Ucraina, la guerra persa. Senza proiettili e senza uomini.
La macelleria ucraina prosegue a ritmo continuo, con un incremento negli ultimi giorni perché, perse le roccaforti a difesa di Adviika, le forze ucraine non hanno baluardi dietro cui ripararsi e anche i contrattacchi continui hanno come unico effetto quello di mandare i soldati a morte certa (d’altronde è la specialità del nuovo comandante in capo, Oleksandr Syrsky, che per tale motivo si è attirato dai suoi soldati l’epiteto di “macellaio“).
Le sanzioni sul cotone e la nuova legge sulla coscrizione
Quanto all’assenza delle linee di difesa è istruttivo un servizio dalla CNN, che spiega come le autorità avessero promesso e investito soldi per realizzarle, ma non sono mai state fatte. D’altronde, la corruzione è dilagante in Ucraina, come dimostra, solo per fare due esempi, l’incremento dei ricchi e dell’acquisto di auto di lusso (gli aiuti all’Ucraina…).
Tutti rilevano che a indebolire le capacità difensive ucraine è la carenza di soldati e di munizioni. Sulla prima Kiev sta tentando di porvi rimedio con una nuova legge sulla coscrizione, talmente massiva e draconiana che lo stesso Zelensky esita a mandarla all’approvazione della Rada perché a rischio proteste. Dopo tanti tentennamenti, di è deciso di discuterne a metà marzo.
Non risolverà. Un conto è mandare al fronte soldati addestrati, altro è mandarci civili che non hanno mai visto un’arma in vita loro. Non c’è tempo per addestrarli, ché il fronte rischia di crollare. Saranno mandati al macello inutilmente.
Quanto alle munizioni, tante le criticità, a iniziare dal blocco degli aiuti degli States a cui l’Europa non può sopperire. Simpatico, sul punto, un rilievo. Il Vecchio continente ha scoperto di non poter inviare i proiettili promessi a causa della carenza di polvere da sparo.
Il motivo? Lo ha spiegato il commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton: “Per produrre la polvere [da sparo], è necessario un tipo specifico di cotone che proviene soprattutto dalla Cina”. Ironia della sorte, nello specifico proviene dallo Xinjiang, dove si concentra il 90% della produzione di cotone cinese. La merce dello Xinjiang è sotto sanzioni Usa e boicottata in Occidente a causa dell’asserita oppressione degli uiguri. (nata da un’indagine su internet di un “cristiano rinato“, tant’è).
Da una parte si può notare che si conferma la maledizione delle sanzioni, che si sono dimostrate di nessuna efficacia, anzi; dall’altra si può registrare ancora una volta la lungimiranza dell’establishment occidentale. Non ne azzeccano una…
Non è solo un problema di armi e uomini
E però un alto ufficiale ucraino, interpellato da Strana, ha affermato che non è solo la carenza di soldati e munizioni a vanificare i loro sforzi, ma altro: “Il fattore principale è che i russi hanno imparato a isolare il campo di battaglia. Cioè, a distruggere la nostra logistica. Di conseguenza, le nostre unità in prima linea non hanno ricevuto la quantità necessaria di rinforzi e munizioni. E gradualmente le forze si sono esaurite, si sono formati dei buchi nei quali è penetrato il nemico”.
Inoltre, “i russi hanno imparato a colpire rapidamente subito dopo aver individuato un obiettivo. Solo un anno fa non era così. In generale, le loro tattiche e l’intero sistema di gestione della battaglia sono cambiati molto”.
I russi riescono a “individuare i nostri punti deboli, quindi lanciano unità d’assalto che sfondano le difese. Ci sono continui attacchi diversivi, che mettono a dura prova le nostre riserve. Utilizzano tunnel. Attaccano alle nostre spalle e la logistica. Vediamo anche un miglioramento significativo nel coordinamento e nella comunicazione”.
“Alcuni associano ciò alla comparsa degli ‘Starlinks’ tra i russi [cioè si connettono alla rete made in Usa di Musk, come da articolo del Wall Street Journal ndr], altri dicono che usano sistemi propri. Ma il fatto è che ora prendono le decisioni molto più rapidamente e sparano con più precisione. Usando queste tattiche, le loro perdite sono state inferiori a quelle registrate a Bakhmut”, dove, come annota l’interpellato, Prigozhyn, “non si preoccupava delle vittime: si stava creando un’immagine politica”.
Ucraina, è ora di parlare di negoziati
Nella nota non si parla delle nuove armi russe, né del fatto che le armi magiche della Nato sono risultate inutili, dai Patriot, che costano più di due miliardi di dollari l’uno, agli HIMARS, per finire con i decantati Abrams, che appena sono stati impiegati in battaglia, cioè negli ultimi giorni, hanno già subito perdite significative (National Interest).
Guerra persa da tempo, ma ora è evidente a tutti. La Russia, non potendo contare su un rigurgito di ragionevolezza dell’Occidente, tale che si decida ad aprire negoziati, deve solo decidere tempi e modi del fine guerra, dovendo stare attenta a evitare che i vinti non impazziscano del tutto, come palesano le dichiarazioni di Macron sull’ipotesi di scatenare la terza guerra mondiale (tale l’effetto dell’invio di truppe Nato annunciato dal novello Napoleone).
Certo, sarebbe tempo di aprire negoziati, come hanno scritto Simon Jenkins sul Guardian il 5 marzo e, lo stesso giorno, Samuel Charap e Jeremy Shapiro su Foreign Affairs. Ma ci sono le presidenziali e Biden non può ammettere la sconfitta.
Brutta cosa per i poveri ucraini, la cui situazione al fronte è ben descritta dall’alto ufficiale interpellato da Strana: “Gradualmente, settimana dopo settimana, esauriscono le nostre forze”.