Ucraina. Washington Post: possibile un cessate il fuoco a fine anno
Tempo di lettura: 3 minuti“All’inizio di questo mese, nel corso di una visita segreta in Ucraina, il direttore della CIA William J. Burns (nella foto) ha incontrato diversi funzionari ucraini, i quali gli hanno rivelato un’ambiziosa strategia per riconquistare il territorio occupato dai russi e aprire negoziati per un cessate il fuoco con Mosca entro la fine dell’anno” Così il Washington post, che riporta le indiscrezioni di alcuni funzionari americani.
Gli ucraini, secondo il Wp, avrebbero detto a Burns che, nonostante le attuali difficoltà, sono fiduciosi sul fatto che la controffensiva consentirà a Kiev di riconquistare il Donbass e la regione che collega la Russia alla Crimea. Una volta conseguiti tali successi, Kiev è pronta ad “aprire i negoziati con Mosca per la prima volta da quando i colloqui di pace si sono interrotti nel marzo dello scorso anno”.
Quanto riferito sui successi ucraini appare più una speranza che altro. Difficile che le forze ucraine riescano a ribaltare la situazione attuale, che vede i loro continui attacchi puntualmente respinti. Certo, devono ancora calare la carta più importante, cioè la forza strategica destinata all’assalto frontale, ma al momento anche questo passo non appare destinato a conseguire risultati decisivi.
L’intervista di Zaluzhny
Lo ha confessato, anche se implicitamente, anche il generale Valery Zaluzhny, Capo di Stato Maggiore della forze armate ucraine, il quale, in un’intervista al Washington Post ha chiesto nuovamente armi, ancora più munizioni e soprattutto aerei da combattimento per contrastare la superiorità aerea del nemico, perché “la dottrina delle forze della NATO – che è poi parallela a quella della Russia – richiede la superiorità aerea prima di lanciare operazioni di terra in profondità“. Aggiungendo che ora è “come se andassimo all’offensiva con archi e frecce”.
E ancora: “Senza i rifornimenti necessari, questi piani non sono affatto fattibili”. Detto questo, il generale ha evitato toni disfattisti, non gli è permesso né nei confronti dei suoi uomini né nei confronti degli alleati, anzi ha affermato che le operazioni avviate stanno avendo successo, anche se non procedono “così velocemente come vorrebbero quanti partecipano di questo spettacolo, gli osservatori, ma questo è un loro problema”.
Il problema è che né le armi né le munizioni arriveranno nelle quantità e qualità richieste e nemmeno nei tempi desiderati. Anche gli agognati F-16, “promessi solo di recente, non arriveranno probabilmente prima dell’autunno, nella migliore delle ipotesi”, fa notare il WP.
Peraltro, gli F-16, come ha detto il Capo degli Stati maggiori congiunti Usa, generale Mark Milley, “non sono un’arma magica“, cioè non saranno in grado di ribaltare le sorti del conflitto, dal momento che gli aerei impiegati dai russi sono molto più avanzati e resta il problema delle basi da cui dovrebbero partire i jet forniti dalla Nato, che rimarrebbero esposte al tiro al bersaglio dei missili russi.
Insomma, tante le nuvole che si addensano sulla controffensiva, che è difficile dar credito a certi proclami ottimistici dettati da esigenze di guerra e propaganda.
Resta, però, quel cenno riguardante le possibili trattative per un cessate il fuoco, che suona alquanto insolito nella temperie attuale, nella quale parole come pace, negoziati, trattative, cessate il fuoco hanno assunto un’accezione affatto negativa.
Un cenno che indica come, al netto della nebbia propagandistica, in ambito atlantista tali parole continuino a circolare e prima o poi potrebbero assumere una forma concreta.
Le bombe a grappolo e i diritti umani
Chiudiamo con una notizia di ieri che da una parte inquieta, dall’altra corrobora quanto abbiamo scritto. Milley ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno decidendo in merito all’invio delle bombe a grappolo all’Ucraina (ancora il Washington Post).
In passato, dichiarazioni simili hanno preannunciato la fornitura di armi sempre più sofisticate a Kiev, dai Patriot ai carri armati fino ad arrivare agli F-16, secondo uno schema di escalation graduale ad alto tasso di follia. Quindi è probabile che, prima o poi, anche le bombe a grappolo Usa, ordigni vietati da una convenzione internazionale, raggiungano il campo di battaglia.
Sui rischi connessi a tali armi abbiamo già scritto, sottolineando come le bombe disseminate sul terreno attraverso vettori che deflagrano a mezz’aria, restano spesso inesplose.
Tali rischi sono riportati anche nell’articolo del Washington Post: “Tanti civili sono stati mutilati dalle bombe a grappolo in Paesi come il Vietnam e il Laos anche decenni dopo il loro utilizzo, mettendo in evidenza i danni duraturi provocati delle stesse. Quanti avversano tale decisione affermano che il loro utilizzo farebbe sì che l’ultimo ucraino che morirà a causa di una bomba usata nel corso della guerra non sia ancora nato”.
Ma perché fornire proiettili tanto controversi, che peraltro sono destinati a mettere in cattiva luce l’America? Lo spiega il sottotitolo dell’articolo: “L’amministrazione Biden sta facendo pressione sui membri del Congresso e gli alleati per mettere da parte le loro preoccupazioni riguardo i diritti umani perché le scorte di munizioni normali sono esaurite”.
Fermo restando che non esistono armi magiche in grado di ribaltare le sorti della guerra (e tale sarà l’impatto sul conflitto anche delle bombe a grappolo), resta la considerazione sull’esaurimento delle scorte. Una realtà con la quale prima o poi Zaluzhny e l’intero Occidente dovranno fare i conti.
Infine, di permettiamo di far notare come appaia alquanto bizzarro che la nazione che si erge a paladina dei diritti umani per ingerirsi nelle vicende altrui inviti i critici interni ed esterni a non tener conto dei diritti medesimi nel giudicare le proprie decisioni. A volte l’ipocrisia della geopolitica risulta comica.