Il vertice in Svizzera, inutile adunata
Più che inutile, il vertice adunato in Svizzera da Zelensky e i suoi sponsor è stato tragicomico, in linea con l’antico mestiere del presidente ucraino. E ciò a iniziare dal pubblico rilancio del numero di Paesi che hanno firmato il documento finale.
Evidentemente gli organizzatori volevano che il numero raggiungesse una soglia critica, sotto la quale stimavano che avrebbe avuto un effetto boomerang, mettendo a nudo lo scarso sostegno del mondo alle prospettive di Kiev e dei fautori della guerra infinita.
Il risiko: sono 80 stati, anzi 78
Non che pubblicizzando gli ottanta firmatari tale effetto non si sia registrato ugualmente, ma temevano che se il numero fosse stato inferiore sarebbe stato un disastro. Da qui gli ottanta firmatari, come da rilancio globale da parte dei media mainstream, che poi sono diventati 78 perché l’Iraq e la Giordania hanno fatto notare che non avevano affatto firmato. Un errore tecnico, si sono scusati gli organizzatori, con effetto comico.
Ma se si vede il novero dei firmatari si registra che tra di essi figurano: il Consiglio europeo, la Commissione europea e il Parlamento europeo, conteggiati come Stati firmatari. Già che c’erano potevano far figurare come firmatari anche tutti i singoli Stati degli Stati Uniti…
A far da cornice al quadro, tra i firmatari anche gli immancabili micro-Paesi come Sao Tomè e Principe, Comore, Fiji, Palau (da non confondersi con l’omonimo paesino sardo in riva al mare), Capo Verde, Andorra, Liechtenstein e San Marino, la cui dignità statuale, che pure c’è, non è certo data dal loro peso geopolitico.
Insomma, una vera débacle, come peraltro aveva preannunciato la defezione di Biden, non dovuta alla palese senescenza, ma a una scelta ponderata, dal momento che il giorno prima era in Italia.
Svizzera, ma anche Cina, il punto della “integrità territoriale”
Ma, soprattutto, tale débacle era annunciata dalla previa defalcazione dei famosi dieci punti dell’agenda di pace Zelensky, ridotti a tre già nella fase organizzativa a motivo delle resistenze degli invitati.
Il fatto di non essere riusciti a trovare una convergenza totale dei convenuti neanche sui tre punti concordati in precedenza la dice lunga su quanto davvero avvenuto in Svizzera.
Peraltro, dei tre punti che sono stati poi condensati nella dichiarazione finale, uno solo morde la realtà, cioè può avere un’incidenza sulla dialettica riguardante la guerra, ed è quello sulla richiesta del rispetto “dell’integrità territoriale” ucraina (gli altri sono, in estrema sintesi, sul nucleare, l’alimentazione e lo scambio di prigionieri).
Una richiesta, quella dell’integrità territoriale, che potrebbe non turbare affatto Mosca, essendo presente anche nella bozza di pace avanzata dalla Cina, che della Russia è alleata.
Probabile che sul punto si possa aprire un dibattito, semmai si arriverà ai negoziati, anche sulla richiesta russa riguardo il riconoscimento dell’integrità territoriale delle Repubbliche del Donbass, al modo di quanto avvenuto per il Kosovo. Ma è questione ad oggi lontana nel tempo e nello spazio.
Tutti hanno evidenziato la distanza che il vertice ha palesato tra Nord e Sud del mondo, avendo firmato pochissimi stati africani e sudamericani, peraltro di scarso peso geopolitico.
E registrato la (annunciata) defezione dell’India, il cui sostegno all’Ucraina era giudicato fondamentale. Ciò non tanto per Kiev, quanto perché, eludendo i diktat americani su questo fronte, New Delhi rivendica un’indipendenza che pone criticità anche alla strategia Indo-pacifica degli Stati Uniti, della quale il gigante asiatico è pedina fondamentale e alla quale Washington vorrebbe che si consegnasse totalmente.
Il grande assente, i paesi arabi
Pochi, infine, hanno annotato che nessuno dei Paesi arabi ha firmato, tranne il Qatar ma perché legato a filo doppio alla firmataria Turchia. Non solo non hanno firmato, com’era ovvio che fosse, i Paesi legati all’Iran o all’Arabia saudita, ma neanche Paesi arabi come Marocco, Tunisia, Nigeria, Ciad etc. Non è una defezione da poco: è tutto il Mediterraneo meridionale, per dirne solo una.
Infine, va annotato che tante delle firme valgono sì e no l’inchiostro usato nell’occasione, come denota, ad esempio, la richiesta della Turchia, Paese firmatario, di aderire ai Brics avanzata poco prima del summit (Reuters).
Insomma, l’assise che nelle intenzioni dei suoi ideatori avrebbe dovuto rilanciare il rassemblement anti-russo ha avuto l’esito opposto, di mostrare la libera uscita di tanti Paesi dalla costrizione neocon-liberal alla quale si è consegnato l’Occidente (peraltro, anche il peso demografico risiede altrove).
La partecipazione di Putin
Da notare che, prima della convention svizzera Putin ha voluto ribadire la sua versione della guerra ucraina, in un discorso alla riunione dei ministri degli Esteri dei Brics. Cose note, dal momento che ha ribadito che la guerra non nasce ora, ma ha il suo brodo di coltura nel golpe di Maidan, è proseguita con l’aggressione di Kiev alle regioni del Donbass che avevano proclamato la loro autonomia, che l’invasione russa è stata preceduta dalla preparazione di un attacco massivo di Kiev contro il Donbass etc. (il discorso integrale si trova su internet).
Ne abbiamo scritto altre volte, inutile tornare sul tema. Di interesse, però notare che Putin, prima del convegno svizzero, abbia affermato che è pronto a porre immediatamente fine alla guerra se Kiev si ritira dal Donbass, che dovrebbe essere riconosciuto come partecipe della Federazione russa in una trattativa più ampia sulla sicurezza euro-asiatica.
Ovviamente, la sua proposta è stata rigettata (ma sottotraccia se ne parlerà), cosa che lo zar si aspettava. Ma non è questo il punto, quel che ha inteso fare Putin è raccontare la versione del Cremlino ai convenuti in Svizzera, partecipando in qualche modo, da lontano, ai lavori. E quanto esposto deve essere apparso convincente ai tanti Paesi che non accolgono la narrativa occidentale come dogma di fede.
Al di là del particolare, resta che la pace si fa tra nemici. Non aver invitato la Russia a un vertice che si autodefiniva di pace, o sulla pace che dir si voglia, la dice lunga sul vero scopo del fallimentare convegno.