Un film controverso e la riconciliazione delle due Coree
Tempo di lettura: 2 minuti«Segnali di distensione tra le due Coree […]. Seul ha infatti proposto alla Corea del Nord di riprendere i colloqui su progetti di cooperazione e sulla questione delle famiglie divise dalla guerra del 1950-1953
[…].
Il ministro dell’Unificazione sudcoreano, Ryoo Kihl Jae, ha inviato una lettera a Pyongyang, auspicando che un incontro con rappresentanti del regime comunista nordcoreano possa avvenire già a gennaio. Ryoo ha riferito che la missiva è stata accettata, ma deve ancora arrivare una risposta ufficiale». Così sull’Osservatore romano del 29-30 dicembre, in un articolo che accenna anche a una precedente visita di una delegazione della Corea del Nord a Seul, nella quale era stato «promesso la riapertura del dialogo
».
Nota a margine. Abbiamo riportato questo cenno dell’Osservatore romano perché segnala un dato in controtendenza rispetto a quanto sta avvenendo in questi giorni: un film della Sony, The Interview, sta tenendo sotto scacco Pyongyang. La Corea del Nord aveva criticato la pellicola perché offensiva (due giornalisti vengono assoldati dalla Cia per uccidere il presidente della Corea del Nord e vi riescono in maniera rocambolesca).
Ne è nata una controversia internazionale, durante la quale la casa produttrice del film, la Sony, è stata oggetto di un attacco di hacker del quale è stata accusata Pyongyang. All’attacco è seguito un contrattacco elettronico made in Usa, rivendicato in maniera sibillina da Obama, che per un giorno ha messo in ginocchio l’intera Corea del Nord. Una vicenda che ha fatto di questo film di infima categoria un evento mediatico: messo in rete, è stato visionato da milioni di persone (probabilmente al cinema, senza questo battage pubblicitario, non l’avrebbe visto nessuno).
La Corea del Nord si è sempre detta estranea all’attacco informatico mosso alla Sony, ma nessuno ci crede, anche se, in effetti, sembra davvero difficile che un paesino della periferia del mondo, peraltro alquanto arretrato in fatto di tecnologia (almeno secondo gli standard occidentali), possa portare un attacco devastante a un colosso dell’elettronica come la Sony passando sotto il naso della Nsa. Né sono state esibite prove a conforto dell’accusa. Tant’è. Sicuramente il contrattacco ha dato al mondo una nuova dimostrazione della potenza militare Usa, in grado, a quanto pare, di paralizzare un intero Paese attraverso i suoi nuovi ed estrosi ciber-militari.
Non può che registrarsi con sollievo che questa ciber-guerra (la prima dell’epoca contemporanea come hanno notato diversi commentatori) non sta impedendo alle due Coree di continuare il cammino sulla via della riconciliazione, auspicato, tra l’altro, anche da Francesco in occasione del suo viaggio in Corea del Sud dello scorso agosto.