Unione europea, elezioni. Note a margine
Le elezioni per il rinnovo del Parlamento dell’Unione europea hanno fotografato la confusione che regna sovrana nel declinante Vecchio Continente. Mentre la polvere si dirada e le cose si fanno più chiare, alcune note a margine.
Anzitutto, l’ovvio: vince la protesta che ha portato voti alle forze dichiaratamente di destra (altre da quelle di destra che si dicono di sinistra), non esistendo più, a parte eccezioni minoritarie (e il caso spagnolo), una sinistra europea.
Sulla globalizzazione
Un successo salutato con favore dai repubblicani di rito trumpiano che hanno parlato di una vittoria delle forze anti-globaliste, con Steve Bannon che ha paragonato tale momentum a quello che vide trionfare la Brexit, che anticipò e favorì la vittoria di Trump nel 2016 (New York Times).
Parallelo forzato, dal momento che allora la globalizzazione ruggiva, mentre ora è in ritirata. Infatti, dopo il suo rilancio avvenuto nel tempo pandemico, si è registrata la rottura della guerra ucraina, che ha visto il mondo nuovamente diviso (al di là di come si considera tale scissione, come rinascita di due poli di attrazione o un più frammentario multipolarismo).
Ma, a suo modo, l’affermazione di Bannon ha una carica simbolica che tange in qualche modo la realtà, rafforzata dal ritorno, dopo lunga assenza, di Nigel Farage, che si è candidato alle elezioni britanniche. Decisione simbolica perché è l’uomo della Brexit, ma è da vedere se al simbolo corrisponderà la realtà, se cioè riuscirà a catalizzare parte significativa dell’elettorato conservatore (non è necessario che vinca).
Così passiamo agli sconfitti. E la sconfitta è anzitutto dei diafani dioscuri Scholz-Macron che, essendo alla guida di Francia e Germania, erano preposti giocoforza a guidare anche l’Unione europea, tale la tragedia di una comunità di popoli dove le pulsioni egemoniche teutoniche, supportate dalla subordinata Gallia, hanno distrutto la più armoniosa architettura immaginata dai padri fondatori.
Architettura che avrebbe giovato alla stessa Germania, la quale, piegando la Ue per farne strumento della propria proiezione globale, si è ritrovata a competere con potenze più forti di lei e si è persa, perdendo così l’ennesima guerra e trascinando con sé la Ue nell’abisso dell’insignificanza internazionale.
Una dinamica dalla quale Macron negli ultimi tempi aveva tentato di divincolarsi, tentando di lanciare la Francia in una corsa in solitaria. Un tentativo più folle che disperato, o folle perché disperato, perché esperito nel momento in cui l’impero neocoloniale francese andava in pezzi in maniera veloce e drammatica, non solo con le rivolte della Françafrique, ma anche nel Pacifico, con la ribellione (per ora sedata) della Nuova Caledonia, avvenuta proprio a ridosso del voto.
Follia, quella di Macron, culminata in un’ambigua quanto stralunata sfida alla Russia che ha portato, finora senza riuscirci, l’Europa sull’orlo di una guerra su grande scala e a rischio nucleare.
Unione europea, sull’apparente trionfo della von der Leyen
Il duo Scholz-Macron ha dunque perso tragicamente, e soprattutto il secondo che rischia di andare ai giardinetti se perde le elezioni indette in patria dopo il tracollo. Quanto a Scholz, la sconfitta, nell’immediato, potrebbe non recargli nessun danno.
A meno di rivolgimenti interni, per sopravvivere gli basterà indirizzare i voti della cosiddetta sinistra europea, della quale è azionista di maggioranza, su Ursula von der Leyen, che è la figura simbolo dei circoli iper-atlantisti che hanno preso il controllo totale dell’Unione europea nel corso della guerra per procura contro la Russia (vedi Washington Post, David Ignatius articolo dal titolo: “Come la guerra in Ucraina ha rimodellato l’Europa”).
Se la von der Leyen verrà rieletta, sarà da vedere se si aprirà una disfida interna tra destre dichiarate e i circoli iper-atlantisti, sia sull’Ucraina che su altro. Ma potrebbero anche darsi convergenze ad oggi sotto l’orizzonte degli eventi.
Due esempi: un rinnovato scontro di civiltà tra Occidente e islam e l’incendiarsi della crociata anti-cinese (le destre dichiarate potranno sfuggire alla suggestione di uno scontro con il più importante partito comunista del pianeta?).
Quanto ai riflessi di queste elezioni sul Mare nostrum appare significativo il titolo di un articolo di Haaretz: “Israele si aspetta che i successi dell’estrema destra al Parlamento europeo contrastino le critiche alla guerra di Gaza”.
Così il sottotitolo: “[…] il successo dei partiti di estrema destra, soprattutto in Francia e Germania, potrebbero aiutare Israele a contrastare passi politici significativi in favore dei palestinesi. Israele, inoltre, spera che il nuovo ministro degli Esteri della UE sia meno critico nei suoi confronti” (il riferimento è a Josep Borrell).
Sul neonazismo
Un cenno va speso anche per quanto riguarda l’allarme sul neonazismo di ritorno riecheggiato alto sui media di sistema per i nazionalisti di Alternative for Deutschland, allarme spesso allargato ai transalpini della Le Pen e ad altre forze similari.
Resta, però, che tale revanscismo è ben presente sotto varie spoglie nel mondo occidentale, che ha ormai abbattuto la storica barriera anti-nazifascista innalzata dalle sue élite dopo la Seconda guerra mondiale.
Un cenno di quanto sia pervasivo tale revanscismo lo si rinviene nella decisione dell’amministrazione Biden di revocare il divieto di fornire armi americane al Battaglione Azov, negate in precedenza a motivo delle dichiarate tendenze neo-naziste di questa milizia (riconosciute come tali anche dal Congresso Usa e dall’Fbi), che tanto peso ha avuto nella recente storia ucraina.
Una decisione inutile dal punto di vista pratico, dal momento che alla Brigata affluivano tranquillamente le armi made in Usa, e tante altre, inviate all’esercito di Kiev, così che il suo valore sta tutto nel suo (alto) significato simbolico.
Una svolta che risente dell’influenza decisiva dei circoli iper-atlantisti (vedi nota di The Atlantic Council) che stanno gestendo la guerra ucraina e, con essa, anche l’ancillare Ursula von der Leyen, che ora più che mai appare figura di riferimento del binomio politico CDU-CSU vittorioso in Germania.
Per una strana coincidenza temporale, la decisione di far cadere la censura sul Battaglione Azov giunge lo stesso giorno in cui l’per-atlantista von der Leyen si erge – forse anticipando i tempi o forse no – a grande trionfatrice di questa tornata elettorale dell’Unione europea (1). Coincidenza inquietante. Vedremo.
(1) Tale la definizione esatta per queste elezioni. Infatti, non si tratta di elezioni “europee”, come si legge o ascolta troppo spesso, ché l’Europa, oltre a ricomprendere Londra, comprende anche Mosca e Minsk…