L'unipolarismo Usa, i Brics e il mondo multipolare
L’annuncio della richiesta formale di adesione della Turchia ai Brics, riferito ieri anche dall’autorevole Bloomberg (come abbiamo riportato), non era veritiero, come da affermazioni successive di Ömer Çelik, vicepresidente e portavoce dell’AKP (il partito al governo), il quale però ha confermato la sostanza della questione: “Il nostro Presidente [Erdogan] ha dichiarato più volte che vogliamo diventare membri dei BRICS. La nostra richiesta su questo tema è chiara, il processo è in corso”.
Tempi più lunghi, quindi, ma la via è tracciata. I media, peraltro, hanno rilanciato la notizia della presenza di Erdogan al vertice dei Brics che si terrà a Kazan a fine ottobre (Ansa), al quale parteciperà per la prima volta anche il presidente della Bolivia Luis Arce, come annunciato dal ministro degli Esteri Celinda Sosa.
Al club dei Brics intende unirsi anche l’Azerbaigian, con richiesta avanzata subito dopo la visita di Putin a Baku del 20 agosto. Insomma, il club sta dimostrando un’attrattiva sempre più forte e i suoi membri aumentano via via, mentre, all’opposto, il club del G 7 – da non confondersi col G 20 al quale partecipano diversi Paesi Brics – è sempre più offuscato e sclerotizzato, sempre più un organismo residuale di un passato che non vuol passare e incapace di riformarsi.
Il G 7, peraltro, è per sua natura esclusivo ed elitario – da cui anche l’incapacità di rapportarsi col mondo in una modalità che non sia muscolare – al contrario dei Brics, che invece fin dalla loro genesi si sono posti come polo di attrazione globale, e ciò spiega in parte il diverso e alternativo dinamismo.
Non due poli, ma prospettive diverse
Se la mission del G 7 è la conservazione del sistema di governo globale a trazione statunitense, l’organismo Brics ha connotati rivoluzionari, avendo come mission quella di creare un sistema globale non subordinato agli Usa.
Tale contesa globale viene inquadrata generalmente in una lotta tra l’unipolarismo di ritorno – o che non vuol passare – e il multipolarismo, ma tale cornice va dettagliata, come fa in maniera egregia Ted Snider su Antiwar, secondo il quale gli Stati Uniti sbagliano anche a comprendere i termini e le prospettive della dialettica in atto.
Sia perché non comprendono che il multipolarismo non è un possibile orizzonte futuro, ovviamente da contrastare, ma una realtà in atto, sia perché “nella loro incapacità di adattarsi, gli USA si aggrappano alla battaglia per impedire che il mondo unipolare ricada nella bipolarità. Gli USA sono capaci solo di vedere un mondo diviso in due blocchi: vedono tutte le nazioni che accettano la sua egemonia come parte di un blocco e tutte quelle non allineate che abitano il mondo multipolare, le quali rifiutano di scegliere tra due parti, come un altro blocco. Gli USA, cioè, sono incapaci di vedere oltre il mondo bipolare e confondono la realtà [che si riconosce nell’ambito] multipolare come un altro e contrapposto blocco all’interno di un mondo bipolare”.
“Questo equivoco impedisce agli USA di allinearsi con l’inevitabile nuova realtà dell’ordine internazionale […] I membri del mondo multipolare emergente non vedono il nuovo mondo come un mondo nel quale debbano scegliere da che parte stare. Gli USA continuano a corteggiare i paesi con regalie e a minacciarli di sanzioni per sedurli e creare partnership esclusive. Tale visione del mondo statunitense, ormai superata, la limita a corteggiare disperatamente i paesi per indurli a stabilire relazioni esclusive” che però sono ormai fuori dall’orizzonte dei Paesi oggetto delle loro morbose attenzioni.
I Brics e le relazioni paradossali
“Le nazioni non allineate stanno prendendo posizione: ma non tra gli USA da una parte e Russia e Cina dall’altra, ma tra la visione del mondo monogama e unipolare degli USA e una visione del mondo non intruppata propria di Russia-Cina, che consente a tali paesi di perseguire relazioni multiple per poter perseguire i propri interessi e non gli interessi dell’egemone. Le nazioni non allineate non hanno scelto la Russia o la Cina rispetto agli Stati Uniti: hanno scelto la visione del mondo del binomio Russia-Cina rispetto a quella degli Stati Uniti“.
“[…] Un mondo multipolare significa non dover scegliere tra Stati Uniti e Russia, ma scegliere di collaborare con esse in modalità diverse su questioni in cui si danno convergenze […]. Creare relazioni specifiche basate su interessi reali all’interno di un mondo multipolare, anziché alleanze ideologiche [proprie dell’unipolarismo ndr], significa non solo avere relazioni paradossali con paesi diversi, ma anche relazioni paradossali con lo stesso paese”.
Illuminante, per spiegare cosa intenda Snider per relazioni paradossali nell’ambito del mondo multipolare il caso dell’India, sulla quale si dilunga l’articolo, che ha relazioni proficue con gli Stati Uniti, ma non intende per questo rinunciare, come da pressanti richieste di Washington, ad avere strette relazioni con la Russia (con Mosca che rispetta la libertà di New Delhi, evitando pressioni di segno opposto).
Sempre il caso indiano evidenzia cosa intenda il cronista per relazioni paradossali all’interno di due Paesi, con New Delhi che resta ingaggiata in un’accesa rivalità regionale con la Cina nonostante condivida con essa l’adesione ai Brics. Una rivalità che l’ha portata addirittura ad aderire al Quad, l’alleanza strategica tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti, a guida Usa, nata per contenere la Cina. Una conflittualità che però non le impedisce di avere con Pechino convergenze sulle prospettive globali, su tutte quella di superare l’unilateralismo americano.
Gli Usa e il gioco a somma zero
Di grande interesse, e degno corollario all’analisi di Snider, un articolo di Eduardo Porter pubblicato sul Washington Post, che spiega, fin dal titolo, che “Il pensiero a somma zero sta distruggendo l’America”; esplicativo il sottotitolo: “Dobbiamo resistere alla tentazione di pensare che il successo degli altri avvenga a nostre spese”.
Tale pensiero, che egli attribuisce a tutto l’ambito politico americano, da Trump ai democratici, impedisce all’America di relazionarsi in maniera proficua con il resto del mondo, generando postulati, e conseguenti prassi, insane, come quello per cui “l’ascesa della Cina equivale al declino degli Stati Uniti”.
Incapace anche solo di pensare a relazioni win to win, in cui tutti guadagnano, la visione americana si riduce a un “noi” contro “loro”, con tutte le conseguenze del caso, anche violente. Un visione che, come dimostrano gli studi citati dall’articolo, va anche a detrimento dell’impegno e delle capacità innovative, come infatti stanno dimostrando, all’opposto, i Brics – in cui vige il rapporto win to win – con il loro dinamismo.
Articolo inusuale per il panorama intellettuale Usa quello di Porter e che illumina, al pari di quello di Snider, la deriva dell’Impero americano. Infatti, tale ideologia “a somma zero sta trascinando la politica degli Stati Uniti in una direzione strana e oscura, che smentisce la sua storia di prospera democrazia di mercato liberale”. E, ovviamente, gli impedisce di comprendere e accogliere la nuova realtà multipolare.