le cose si fanno più chiare riguardo alla sorprendente offensiva ucraina nella regione di Kharkov. Riportando il senso di un articolo del New York Times – che esplicitava quanto si sussurrava nel privato  in questi giorni -, Melkulangara Bhadrakumar, analista che scrive per Indian Punchline, spiega che tutto è iniziato con il ridispiegamento dell’esercito russo, il quale si è ritirato dall’area, troppo esposta ai diuturni attacchi e a possibili offensive massive, per attestarsi sul fiume Oskol.

Contenimento delle perdite e memorie della II guerra mondiale

Un ritiro graduale, segreto, per evitare, appunto, di attirare l’attenzione dell’esercito ucraino. Così Bhadrakumar: “L’intelligence americana ha avuto notizia dell’assottigliamento della prima linea russa a Kharkov, avvenuto nelle ultime settimane come parte di un più ampio ridispiegamento dell’esercito, e ha condiviso l’intelligence con Kiev, che ovviamente ha agito di conseguenza”.

In realtà quell’area non interessava i russi, scrive ancora il cronista indiano: “a marzo, quando le forze russe hanno preso il controllo di Izyum, si presumeva che ciò avrebbe favorito la preparazione di un’operazione da nord verso la città di Sloviansk nel distretto di Kramatorsk della regione di Donetsk. Ma come si è scoperto negli ultimi 4 mesi, i russi a quanto pare hanno rinunciato del tutto a quell’idea”.

Ciò spiega anche il fatto che i russi abbiano subito poche perdite nell’attacco e che gli ucraini siano penetrati come burro nel territorio controllato dal nemico, seppur subendo pesanti perdite a causa dell’intenso fuoco di artiglieria.

A spiegare il perché fosse necessario tale ridispiegamento è un articolo pubblicato su al Manar, che rievoca la battaglia di Izyum avvenuta nel corso della Seconda guerra mondiale, nella quale l’esercito russo subì perdite catastrofiche.

“Il 17 maggio arrivarono [nell’area interessata alla battaglia] il 3° Corpo Panzer tedesco e il 44° Corpo d’armata al comando di Fedor von Bock, supportati dall’aviazione, cosa che consentì ai tedeschi di lanciare l’operazione Fridericus, spingendo indietro la testa di ponte sovietica da Barvenkovo ​​a sud”.

“Il 18 maggio, il [maresciallo Semyon] Timoshenko chiese il permesso di ritirarsi, ma Stalin rigettò la richiesta. Il 19 maggio, Paulus lanciò un’offensiva massiccia a nord mentre le truppe di Bock avanzavano verso sud, allo scopo di accerchiare i sovietici nel saliente di Izium”.

“Rendendosi conto del rischio di ritrovarsi con l’intera armata circondato, Stalin autorizzò il ritiro, ma a quel punto le forze sovietiche avevano già iniziato a essere accerchiate. Il 20 maggio, le forze sovietiche quasi accerchiate lanciarono controffensive, ma nessuno dei tentativi riuscì a sfondare le linee tedesche. I sovietici vinsero alcune piccole battaglie il 21 e 22 maggio, ma il 24 maggio furono circondati vicino a Kharkiv…”.

Da tempo i russi attendevano la controffensiva ucraina, così hanno rafforzato le linee là dove era possibile difendersi, per evitare perdite pesanti. Il fatto che i guadagni territoriali ucraini siano alquanto relativi, e poco influenti sull’esito della guerra – anche se più che efficaci sul piano della propaganda -, secondo Bhadrakumar sarebbe palesato anche dalle reazioni dei più alti esponenti dell’amministrazione Biden.

La controffensiva ucraina e le prudenti dichiarazioni USA

Interpellato sulla controffensiva nel corso della sua recente visita a Kiev, Blinken ha dichiarato: “Sì, abbiamo ricevuto un aggiornamento completo sulla controffensiva… è molto presto, ma stiamo vedendo chiari e reali progressi sul campo, in particolare nell’area intorno a Kherson, ma anche alcuni sviluppi interessanti nel Donbass a est. Ma ancora una volta, siamo ai primi giorni”.

Ma colpiscono soprattutto le dichiarazioni, sempre sulla controffensiva, del generale Mark Milley, Capo degli stati maggiori unificati dell’esercito Usa, in  un’intervista rilasciata alla National Public Radio: “È un compito molto, molto difficile quello che gli ucraini stanno assolvendo, combinando la loro offesa con le manovre”.

Insomma, tanta la cautela nell’amministrazione Biden. Questo spiega anche perché le unità di riserva russe, poste a difesa mobile della prima linea, non sono intervenute. Infatti, anche in caso di disfunzioni nella catena di catena di intelligence e di comando, avrebbero dovuto far qualcosa per favorire la ritirata dei loro commilitoni, ma si sono limitati a sparare da lontano.

E ciò spiega anche la reazione delle autorità russe, in particolare il fatto che hanno escluso categoricamente di incrementare la leva militare per supportare le operazioni ucraine.

Insomma, russi speravano di ripetere quanto avvenuto all’inizio della guerra, quando l’armata dispiegata nei pressi di Kiev si è ritirata nel Donbass senza problemi, ma gli è andata male, offrendo all’Ucraina la possibilità di un’incursione praticamente indisturbata in territorio nemico.

E se quella ritirata fu celebrata come una gloriosa vittoria della resistenza, è ovvio che l’attuale sia celebrata in maniera ancora più enfatica.

Ma in realtà, per l’estio della guerra, poco è cambiato. Lo sanno bene anche gli ucraini, che hanno subito perdite enormi negli ultimi giorni, tanto che stanno predisponendo nuove offensive.

Nuovi incendi nell’area ex URSS

I russi parlano di un dispiegamento di forze “colossale” a Zaporozhye e di un incremento delle attività di ricognizione, che si fanno nell’imminenza di un attacco. Così, anche le analisi in cui veniva magnificato il genio ucraino, che avrebbe finto attacchi a Kherson e a Zaporozhye per sfondare a Izyum, si rivela una bufala. Così mentre le operazioni militari proseguono nella regione di Kharkov, altro si prepara altrove, con esiti incerti (certa è solo la macelleria).

Nel frattempo, l’area post sovietica vede nuove tensioni. Negli ultimi giorni si sono registrati scontri tra guardie di frontiera di Tagikistan e Kirghizistan, non nuovi ma in aumento. E soprattutto si è riacceso il conflitto tra Armenia e Azerbaigian, circa cento le vittime finora, che preoccupa molto Mosca, perché si troverebbe un’area di destabilizzazione alle frontiere, tanto che era stata proprio la Russia a risolvere gli scontri precedenti.

Situazione in fermento, dunque, che vede all’opera tanti e potenti incendiari e quasi impotenti i pochi pompieri.