USA - Cina: la crisi del pallone
Tempo di lettura: 3 minuti“Novantanove palloncini all’orizzonte […] furono presi per UFO provenienti dallo spazio, tanto che un generale gli spedì contro uno squadrone aereo per dare una risposta all’allarme, ma erano solo 99 palloncini…”. È il testo, ignoto ai più, di una canzone vintage di Nena, cantante tedesca di effimera carriera, che inquadra in maniera perfetta l’isterico, quanto ridicolo, incidente diplomatico che ha riacceso lo scontro Usa-Cina, causato da un pallone aerostatico, avvistato sui cieli del Montana.
Il Montana nel pallone
Il problema è che il pallone è cinese e il Montana, dicono, ospita una base per missili nucleari (come un po’ tutti gli Stati che ricadono sotto la giurisdizione di Washington, ma questo è un particolare). Ed è stato identificato come un pallone spia.
Da qui l‘attacco isterico dei falchi americani contro la proditoria aggressione del pallone. “È una minaccia, e proprio qui a casa nostra. È una minaccia per la sovranità americana ed è una minaccia per il Midwest, per le zone come quelle in cui vivo”, ha dichiarato Mike Gallagher, presidente del comitato ristretto della Camera per gli affari cinesi. Altri politici si sono uniti al coro, mentre i media, al solito, suonano la grancassa.
I cinesi dicono che si tratta di pallone meteo, deviato dal suo corso dai venti occidentali, ma a nulla valgono tali rassicurazioni. Anzi, l’isteria ha raddoppiato, essendo stato avvistato un alto pallone del genere, stavolta scoperto a sorvolare nientemeno che l’America latina. Un riflesso condizionato della sindrome del cortile di casa: si tratta di Paesi sovrani, ma nel caso specifico sono considerati semplici appendici degli States… tant’è. Se continua così, si arriverà alla soglia fatidica dei 99 e all’invio di caccia.
Ipotesi, peraltro, già presa in considerazione, aggiungendo ridicolo al ridicolo, tanto da ricordare la scenetta del signore romano che, infastidito dai bambini che giocano a calcio nelle vicinanze, minaccia: “A ragazzi’, mo’ to’ buco sto pallone”.
Tale feroce isteria ha un obiettivo ben preciso: proprio in questi giorni Tony Blinken avrebbe dovuto recarsi in Cina. Visita rimandata/annullata a causa della crisi pallonara.
La sostenibile leggerezza dello spionaggio
Al di là della controversia sulla natura del pallone, se meteo o davvero spia, resta la tempesta in un bicchier d’acqua. Così Jake Werner su Responsible Statecraft: “La sorveglianza straniera dei siti statunitensi sensibili non è un fenomeno nuovo. ‘È stato un dato di fatto sin dagli albori dell’era nucleare e, con l’avvento dei sistemi di sorveglianza satellitare, è diventato molto tempo fa un evento quotidiano’, come afferma il mio collega ed ex analista della CIA George Beebe”.
“Anche la sorveglianza statunitense di paesi stranieri è alquanto comune. In realtà, il fatto che le grandi potenze raccolgano informazioni l’una sull’altra è uno dei fatti più banali e universali delle relazioni internazionali”. Peraltro, i Paesi più importanti “spiano persino i propri alleati”, ricorda RS, “come quando l’intelligence statunitense ha intercettato il cellulare della cancelliera tedesca Angela Merkel”.
“In genere, anche quando tale sorveglianza è diretta contro gli Stati Uniti da una potenza rivale, non minaccia la sicurezza degli americani e pone rischi gestibili ai siti per i quali la segretezza è della massima importanza. Tuttavia, nel contesto del rapido aumento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, incidenti prevedibili come questo possono rapidamente trasformarsi in pericolosi scontri”.
La vittoria dei falchi
“[…] Così la reazione di Washington al pallone cinese rischia di diventare una profezia che si autoavvera: l’allarmismo per una minaccia gestibile accelererà la corsa al confronto distruttivo con la Cina, trasformando quello che una volta era un evento quotidiano in un grave pericolo”.
Proprio per questo, prosegue RS, è necessaria la diplomazia, per evitare appunto che incidenti ridicoli assumano dimensioni parossistiche come l’attuale, creando crisi per nulla. “Eppure la politica tossica che predomina a Washington sembra aver convinto l’amministrazione Biden a limitare ulteriormente le comunicazioni con Pechino, annullando il viaggio di Blinken”, spiega RS.
Questa la conclusione dell’articolo: “Lasciare che i falchi guerrafondai dettino l’agenda americana sulla Cina non può che finire in un disastro. Il conflitto non è inevitabile, ma evitare un disastroso confronto militare USA-Cina richiederà una diplomazia tenace, non il disimpegno”.
Da ricordare che solo alcuni giorni fa i media hanno fatto trapelare un promemoria riservato del capo dell’US Air Mobility Command, il generale Mike Minihan, che annuncia come “inevitabile” una guerra con la Cina entro il 2025. L’isteria attuale non aiuta a fugare i rischi connessi a questa nefasta previsione iper-allarmista.
Poco da aggiungere, se non che le controversie che un tempo nascevano tra potenze si basavano su fatti oggettivamente gravi. Oggi la nube tossica che grava sulla politica e i media, e che obnubila le menti, crea escalation a getto continuo, aggravando al parossismo anche gli incidenti di percorso più insignificanti.
Il sonno della ragione genera mostri.