Usa-Cina: accettare la diversità
Tempo di lettura: 4 minutiÈ necessario trovare una nuova forma di relazione tra Stati Uniti e Cina per evitare che il mondo sprofondi nell’abisso di una guerra globale. Così Graham T. Allison docente di politica internazionale presso la John F. Kennedy School of Government dell’Università di Harvard in un’intervista rilasciata al Global Times.
La competizione tra Washington e Pechino, infatti, deve trovare una risoluzione all’interno di un’intesa globale ad oggi del tutto assente, perché, se lasciata a se stessa, la sfida tra le due potenze inevitabilmente innescherà la Trappola di Tucidide, secondo la quale quando una potenza si vede insidiata da un’altra in ascesa, la guerra diventa inevitabile.
Serve un’intesa
Allison ricorda che già nel 2012 la Cina propose un “una nuova forma di grandi relazioni di potere”, che però fu rispedita al mittente da Obama, dato che per Washington era inaccettabile l’idea di riconoscere come aree di interesse di Pechino Taiwan, il Tibet e il Mar cinese meridionale.
Nulla è poi cambiato con Trump e nulla sembra cambierà con Biden, che in campagna elettorale, riferendosi alla Cina, ha detto che “gli Stati Uniti non solo competeranno, ma vinceranno le sfide più importanti”.
Certo, Biden avrà un approccio meno duro, ma non per questo “morbido”, anzi. La differenza è che cercherà di attuare una strategia avvolgente, coinvolgendo gli alleati degli Stati Uniti, evitando cioè la competizione bilaterale propria della presidenza Trump.
E, rispetto a questa, nella contesa privilegerà la leva dei diritti umani, tema proprio dei democratici, che la presidenza Trump ha trascurato (ma fino a un certo punto, vedi Xinjiang).
Detto questo, Allison reputa che Biden, da politico navigato, possa riuscire a evitare le insidie di questa competizione globale, ma per far ciò occorre un accordo con la Cina che riesca a evitare l’escalation della conflittualità.
Una prospettiva che è ben presente anche in Cina, spiega Allison, che spiega come Xi Jinping faccia spesso riferimento alla Trappola di Tucidide e stia cercando un modo per evitarla.
Servirebbe qualcosa come l’intesa stipulata, al tempo, tra Reagan e Gorbacev, che diede una via di fuga dalla catastrofe nucleare. Non c’è alternativa, dato che Cina e Usa “vivono su un piccolo pianeta” sul quale sono “condannati a coesistere, poiché l’alternativa è la co-distruzione”.
“Per gli Stati Uniti – aggiunge Allison -, la Cina è allo stesso tempo il più feroce rivale che gli Stati Uniti abbiano mai visto [il nazismo? ndr.] e, insieme, una nazione con la quale dovranno trovare il modo di sopravvivere insieme per evitare di morire insieme“.
Co-esistere nella diversità
Occorre una prospettiva nuova, che Allison ripesca dal passato, quando John Fitzgerald Kennedy si ritrovò di fronte all’Unione sovietica. JFK credeva che ci fosse “una possibilità su tre che [il confronto] finisse in una guerra nucleare”.
Così “iniziò una seria ricerca di una via migliore. Otto mesi dopo, poco prima di essere assassinato, in uno dei discorsi di politica estera tra i più significativi della sua carriera, propose che l’obiettivo degli Stati Uniti nelle relazioni con l’Unione Sovietica dovesse essere quello di costruire «un mondo sicuro per la diversità». Ciò comportava, comprese, di trasformare il pensiero americano su ciò che gli Stati Uniti chiedevano al loro «più letale» avversario”.
Non si poteva cioè aspirare a distruggere l’Urss. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto “vivere e lasciar vivere – in un mondo in cui coesistono diversi sistemi politici con valori e ideologie diametralmente opposte“.
Certo, oggi è diverso da allora. infatti Allison spiega come l’ascesa della Cina non sta solo minando l’influenza degli Stati Uniti, ma sta “minacciando l’ordine internazionale di cui gli Stati Uniti sono stati i principali architetti e guardiani”.
E questo l’Urss non l’ha mai fatto, dato che le sfere di influenza erano stabilite e Mosca non poteva ingerirsi, se non con limitate azioni di disturbo, nell’area geopolitica custodita dall’America, mentre la Cina sta relazionandosi con tutto il mondo.
La Terra di Mezzo infatti, è ormai “diventata la seconda spina dorsale dell’economia globale e il principale partner commerciale della maggior parte delle nazioni”. E difficilmente i suoi partner recederanno tali relazioni per riposizionarsi sotto l’ala protettrice (?) degli Stati Uniti.
Instabilità diffusa
Ma mentre i due rivali cercheranno di raggiungere questa impossibile coesistenza – sempre che si intraprenda tale via – il “mondo potrebbe essere sempre più instabile”.
Esplicitando il pensiero di Allison, dato che la competizione diretta è a rischio guerra, il risiko mondiale si giocherà in maniera indiretta, coinvolgendo Paesi terzi.
La competizione poi, deve superare un’altra grande criticità: sia l’ascesa della Cina che la globalizzazione pongono “particolari sfide a una nazione che si è abituata da decenni ad occupare una posizione di supremazia incontrastata” sul mondo.
Questione poliedrica, dunque, alla quale Biden – o Trump se riuscirà a ribaltare l’esito delle elezioni, dato che la querelle non è ancora finita – deve inevitabilmente porre mano.
Mai il mondo è stato tanto a rischio catastrofe, dato che gli Usa non si rassegnano a perdere il loro ruolo primaziale, che nella loro ossessione vedono insidiato in ogni dove, come dimostra la paranoia di dilatare il pericolo per la “Sicurezza nazionale” degli Stati Uniti sull’intero orbe terraqueo.