Usa: l'apertura all'Iran e la stabilità strategica con Cina e Russia
Tempo di lettura: 3 minutiL’intervista del nuovo Segretario di Stato Usa Tony Blinken a Npr riserva qualche sorpresa. Anzitutto sull’Iran e sul trattato riguardante il nucleare. Blinken ha ribadito ciò che era noto, ma che viene ignorato dai tanti report che alimentano la psicosi della “minaccia iraniana”.
L’Iran aveva rispettato i patti, in nulla deviando dall’accordo al tempo stipulato con gli Usa e i Paesi garanti. L’arricchimento dell’uranio avviato in seguito allo scellerato ritiro degli Stati Uniti, dunque, non è altro che una conseguenza della follia della controparte, della quale ringraziare quanti, all’interno dell’amministrazione Trump, leggi John Bolton e Mike Pompeo, e fuori, leggi Netanyahu, hanno di fatto costretto il presidente a tale passo, innestando nel mondo nuove criticità globali.
L’apertura all’Iran
Blinken ha riproposto il ripristino dell’intesa, dichiarando che “in questo momento la strada verso la diplomazia è aperta”, aggiungendo due cenni significativi.
Il primo riguarda la possibilità di allargare l’accordo al programma missilistico iraniano, richiesta avanzata da più parti e che mira a far fallire il negoziato, stante che Teheran non può accettare limitazioni significative al suo sistema di Difesa.
Sul punto, però, val la pena leggere le parole di Blinken: pur dichiarando la necessità di tale ampliamento, ha chiarito: “il primo passo da fare è il ritorno dell’Iran alla conformità” del trattato.
Sembra di capire che prima si dovrà tornare all’accordo pregresso, poi si andrà a toccare gli altri punti nevralgici. Quindi una divergenza sui secondi non sarebbe a nocumento del negoziato sull’atomica iraniana…
Certo, restano le divergenze, dato che Teheran è pronta a rientrare, ma chiede prima la revoca delle sanzioni che la stanno soffocando. Non otterrà quanto richiesto, ma è possibile l’avvio di un negoziato in parallelo a un ammorbidimento delle stesse.
Blinken ha spiegato che il ripristino dell’accordo è nell’interesse di tutti, anche di Cina e Russia, un’implicita richiesta di convergenza sul punto indirizzata alle potenze avversarie.
Significativa anche la risposta all’attacco a un convoglio Usa avvenuto in questi giorni in Iraq, sul quale l’intervistatore ha posto una domanda suggestiva, accusando implicitamente l’Iran di quanto accaduto.
Blinken ha risposto con intelligenza, spiegando che gli autori non sono ancora stati individuati, e che resta in attesa delle indagini che stanno conducendo iracheni e americani. D’altronde anche lui sa che tanti attori della regione sono interessati a porre criticità al dialogo tra i due Paesi.
Ironico, sul punto, il richiamo di Blinken alla necessità di tutelare la “sovranità” irachena, persa dal giorno in cui gli Usa attaccarono il Paese con la scusa delle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam. Ma non si può chiedere al Segretario di Stato di venir meno alla Verità che promana da Washington.
Per una “stabilità strategica” con Cina e Russia
Da sottolineare altri due cenni dell’intervista riguardo Cina e Russia. Sulla Cina, di fatto, Blinken tesse un elogio di Trump, spiegando che la sua battaglia contro Pechino è stata cosa buona e giusta, ma errata nel metodo.
Così la nuova amministrazione sulla peggiore deriva dell’amministrazione precedente, pur odiata peraltro e meno commendevole.
Così non sorprende che di quella deriva sposi la narrazione, che comprende la condanna per gli asseriti “campi di concentramento” degli uiguri nello Xinjiang. Su tale narrazione rimandiamo a una nota pregressa, in questa sede accenniamo a un particolare curioso.
Mentre la retorica dello Xinjiang è stata ed è usata come un maglio per chiedere all’Europa di tagliare i legami economici con la Cina, l’America fa affari d’oro con tale regione.
Nel 2020, infatti, le esportazioni dallo Xinjiang verso gli Stati Uniti sono aumentate del 116% (South China Morning Post)… Una bizzarria alla quale se ne aggiunge un’altra: a far la parte del leone di tale commercio è la componentistica dell’energia eolica.
Buffo che proprio i fautori dell’energia green siano tra i più feroci avversari di Trump e tra più accaniti sostenitori di Biden.
Peraltro, trattandosi di un settore in espansione, che andrà a incrementarsi con il nuovo corso green della Casa Bianca, la Cina non prevede un calo di tali esportazioni (chissà cosa ne pensa Greta Thunberg sul punto).
Ma, al di là delle contraddizioni della narrativa e della geopolitica, val la pena segnalare che, riferendosi al confronto con la Cina, Blinken ha allargato il discorso alla Russia, spiegando che, nonostante le tante conflittualità esistenti tra i due Paesi, gli Stati Uniti hanno appena stipulato un accordo con Mosca sulle armi nucleari (il prolungamento del trattato START) e cercheranno “altri modi per far avanzare la stabilità strategica con la Russia”.
Mondo complesso e non privo di rischi, tanto che il Capo del Comando strategico delle forze armate degli Stati Uniti, l’ammiraglio Charles Richard, ha appena dichiarato che una guerra nucleare con Cina e Russia “è una possibilità reale“, ma Blinken sembra rappresentare una risorsa per la stabilità globale. Di certo non farà rimpiangere Mike Pompeo, forse il peggior Segretario di Stato Usa della storia. Vedremo.