5 Gennaio 2023

Ucraina: l'attacco di capodanno dopo il discorso di Putin

Eli Cohen, ministro degli esteri israeliano. Ucraina: l'attacco di capodanno dopo il discorso di Putin
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Quello di capodanno è stato l’attacco più devastante subito dai russi dall’inizio della guerra, peraltro particolarmente doloroso perché sono stati colpiti i coscritti mandati al fronte e proprio al momento del brindisi, a mezzanotte e due minuti. I russi parlano di 89 vittime, ma potrebbero essere più.

La riuscita di un attacco tanto devastante è stata facilitata da un errore del comando russo, che ha concentrato tanti soldati in un solo punto, cosa che finora aveva evitato di fare, e dal fatto che fossero novellini. Probabilmente qualcuno allo scoccare della mezzanotte ha improvvidamente chiamato la mamma o la fidanzata, fornendo ai nemici le indicazioni per il tiro.

Tragedie usuali in guerra, si può ovviamente osservare, ma è una considerazione che non dà ragione di quanto avvenuto e di quel che potrebbe scatenare.

Il tacito accordo russo-americano

Infatti, come osserva Melkulangara Bhadrakumar  in un articolo ripubblicato dal Ron Paul Institute, nel conflitto ucraino russi e americani hanno stabilito, sottotraccia, degli accordi di “strategic deconfliction” che hanno evitato a questa guerra per procura di precipitare in un abisso ancora peggiore.

In base a tali accordi, ad esempio, i russi si sono impegnati a evitare di colpire i tanti militari americani che operano in segreto in Ucraina, scrive Bhadrakumar, come addetti ai sistemi missilistici Himars – che gli ucraini non saprebbero certo manovrare né avrebbero potuto imparare in così poco tempo -, ma anche come forze speciali in incognito (tale accordo esclude però i contractors, non essendo questi inquadrati nell’esercito regolare; infatti ne sono morti anche di americani).

Inoltre, Mosca si è impegnata a non colpire i centri di Comando Nato nel Paese che, nel segreto e al riparo dell’accordo, manovrano l’esercito ucraino. E, infatti, diverse volte, a seguito di colpi particolarmente sentiti dai russi, Mosca ha minacciato di colpire centri di comando non ben specificati ubicati in Ucraina, alludendo appunto a questi.

Una minaccia, rileva Bhadrakumar, evocata anche nell’occasione della strage di capodanno, avendo la Difesa russa evidenziato più di altre volte che a colpire la caserma erano stati gli “Himars forniti dagli Stati Uniti”. E si sa, appunto, chi li manovra e chi individua gli obiettivi.

Una sottolineatura che deve aver “provocato qualche disagio a Washington”, scrive Bhadrakumar. A rischio, infatti, ci sono i generali americani di stanza a Kiev e Leopoli, che stanno ovviamente più a cuore agli Usa dei coscritti ucraini che stanno combattendo in prima linea.

Israele si smarca dal fronte occidentale

E qui inizia un’altra storia, più diplomatica, a dimostrazione che quando vogliono, e quando ci sono in gioco le vite dei loro generali, gli americani sanno usare la diplomazia.

Una storia che si dipana in Medio oriente, dove il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, il 2 gennaio ha dichiarato che il nuovo governo di Tel Aviv parlerà ancora di meno di Ucraina e cercherà migliori relazioni con la Russia, annunciando che avrebbe avuto una conversazione telefonica con Lavrov.

Dichiarazioni che giustamente il sito The Cradle inquadra come un attestato di “neutralità” rispetto ai contendenti (Israele ha interessi più urgenti da perseguire; inoltre la neutralità gli permette di lucrare di più sul conflitto che non schiacciandosi sugli Stati Uniti, dato il ruolo della Russia in Medioriente).

Subito dopo tale annuncio, Blinken si è affrettato a chiamare Cohen. Non per evitare che Israele si sfilasse dal patto anti-russo, ma per inviare un “messaggio” a Lavrov. Secondo Bhadrakumar il messaggio aveva il suo focus nelle “preoccupazioni” Usa per l’attacco di capodanno.

Probabile che gli americani abbiano negato di aver avuto un ruolo nell’attacco, com’è avvenuto quando in passato sono state superate altre tacite linee rosse. È accaduto, ad esempio, quando il New York Times aveva annunciato trionfalmente che la campagna di omicidi mirati contro gli alti ufficiali russi all’inizio della guerra era guidata dall’intelligence Usa, cosa che il Pentagono ha smentito con irritazione.

È avvenuto, inoltre, quando gli Usa hanno detto di non aver avuto alcun ruolo nell’omicidio di Daria Dugina – figlia dell’ideologo di spicco di Mosca -, del quale hanno accusato gli ucraini; o quando hanno preso le distanze da Kiev sull’attentato al ponte di Kerch.

Insomma, l’ipotesi che anche in questo caso Blinken abbia tentato di rassicurare i russi sull’estraneità Usa all’accaduto, dato il pregresso e la tempistica della comunicazione con Mosca via Israele, non è affatto aleatoria.

Il discorso di Putin

Resta da vedere se Mosca crederà, o farà finta di credere, ancora una volta alle parole di Blinken. Ma è da presumere, a stare ai resoconti, che la reazione sarà più moderata. Ieri i russi hanno dichiarato di aver eliminato due batterie di Himars, cosa ovviamente “non confermata” dalla Casa Bianca (1), oltre a un centinaio di mercenari stranieri. Probabile che la risposta si manterrà a tale livello. Resta, comunque, che a capodanno, con sinistro simbolismo, qualcuno ha cercato per l’ennesima volta di provocare un’escalation.

L’attacco aveva, peraltro, lo scopo di segnalare che l’anno iniziato non vedrà fiorire la pace in ucraina, ma anche quello di colpire direttamente Putin, diffondendo malcontento tra i russi, sia per la conduzione della guerra sia, soprattutto, per la decisione di aver mandato al fronte ragazzi reclutati tramite coscrizione.

Non solo, l’attacco è avvenuto dopo il discorso alla nazione di Putin, previsto in precedenza e rimandato a capodanno. Tale ritardo aveva scatenato i media d’Occidente, che avevano parlato di un annullamento tout court del consueto appuntamento del presidente con i russi; di come tale cancellazione avesse una portata epocale e si spiegava col fatto che lo zar era in terribili ambasce dati i rovesci della guerra e/o con la grave malattia dello stesso, frottola che circola dall’inizio del conflitto e smentita alcuni mesi fa anche dal capo della Cia.

Putin ha smentito tutta questa bizzarra propaganda. Poco dopo, i missili sui coscritti (colpirne cento per educarne uno).

(1) Strano che a smentire la distruzione degli Himars sia stata la Casa Bianca e non il Pentagono… come se si volesse aprire un’interlocuzione con la controparte.