Ucraina. La guerra è raccontata dai think tank legati alla Difesa Usa
Tempo di lettura: 3 minuti“I principali think tank americani che si occupano di politica estera sono inondati di finanziamenti provenienti dall’industria della Difesa. Essi hanno dominato la narrazione dei media relativa alla guerra in Ucraina e raramente, se non mai, rivelano che molte delle armi americane che raccomandano di fornire all’Ucraina sono prodotte dai loro finanziatori”. Così Ben Freeman su Responsible Statecracft.
I think tank legati alla Difesa
“In breve, quando senti [o leggi ndr] un analista di un think-tank commentare la guerra in Ucraina, è probabile che tu stia ascoltando qualcuno il cui datore di lavoro è finanziato dagli ambiti che traggono profitto dalla guerra, ma probabilmente non lo saprai mai”.
“Ciò avviene perché il 78% dei più importanti think tank statunitensi che si occupano di politica estera riceve finanziamenti dal Pentagono o dalle industrie che lavorano per esso, come documenta un recente studio”, cioè il Defense Contractor Funded Think Tanks Dominate Ukraine Debate, prodotto dal Quincy Institute.
I think tank suddetti, “hanno sostenuto che la risposta statunitense alla guerra in Ucraina dovesse essere sempre più militarizzata e, rispetto a istituti simili, ma che ricevono pochi o nessun finanziamento dal comparto della difesa, hanno dominato il panorama mediatico relativo alla guerra ucraina”.
Lo studio citato “ha analizzato gli interventi di questi importanti think tank […] negli articoli relativi alla guerra ucraina pubblicati su The New York Times, The Washington Post e The Wall Street Journal.”
“Tale analisi ha rivelato che le probabilità che un media riportasse interventi di un think tank che gode del supporto della Difesa erano sette volte maggiori di quelle relative a interventi di think tank di altra natura”.
“Dei 1.247 interventi dei think tank che abbiamo monitorato nello studio, 1.064 (l’85%) erano think tank che ricevono regolarmente finanziamenti del settore della difesa. E i due think tank più citati negli articoli sulla guerra ucraina erano letteralmente inondati di dollari provenienti dal comparto della difesa: il CSIS [Center for Strategic and International Studies ndr] e The Atlantic Council”.
La punta dell’iceberg
L’articolo specifica che quanto emerso è solo la punta dell’iceberg, dal momento che solo gli ultimi due think tank citati sono trasparenti riguardo i loro finanziamenti. Di altri si sa che ricevono fondi, ma non l’ammontare.
A ciò si possono aggiungere alcune annotazioni che rendono ancora più inquietante la vicenda. Lo studio ha potuto rilevare solo i finanziamenti pubblici, essendo impossibile indagare su possibili finanziamenti off-shore, che sfuggono a ogni controllo, sia ai think tank in questione sia, soprattutto, ai singoli. Forse esistono, forse no, resta però che a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina, come da massima di Giulio Andreotti.
Inoltre, per capire meglio la portata del condizionamento dell’apparato militar industriale rispetto alla narrazione di guerra vanno tenute presenti le dinamiche dell’informazione. Al di là degli interventi diretti degli analisti che lavorano per tali think tank, c’è da tenere presente che i giornalisti, per scrivere un articolo, hanno bisogno di fonti e informazioni.
E, ovviamente, per quanto riguarda la guerra ucraina tali fonti sono o funzionari del Pentagono e dell’intelligence o i medesimi think tank… insomma, la narrazione della guerra ucraina è in pratica appannaggio quasi esclusivo degli ambiti che lucrano sul conflitto.
Ciò per quanto riguarda il cuore dell’Impero. Per quanto riguarda le colonie – tra cui la derelitta Italia – i media mainstream delle stesse, a parte rare eccezioni che confermano la regola, si limitano a fare da cassa di risonanza della narrativa che discende dall’Impero, a volte con effetti surreali.
Tutto ciò, e le interconnessioni – debite e indebite – tra l’apparato militar industriale e gli esponenti della Politica americana, complica non poco la possibilità di adire a vie diplomatiche.