Vaccini per i palestinesi
Tempo di lettura: 4 minutiAttraverso un editoriale pubblicato su diversi media, Haaretz ha chiesto a Israele di vaccinare la popolazione palestinese, ad oggi alla mercé dell’epidemia.
L’editoriale riferisce che l’Autorità sanitaria israeliana ha promesso di vaccinare i palestinesi che prestano servizio nel loro Paese – anche se il giornale nota che l’annuncio non ha ancora trovato conferma -, mentre resta sorda agli appelli dei palestinesi per fornire loro vaccini (ad oggi sono pervenute poche dosi, per opera dei russi e di alcune organizzazioni internazionali).
“Il governo israeliano – scrive Haaretz – deve fare in modo che i palestinesi siano vaccinati, come richiesto dall’articolo 56 della Quarta Convenzione di Ginevra, che afferma che una potenza occupante “ha il dovere di assicurare e conservare… le misure profilattiche e preventive necessarie per combattere la diffusione di malattie contagiose ed epidemie”.
Un appello che si affianca ad altri autorevoli inviti internazionali, ultimo dei quali pervenuto al ministro della Difesa israeliano, Gabi Askenazi, ad opera del Segretario di Stato statunitense Antony Blinken.
Israele ha annunciato che avrebbe inviato vaccini ad alcuni Paesi del mondo, in particolare, annota Haaretz, a quelli che hanno accolto l’invito a spostare la loro ambasciata a Gerusalemme.
A tale proposito, il giornale israeliano rileva che “Il primo ministro Benjamin Netanyahu”, con questa operazione, “preferisce acquisire sostegno diplomatico piuttosto che soddisfare l’obbligo legale e morale di Israele nei confronti dei palestinesi”.
La vaccinazione dei palestinesi, in particolare di quelli residenti a Gaza, ha dato vita ad un’accesa controversia in Israele. È accaduto quando le autorità della Cisgiordania hanno inviato a Gaza mille dosi di vaccino, destinate a immunizzare il personale sanitario della Striscia.
Ma la spedizione, che doveva trovare il necessario placet dello Stato israeliano, è stata bloccata. Zvi Hauser, capo degli Affari esteri e della Sicurezza, il dicastero preposto all’autorizzazione, ha motivato lo stop con ragioni di sicurezza.
Secondo Hauser, il farmaco sarebbe stato dirottato a beneficio dai dirigenti di Hamas, favorendo dunque il terrorismo. Ma ha aggiunto che si poteva trattare: i vaccini in cambio dei corpi di due israeliani uccisi nel passato conflitto di Gaza e la liberazione di due civili israeliani prigionieri nella Striscia.
Motivazioni che hanno suscitato polemiche in Israele. In particolare, Zehava Galon, in una nota pubblicata da Haaretz, pur dicendosi addolorata per i patimenti delle famiglie israeliane che non possono piangere i loro ragazzi caduti in guerra ed esprimendo la sua vicinanza ai due civili detenuti da Hamas (per la liberazione dei quali è stato chiesto uno scambio di prigionieri), ha criticato aspramente Hauser.
Per la Galon è assurdo affermare che non sia interesse di Israele vaccinare i propri vicini, dato che la pandemia non conosce confini e abbandonare i palestinesi alla sua mercé mette in pericolo anche la salute degli israeliani.
Ma al di là delle questioni di sicurezza, c’è ben altro in ballo. La Galon, infatti, ha ironizzato sulla convinzione, alquanto diffusa, che dovrebbero essere i palestinesi a provvedere a se stessi.
“Come dovrebbero prendersi cura di se stessi esattamente? – si chiede la cronista – Israele è responsabile di un blocco che dura da 15 anni e gli abitanti di Gaza non hanno modo di immunizzarsi. Tutto ciò che entra a Gaza (e spesso non entra) vi giunge solo con l’approvazione israeliana”.
Inoltre, secondo la Galon, la decisione di Hauser potrebbe essere usata dalla Corte penale internazionale dell’Aja, se essa affronterà la querelle su una possibile “punizione collettiva” applicata da Israele nei confronti degli abitanti della Striscia.
In quale altro modo, scrive la Galon, potremo definire “il danno inflitto a un’intera popolazione per punire la sua leadership non eletta, se non una punizione collettiva?”.
“Gaza ospita due milioni di persone – aggiunge la Galon – di cui circa la metà sono minorenni, una popolazione che vive in condizioni così povere che le Nazioni Unite hanno dichiarato la Striscia di Gaza non idonea all’abitazione umana. Israele blocca la ricostruzione delle infrastrutture, l’elettricità si misura in ore e manca l’acqua potabile”.
Al di là dell’ovvio interesse di Israele affinché tutti i popoli confinanti siano sollevati dalla tragedia del Covid-19, continua la Galon, va ricordato che “gli abitanti di Gaza sono prima di tutto esseri umani […] Quando tratteniamo un vaccino a una donna di Gaza che non ci ha fatto nulla di male, perdiamo una parte della nostra umanità”.
E conclude: “Noi e gli abitanti di Gaza siamo prima di tutto esseri umani. In uno stato di ostilità, sì, ma anzitutto esseri umani ed entrambi i popoli hanno diritti umani fondamentali. Chiunque oggi neghi i diritti altrui negherà i nostri domani. Dovremmo saperlo meglio di altri” (ci si permetta di sottolineare questo commovente richiamo all’Olocausto).
Una vera e propria arringa, quella della Galon, che non potevamo non riportare. Non tanto per la controversia particolare, risolta successivamente con il placet alla consegna del vaccino (peraltro, la quantità è solo simbolica), ma perché dà conto della situazione di Gaza e delle paradossali derive del conflitto infinito che attanaglia i due popoli.
Registriamo con gratitudine lo scritto della Galon. Nonostante tutto, c’è ancora chi conserva il bene prezioso della lucidità. Aiuta a conservare l’impossibile speranza.