8 Ottobre 2022

Ucraina: gli USA iniziano a riflettere su come finire la guerra

Ucraina: gli Usa iniziano a riflettere su come finire la guerra
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Di grande interesse un articolo pubblicato oggi sul New York Times, in merito alla guerra Ucraina, dal titolo: “Nell’affrontare la minaccia di Putin, Biden presta attenzione alla lezione sulla crisi dei missili cubani”. Nota importante sia per il contenuto sia per l’autore, David Sanger, penna più che autorevole del giornale (e non certo una colomba).

La nota riferisce l’allarme pubblico di Biden, che ha parlato della crisi attuale in toni drammatici, evocando l’Armageddon e aggiungendo che ricorda la crisi dei missili cubani, quando il mondo fu sul punto di un disastro nucleare.

Nel riferire le parole del presidente, Sanger ricorda come allora la criticità si risolse attraverso un accordo segreto tra i due leader, che segreto rimase a lungo. Interessante l’aggiunta: “Da settimane ormai, gli assistenti di Biden stanno riflettendo se può esserci un’intesa analoga, un modo per trovare una soluzione“.

Come da narrativa dominante, la criticità attuale sarebbe data dal fatto che Putin, ferito dalle sconfitte sul campo di battaglia, si spinga a usare le armi atomiche, anche se attualmente non c’è alcuna attività in tal senso, come annota anche Sanger riferendo le informazioni relative provenienti dagli apparati Usa.

La realtà è alquanto diversa, cioè che a incrementare l’escalation è ben altro, ma ne abbiamo scritto in altre note ed è inutile aggiungere; quel che conta è che per la prima volta nell’establishment degli Stati Uniti, oltre a parlare di dare armi all’Ucraina, ci si stia interpellando seriamente sulla possibilità di trovare una soluzione alla guerra ucraina.

Sanger spiega che tali riflessioni avvengono nel segreto, perché favorisce il successo di un’eventuale mediazione, così come nel segreto era stata trovata la soluzione dei missili cubani.

Ucraina: la via d’uscita, non mettere l’avversario con le spalle al muro

“Quindi – prosegue il cronista – è stata una sorpresa il fatto che il primo membro dell’amministrazione a parlare apertamente di come evitare di forzare la mano a Putin sia stato lo stesso presidente, nella casa di New York di James Murdoch, figlio di Rupert Murdoch, presidente esecutivo di News Corp e proprietario, tra l’altro, del Wall Street Journal”.

“Stiamo cercando di capire qual è la via di uscita di Putin”, ha affermato Biden, nell’ambito di una conversazione nella quale si parlava per lo più di politica interna”.

“'[…] Dove trova una via d’uscita? Come si trova un modo in cui non perde – non solo la faccia, ma anche un potere significativo all’interno della Russia?’. Biden non ha dato una risposta a queste domande, che fanno eco a quelle dei suoi collaboratori”.

Quindi Sanger si dilunga sulla situazione attuale, con le affermazioni di Putin sulla possibile risposta atomica in caso di attacco al territorio russo e Biden che risponde evocando l’Armageddon.

Ma allarmando su tale pericolo, annota Sanger, “il messaggio principale che Biden sembrava trasmettere è che stava studiando una delle lezioni centrali della crisi dei missili cubani. […] Quella lezione, nella sua riflessione, è che gli Stati Uniti e i loro alleati devono evitare di mettere Putin con le spalle al muro, costringendolo a colpire”.

Eventuali trattative e certi sabotaggi

Accenno invero molto interessante. Ma ancor più interessante è quando l’articolo indugia su un altra criticità di questa guerra: “Nessuno nell’amministrazione vuole suggerire, in pubblico o in privato, che il governo del presidente Volodymyr Zelensky receda dal proposito di scacciare le truppe russe da ogni angolo dell’Ucraina fino ai confini che esistevano il 23 febbraio, cioè il giorno prima dell’inizio dell’invasione”.

“Ma a porte chiuse, affermano alcuni diplomatici e funzionari militari occidentali, questa è esattamente la conversazione che dovrebbe svolgersi se l’obiettivo è bilanciare la riconquista del territorio e impedire a Putin” di proseguire la guerra e aumentare l’escalation.

Val la pena accennare che tale riflessione su una possibile uscita dal conflitto è accompagnata da un fatto concreto, cioè che gli Stati Uniti hanno risposto niet alla richiesta ucraina di avere a loro disposizione missili a lungo raggio, in grado di colpire la Russia in profondità.

Ma tale processo distensivo, semmai si concretizzerà, è e sarà accompagnato da incidenti di percorso volti a far deragliare l’eventuale negoziato segreto. Lo indica, ad esempio, l’attentato sul ponte che collega la Russia alla Crimea.

Una provocazione di altissimo livello, sia per la sua importanza strategica, sia perché è obiettivo russo e non territorio ucraino da riconquistare, sia perché espressamente voluto da Putin, che ha voluto presenziarne l’inaugurazione.

L’attentato ha provocato danni minimi, ma prelude ad altre azioni similari, volte cioè non tanto a colpire la Russia, quanto ad affondare le prospettive di pace che stanno emergendo negli Stati Uniti.