Usa e Aiea: controversie atomiche
Tempo di lettura: 3 minutiL’accordo sul nucleare iraniano, siglato sotto l’amministrazione Obama dagli Stati Uniti e da altri Paesi occidentali, è oggetto di forte controversia, stante che vari membri dell’amministrazione Trump, e lo stesso presidente, a più riprese hanno dichiarato l’intenzione di farlo decadere.
In questo agosto tale disposizione ha generato una controversia tra Washington e l’Aiea (International Atomic Energy Agency), che ha il compito di monitorare l’intesa.
Va ricordato che l’accordo prevede che l’Agenzia atomica debba controllare periodicamente alcuni siti iraniani legati a vario titolo allo sviluppo del nucleare. Cosa che fa e che finora ha dato un verdetto univoco, ovvero che tutto procede come stabilito.
Una conformità registrata anche nell’ultima verifica (sono trimestrali), come riportato da alcuni media che hanno preso visione della relazione dei funzionari dell’Agenzia, non ancora di pubblico dominio.
Lo scontro tra l’Aiea e l’amministrazione Usa ha avuto luogo proprio in occasione di quest’ultima verifica, dal momento che, come riferisce François Murphy il 31 agosto sulla Reuters, gli «Stati Uniti stanno spingendo gli ispettori delle Nazioni Unite a controllare i siti militari in Iran per verificare che non stiano violando l’accordo». Nello specifico, l’America ha chiesto ai funzionari dell’Agenzia di visitare anche siti non compresi nel trattato.
Protagonista di questa campagna è stata l’ambasciatrice americana all’Onu, Nikki Haley, che ha rappresentato con certa insistenza le istanze di Washington ai funzionari dell’Agenzia.
Una pretesa che ha suscitato reazioni indignate a Teheran, che ha visto in questa richiesta (non a torto) un pretesto per spiare alcuni centri nevralgici del suo apparato militare.
Ma, a sorpresa, l’istanza è stata respinta dagli stessi funzionari dell’Agenzia atomica, dal momento che, se è vero che essa può chiedere all’Iran di visitare siti altri da quelli esplicitamente richiamati nell’intesa, deve motivarne le ragioni.
Deve cioè portare prove o quantomeno indizi che in complessi diversi da quelli indicati si stia lavorando su questioni che in qualche modo abbiano a che vedere con il nucleare.
Le sollecitazioni della Halley invece, spiegano fonti dall’Agenzia, non avevano alcun fondamento reale: non erano cioè confortate da documentazioni specifiche o report d’intelligence. Insomma una richiesta tanto vaga quanto pretestuosa (sul punto vedi al Monitor).
Tanto che ha suscitato anche la reazione irritata del responsabile dell’Aiea, il quale ha dichiarato che se gli Stati Uniti vogliono far saltare l’accordo lo facciano, ma noi «non vogliamo dar loro una scusa».
Evidentemente l’Agenzia atomica non vuole essere coinvolta nel processo di destabilizzazione che l’eventuale denuncia del trattato innescherebbe in Medio oriente.
Non vuol ripetere cioè quanto accadde ai tempi dell’invasione americana in Iraq, che ebbe la benedizione delle Nazioni Unite, convinte da Washington dell’esistenza di armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein (la famosa provetta di antrace mostrata da Colin Powell in mondovisione).
Oltre ad alimentare l’incendio che divampa in Medio oriente, già fin troppo ardente, l’iniziativa americana potrebbe creare una nuova incrinatura nei rapporti tra gli Stati Uniti e l’Europa.
Quest’ultima ha subito con certa inquietudine le ultime sanzioni americane contro la Russia, che colpiscono duramente anche l’economia, e non solo, dell’Unione europea (sul punto vedi Piccolenote).
Più che probabile che un’eventuale denuncia dell’accordo da parte americana sia accompagnata da sanzioni verso quei Paesi e quelle società che proprio grazie ad esso in questi anni hanno intrecciato proficui rapporti commerciali con Teheran (tra cui Stati e imprese del Vecchio continente).
Per questo, quando il presidente francese Emmanuel Macron recentemente ha voluto riaffermare l’utilità dell’accordo, sembrava si facesse portavoce di istanze condivise in ambito Ue, la quale subirebbe un danno non da poco dall’eventuale voltafaccia americano.
Le spinte per far saltare l’accordo sono fortissime: ad oggi Trump non lo ha fatto. E, pur non lesinando in critiche, lo ha tacitamente ratificato. Ma il vento ostativo sta rafforzando. Non va bene.