Usa: Kamala Harris, the Vice
Tempo di lettura: 3 minutiKamala Harris rappresenta una novità evidente di queste elezioni Usa: mai prima d’ora il mondo ha dato così importanza al vice-presidente eletto degli Stati Uniti. In genere, infatti, tutti gli occhi sono puntati sul presidente appena eletto, cioè la stella di Biden dovrebbe oscurare la persona scelta come vicepresidente.
Kamala: la stella nera
Così accadde per Bill Clinton, che scelse Al Gore, del quale è ricordata solo la sfortunata sfida presidenziale contro George W. Bush; il cui vice, Dick Cheney, fu uomo di potere e vero presidente Usa, ma sempre nell’ombra; così per Barack Obama, il cui vice, attuale presidente in pectore, è rimasto più che nascosto ai media; così per Trump, ché il povero Pence gli serviva solo per attirare i voti degli evangelicals.
Kamala Harris ha una visibilità ben più grande dei suoi predecessori. Tale anomalia si potrebbe riferire al colore della sua pelle e al suo sesso, dato che è la prima donna di colore ad assurgere a una carica tanto elevata. Ma tale rilievo maschilista e sessista (per usare parole ormai di uso comune) non spiega appieno quanto sta avvenendo.
Non spiega cioè perché le congratulazioni del mondo, inviate nonostante non vi sia ancora l’ufficialità della vittoria, siano state indirizzate al tandem Biden-Harris, come fossero figure paritarie, novità assoluta per l’Impero americano, retto da un unico e indiscusso imperatore.
Certo, il potere è altrove, come è evidente dall’omicidio di JFK in poi. E oggi più che mai, con la Tecnofinanza ruggente. E, però, pubblicamente e ufficialmente, uno solo è il Comandante in Capo, a uno solo è dato il potere apparente, dato che, in quanto imperiale, è indivisibile
La Harris, invece, a quanto pare partecipa di tale potere. Ed è da vedere quanto ne assumerà su di sé. Potrebbe cioè ripetersi la parabola dell’amministrazione Bush, con il vice, nell’ombra, a muovere i fili reali dell’America (per conto di neocon e Tecnofinanza, ovvio).
Il ritorno degli Schiavisti
La presidenza che si prospetta, a meno di sorprese da parte di Trump, è decisamente di destra, come nella tradizione del partito democratico, il partito Usa più bellicista dal dopoguerra in poi.
L’idea che tale partito sia di sinistra è solo un effetto ottico procurato dal nome, ché tale partito al tempo dello schiavismo lottò con i confederati e oggi è espressione dei nuovi schiavisti, quella Tecnofinanza che iniziò a prendere il potere del mondo con la presidenza di Bill Clinton.
E se qualche concessione sul fronte interno si deve pur fare alle minoranze che lo votano (ma molti di queste hanno votato Trump), è solo parte di un teatrino buono per le narrazioni mediatiche.
Certo, Obama ha tentato di portare in tale ambito l’idea di chiudere le guerre infinite, ma ha dovuto soccombere alla potenza altrui e accontentarsi di un pur utile accordo con l’Iran.
In tal senso, Sanders ha rappresentato un’anomalia, ma è stato sconfitto, e i veri vincitori pare che non ne vogliano sapere di avere lui o qualcuno della sua sinistra nella nuova amministrazione.
Hanno portato voti necessari a vincere, vero, ma ora devono stare buoni, al massimo si dedichino al ripristino dell’Obamacare e alla tematica del cambiamento climatico.
Sorvegliato speciale
Nel nuovo governo della Tecnofinanza (perfettamente descritto dal corifeo David Ignatius, che definisce i suoi membri come i “padroni dell’Universo“) Biden è un elemento sufficiente, ma non necessario, dato che è abitato da prospettive politiche della presidenza Obama, dal ritorno nell’accordo sul nucleare iraniano al freno alle guerre infinite.
Così, a sorvegliare le mosse del nuovo (non ancora ufficiale) presidente, e se del caso a prenderne il posto, i sedicenti “padroni dell’Universo” hanno piazzato la giovane Kamala, che già tentò di azzopparne la corsa dandogli del razzista, accusa che in tempo di Black Lives Matter poteva costargli cara.
All’Eletta, che tanto deve alle grazie di Hillary Clinton (Los Angeles Times), rendono omaggio anche i neocon repubblicani, quelli delle sanguinose guerre infinite.
Ha fatto il giro del mondo, infatti, il video in cui la Vice ha scambiato un plateale gesto di intesa, e di vittoria, con Lindsay Graham, il vate dei neoconservatori nel partito repubblicano.
Nelle primarie del partito democratico Bernie Sanders ha sfidato fino in fondo Biden, raccogliendo folle e simpatie, la Harris ha fatto una vacua comparsata, ritirandosi presto per mancanza di voti. Il primo starà debitamente fuori dalla stanza dei bottoni, la seconda in cabina di regia, se non al posto di manovra.
Bizzarrie della cosiddetta democrazia americana.