Ucraina: trovare delle linee rosse come in Siria e continuare il negoziato
Tempo di lettura: 4 minuti“Questa è la guerra di Putin. Ma l’America e la NATO non sono spettatori innocenti”. Questo il titolo di un articolo del New York Times che merita di essere letto per comprendere un po’ gli eventi ucraini, anche perché firmato da Thomas Friedman, una delle più autorevoli penne made in Usa.
Friedman segnala che la Nato ha sbagliato ad allargarsi a Est fino ai confini russi e riferisce un commento in proposito di George Kennan, “l’architetto del riuscito contenimento dell’Unione Sovietica da parte dell’America”, che aveva servito nel Dipartimento di Stato per poi diventare ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca e nel 1998, anno della seguente profezia, era “probabilmente il più grande esperto americano di Russia”.
“Penso che sia l’inizio di una nuova guerra fredda. I russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto negativo e ciò influenzerà le loro politiche. Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per questo. Nessuno stava minacciando nessun altro. Questa espansione farebbe rivoltare nelle loro tombe i padri fondatori di questo paese”.
“ […] Quello che mi infastidisce è quanto sia stato superficiale e male informato l’intero dibattito al Senato. Sono stato particolarmente infastidito dai riferimenti alla Russia come un paese che muore dalla voglia di attaccare l’Europa occidentale”.
“[…] Le nostre differenze nella Guerra Fredda erano con il regime comunista sovietico. E ora stiamo voltando le spalle alle stesse persone che hanno organizzato la più grande rivoluzione incruenta della storia per rimuovere quel regime sovietico. E la democrazia russa è avanzata quanto (se non più) di uno qualsiasi dei paesi con i quali ci siano associati per difenderli dalla Russia. Ovviamente ci sarà una brutta reazione da parte della Russia, e poi [quelli che oggi spingono per espandere la NATO] diranno ‘vi abbiamo sempre detto che i russi sono così, ma questo è semplicemente sbagliato”.
Ciò detto, la decisione di Putin era quasi inevitabile. Nella ripresa del dialogo Est – Ovest, la Russia ha chiesto a più riprese garanzie sia sul controllo delle armi – dopo che gli Usa hanno stracciato il trattato START 2 e quello sui “Cieli aperti” – che sull’Ucraina, il cui eventuale ingresso nella Nato percepisce, a torto o ragione, come una minaccia esistenziale.
L’America ha accettato il dialogo, ma sull’Ucraina non ha semplicemente risposto, ripetendo il mantra delle “porte aperte” che a Mosca non suona affatto rassicurante, dal momento che si ritroverebbero le testate nucleari alle porta di casa.
Mentre il continuo ripetere che la Russia vuole invadere l’Ucraina e prendere Kiev era del tutto sconsiderato, dal momento che anche i sassi sanno che a Mosca non interessa invadere Kiev, né hanno in loco forze sufficienti per farlo (come hanno detto più volte gli ucraini stessi).
E la ripresa degli scambi di artiglieria sulla linea di contatto del Donbass non ha fatto altro che alzare la temperatura. La vista dei profughi del Donbass rifugiati in Russia non poteva essere ignorata da Putin. A differenza di quanto scrivono tanti, secondo i quali lo zar decide tutto da solo, quanti hanno una minima nozione di geopolitica sanno che ciò non è vero.
Persino nella ben più monolitica Cina esistono oppositori di Xi Jinping, come ha ricordato di recente George Soros, e anche Putin deve fare i conti con ambiti ben più duri di lui nei confronti dell’Occidente, che non gli avrebbero perdonato, come d’altronde il popolo russo, l’abbandono dei russi d’oltreconfine. Da qui la decisione di rompere e agire, inviando l’esercito nel Donbass.
La Russia non è interessata a Kiev. La sua conquista sarebbe facile, ma disastrosa per l’immagine, e il controllo del territorio ucraino sarebbe impossibile, dal momento che la Nato sosterrebbe la resistenza degli irriducibili oppositori, tanto da dissanguare l’occupante fino a farlo crollare (come accadde in Afghanistan).
Ma ha forze sufficienti per tenere una linea difensiva sul Donbass, sempre che siano tenuti a freno gli impulsi nazionalisti delle autorità ucraine che si sono accorte oggi di aver perso due regioni, in realtà perse già al tempo della conclusione della prima guerra intra-ucraina.
L’amministrazione Usa sta tentando di dissuadere Kiev ad agire contro i russi, come dimostra la ricollocazione della loro ambasciata a Leopoli. Con questa mossa hanno fatto capire a Kiev che non sosterranno un’eventuale guerra contro Mosca, cosa che peraltro Biden non si stanca di ripetere.
Va detto che la decisione di Putin arriva il giorno dopo in cui l’ex comico Zelensky, ora premier del suo Paese, aveva dichiarato di voler annullare l’accordo che fa dell’Ucraina uno Stato non nucleare, iniziativa che Mosca ha percepito come minaccia esistenziale.
Il rischio guerra c’è, ma ad oggi è limitato. Il punto è che finora i negoziati Usa – Russia sono risultati del tutto vani perché dovrebbero produrre delle linee rosse insuperabili, come al tempo della Guerra Fredda, cosa che l’America non vuole concedere (così, infatti, è percepita dalla Russia la politica delle “porte aperte”). E se le linee rosse non saranno prodotte attraverso il dialogo, è inevitabile che si producano attraverso i rapporti di forza.
Mutatis mutandis, è un po’ quello che è successo in Siria, dove i russi sono arrivati e hanno blindato Assad, ma hanno riconosciuto in via provvisoriamente definitiva (fino cioè a una nuova decisione degli Usa), l’occupazione dell’America di un terzo del territorio siriano, attuato attraverso un governo fantoccio locale (peraltro è l’area in cui insiste il petrolio del Paese).
Da qui una linea rossa che ha impedito ai due eserciti di scontrarsi e innescare un conflitto globale, con Assad, che come Zelensky, continua a sostenere l’inviolabilità del territorio nazionale, costretto a rispettarla.
Detto questo, la Russia sapeva perfettamente che l’Occidente avrebbe emanato sanzioni ed è preparato, così che la loro imposizione suona come mera propaganda.
Esse andranno solo a devastare le già provate economie di Germania, Italia e Francia, a beneficio di Stati Uniti e Gran Bretagna, non per nulla quest’ultima è la più zelante sul punto.
Solo l’annullamento del North Stream 2, ora sospeso, può far danni alla Russia, ma più alla Germania che dovrà dire un’altra volta addio ai suoi sogni di indipendenza geopolitica (è suo destino perdere tutte le guerre intraprese). Per parte sua, Putin ha messo in conto di dover pagare eventualmente questo prezzo ed è già è pronto a compensare nel medio termine con la Cina e altri.
Ad oggi l’incontro tra il Capo del Dipartimento di Stato Blinken e il suo omologo Lavrov, fissato in precedenza, non è stato ancora annullato. Sarebbe utile per superare con danni limitari questo momentum difficile e a rischio.
Ps. En passant notiamo una coincidenza: l’emergenza pandemica sta sfumando ed è arrivata, puntuale, un’altra emergenza globale. Sfortuna emergenziale…