Ucraina: il NYT e la disinformazione necessaria alla guerra
Tempo di lettura: 5 minutiLa prima vittima della guerra è la verità. È una massima nota, ma declinata in maniera mirabile in un articolo del New York Times che spiega come l’Ucraina stia vincendo la guerra dell’informazione.
Sul punto, spiega come il video del Ghost of Kyiv, l’intrepido aviatore ucraino che avrebbe abbattuto diversi jet russi fosse un falso, costruito attraverso un simulatore di volo. Rilanciato dalle autorità ucraine come veritiero, è stato postato su “Facebook raggiungendo fino a 717 milioni di follower”, e altri milioni di visualizzazioni sono state raggiunte attraverso altri social, da Twitter a Tik Tok.
Così come falsa è risultata la storia dell’eroica resistenza della guarnigione stanziata all’isola dei serpenti, che all’ultimatum della nave da guerra russa aveva risposto con un “improperio”, suscitando le ire del nemico che avrebbe bombardato e ucciso tutti.
“Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky – scrive il Nyt – ha annunciato personalmente la loro morte tramite un video, dichiarando che avrebbero ricevuto la medaglia di Eroe dell’Ucraina. Ma pochi giorni dopo, i funzionari ucraini hanno confermato in un post su Facebook che questi erano ancora vivi, prigionieri dalle forze russe”.
Così il giornale della Grande Mela: “Gli aneddoti che descrivono in dettaglio il coraggio ucraino o la brutalità russa sono cruciali per i piani di guerra del paese, secondo gli esperti, e fanno parte di una dottrina di guerra consolidata”.
Le guerre di propaganda precedenti, spiega il Nyt, si facevano tramite censura, ma oggi, non potendo tagliare i fili di internet, è diverso: “la strategia moderna prevede di inondare Internet di messaggi virali che soffocano le narrazioni opposte”.
Vero, anche se la cancellazione di siti o notizie non in linea con le narrative ufficiali è ancora in uso, e non solo in Russia. Si registra, infatti, anche in Occidente, ma, per fortuna è molto più soft.
Nulla di straordinario in questo: basti pensare alla cancellazione dell’account di Trump e di tanti repubblicani nelle ultime elezioni Usa e alla censura dei contenuti bollati come “no-vax” durante la pandemia; ovvio, quindi, che certe restrizioni, a torto o ragione, si applichino anche in questa occasione, ben più critica.
Come per le vicende pregresse, Big tech non è affatto neutrale, spiega il Nyt, evitando di bollare come Fake le narrative evidentemente false pro-ucraina e restringendo lo spazio delle narrative opposte.
“Nell’esercitare discrezionalità su come moderare i contenuti non verificati o falsi – scrive il Nyt – le società dei social media hanno deciso di ‘scegliere da che parte stare’, ha affermato Alex Stamos, direttore dello Stanford Internet Observatory ed ex capo della sicurezza di Facebook”.
“Tutto questo rende abbastanza sfuggente la veridicità di alcune narrazioni di guerra, come un presunto complotto per uccidere Zelensky o semplicemente il numero di truppe uccise in battaglia, anche se i resoconti ufficiali e i media condividono le informazioni” ufficiali.
Così, a seconda di dove si vive, si è soggetti alla propaganda di una parte. Tra le tante Fake circolate (istruttivo un servizio della BBC sul primo giorno di guerra), alquanto clamorosa quella della “distruzione del mausoleo di Babi Yar”, che ricordava il massacro degli ebrei ucraini, che ha dato modo a Zelensky, evidentemente mal informato, di lanciare uno straziante appello al mondo ebraico per non rimanere in silenzio di fronte a tale barbarie. Appello rilanciato in tutti i media del mondo, anche se poi un cronista di Yedioth Ahronoth ha constato che il memoriale era illeso.
Un’altra notizia di dubbia veridicità, che ha suscitato allarme globale, riguarda l’attacco dei russi alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, che ha provocato un incendio in una struttura secondaria.
Sul punto l’Associated Press, ricorda le telefonate intercorse durante l’attacco “tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e altri leader mondiali” e il video del presidente ucraino che ha fatto il giro del mondo.
“In un appello emozionante, nel cuore della notte, Zelensky ha affermato di temere un’esplosione che sarebbe stata ‘la fine per tutti. La fine per l’Europa. L’evacuazione dell’Europa’”.
“Solo un’azione urgente da parte dell’Europa può fermare le truppe russe”, ha detto. “Non permettere la morte dell’Europa a causa di una catastrofe in una centrale nucleare”.
Nel video, Zelensky parlava dei carri russi che sparavano “sulle unità nucleari”, e dichiarava con angoscia che era “la prima volta nella storia dell’umanità” che lo “Stato terrorista ricorre al terrore nucleare”.
“Il segretario all’energia degli Stati Uniti Jennifer Granholm – continua l’AP – ha twittato che i reattori dell’impianto di Zaporizhzhia erano protetti da robuste strutture di contenimento ed erano chiusi in sicurezza. Ma la maggior parte degli esperti non ha visto nulla che indicasse un disastro imminente”.
“L’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha affermato che l’incendio non ha colpito le apparecchiature essenziali e che il direttore dell’energia nucleare ucraino non ha riportato alcun cambiamento nei livelli di radiazioni. L’American Nuclear Society è d’accordo, affermando che gli ultimi livelli di radiazioni sono rimasti entro i livelli normali”.
Anche quando i russi avevano attaccato Chernobyl, Zelensky aveva lanciato un allarme analogo, aggiungendo che si trattava di “una dichiarazione di guerra contro l’intera Europa“.
Forse Zelensky era informato male o forse ha usato la leva del nucleare a fini di propaganda, resta che ci sembra non credibile che i russi avessero interesse a dar vita a un incubo radioattivo, dato che le prime vittime sarebbero state loro e le loro famiglie.
Se abbiamo dato spazio a questi falsi allarmi e non ad altra propaganda Fake di matrice russa – pure circolante anche se in misura minore date le restrizioni web di cui sopra -, è perché quell’allarme ha segnato il punto più critico della guerra, dal momento che poteva portare immediatamente a un ingaggio globale. Un modo anche per accennare ai rischi che il mondo sta attraversando a causa di questa sconsiderata aggressione russa.
Al di là di questi particolari drammatici, l’approvazione della disinformazione, o della menzogna per usare un termine meno aulico, come strumento di guerra da parte del più importante media americano desta non poche perplessità. Proprio perché siamo di fronte a una crisi di portata storica, forse il mondo avrebbe bisogno di informazioni più veritiere possibili.
Inoltre, resta il dubbio se una volta imboccata tale strada esista un limite a tale disinformazione – e dubitarne è legittimo – e i timori sui possibili sviluppi e le incognite insite in tale determinazione, che accomuna tanti media mainstream e social. Detto questo, resta che quel che il Nyt esplicita era alquanto ovvio e non è certo una novità. La novità sta nell’elogio, alquanto insolito, di tale indirizzo. E rende ironico quanto di dubbia natura l’ingaggio anti-fake degli stessi media, anche nell’attuale conflitto.