Ucraina. Il collasso della diga è parte della controffensiva
Tempo di lettura: 3 minutiLa falla nella diga di Kakhovskaya e l’inondazione conseguente apre nuovi scenari nel conflitto ucraino. Al solito, gli ucraini hanno accusato i russi, ma la loro credibilità è ormai pari a zero, anche considerando tutte le volte che i media americani hanno dovuto smentire le loro dichiarazioni (attacco al ponte di Kerch, assassinio di Darja Dugina etc). Certo, questa volta potrebbero aver detto il vero, mentre false potrebbero essere le accuse russe a Kiev, ma la logica dice tutt’altro.
Distruggere la diga per allagare la riva sinistra del Dniepr
Il punto è che i russi non avevano alcun interesse a colpire la diga. Basta leggere l’Associated Press: “Un crollo totale della diga spazzerebbe via gran parte della sponda sinistra [controllata dai russi ndr.] e un grave calo del bacino potrebbe privare la centrale nucleare [di Zaporozhye, controllata dai russi ndr] del cruciale sistema di raffreddamento, oltre a prosciugare l’approvvigionamento idrico nella Crimea settentrionale, secondo l’Ukraine war Environmental Consequences Working Group“.
Non per nulla, quando nel settembre dello scorso anno si paventò per la prima volta la possibilità della distruzione della diga, presa di mira anche allora (e anche allora con accuse incrociate), l’analista militare Michael Kofman dichiarò al Moscow Times (media filo-ucraino) che distruggere la diga “per la Russia sarebbe come spararsi sui piedi”.
Di interesse notare un particolare riferito da Daniele Ranieri su Repubblica (che pur accredita la versione di Kiev): “Prima di far saltare la diga le truppe russe hanno fatto salire il livello del bacino, […] fino al livello record di diciassette metri e mezzo per massimizzare l’effetto inondazione che sapevano avrebbe investito i territori a valle”.
Drammaticamente vera la seconda parte, sulla prima va ricordato che per far alzare il livello del bacino, chiuso dalla diga di Kakhovskaya, occorre aprire le dighe precedenti, che sono controllate dagli ucraini (particolare sfuggito al cronista).
Importanti le conseguenze a livello militare dell’allagamento: i russi hanno massicciamente fortificato la linea difensiva sul Dniepr e l’inondazione potrebbe causare l’abbandono di tali presidi, facilitando il compito delle forze antagoniste.
Fin qui il nuovo scenario, che quindi sembra parte integrante della strategia messa a punto per lanciare il grande attacco. Ma è da vedere se riuscirà a ottenere l’effetto desiderato, in particolare se l’allagamento di una vasta area del fronte aprirà possibilità reali agli attaccanti, sia che attacchino subito, usando i ponti mobili inviati loro dagli States (Kiyv Post), sia che attendano il ritiro delle acque.
Va considerato, infatti, che i russi hanno creato diversi sbarramenti difensivi distanti chilometri l’uno dall’altro, da cui la possibilità di attestarsi al riparo dei presidi arretrati. Certo, la linea difensiva sarà meno efficace, ma non per questo sarebbe necessariamente travolta.
Inoltre, e ampliando il discorso, dal momento che, come abbiamo ricordato, la diga era stata già bersagliata in precedenza, è possibile che i russi abbiano previsto un simile scenario e studiato contromisure.
Confondere per attaccare
Resta che la deliberata distruzione di un’infrastruttura civile, che sta provocando l’esodo di migliaia di persone da villaggi e cittadine (80 i centri abitati a rischio), con numeri che aumenteranno con l’innalzamento del livello delle acque, è un crimine di guerra, come ha dichiarato il Segretario della Nato Jens Stoltenberg e altri con lui.
Il punto è che la controffensiva è stata studiata a fondo dagli strateghi Nato, ed è impossibile che non fossero a conoscenza di questa azione preliminare, sulla base della quale si modulerà l’attacco. Come ha detto Victoria Nuland lo scorso maggio, gli Stati Uniti stanno lavorando alla controffensiva “da circa quattro o cinque mesi“. Nulla che non si sapesse, però l’esplicitazione aiuta.
Ma siamo ancora alla fase preliminare, quella caratterizzata da attacchi portati per cercare di testare le difese nemiche e cercare di confonderlo inviando una serie di input impazziti.
Tale compito è assolto anzitutto dagli assalti kamikaze (parola non scelta a caso) in territorio russo, ai quali, come rileva Military Watch, hanno partecipato anche volontari polacchi, che hanno pubblicato video delle loro imprese.
Più che probabile che anche i carri armati inviati a Kiev siano guidati da esperti NATO, essendo impossibile addestrare allo scopo personale ucraino in così pochi mesi (non certo in maniera tale da poter affrontare uno scenario di guerra).
Questo per dare un’idea della follia che si sta consumando in Ucraina, con alcuni generali e politici che hanno deciso a nome dei popoli d’Occidente, non consultati, di ingaggiare una guerra segreta contro la Russia, con tutti i rischi del caso.
Ma al di là del drammatico particolare, resta che è ancora presto per capire quale sarà la direttrice scelta da Kiev per sferrare il suo colpo di maglio. C’è da attendere, ma non molto.